giovedì 7 luglio 2011

ET TERRA MOTA EST : Un anno dopo le manganellate

ET TERRA MOTA EST : Un anno dopo le manganellate

Case e lavoro. Un anno dopo le manganellate di Roma, riservate ai manifestanti nelle strade della capitale, nuova mobilitazione degli aquilani che scendono in piazza per chiedere case e lavoro. Case è l'appello incarnato dagli ospiti, sfollati e sfrattati, della caserma Campomizzi, ai quali oggi è stata riservata la prima fila. Lavoro è l'appello che sta a cuore ai giovani ma anche alle associazioni di categoria che hanno aderito, da Confindustria a Confartigianato, passando per i partiti. Contestati Comune, Regione e governo: "Chiodi, Cialente, Letta il vostro tempo è finito, adesso andatevene tutti". Il sindaco dell'Aquila si difende: "Il vero problema è l'emergenza democratica nel paese"

Scrive infatti Giustino Parisse sul Centro di oggi giovedì 7 luglio ’11

Un anno fa a Roma, in una giornata afosa e a tratti drammatica, gli aquilani, sindaci in testa, gridarono sotto i palazzi del potere tutta la loro rabbia per una ricostruzione ferma al palo e per il dramma sociale legato alla mancanza di case e lavoro. Quel corteo e i fatti che ne scaturirono, comprese le manganellate rimediate da chi stava in prima fila, resteranno un momento alto, di rivendicazione ma anche di orgoglio. L'orgoglio di una città ferita che non voleva arrendersi a un'agonia lenta che l'avrebbe portata a diventare la Pompei del terzo millennio. Un anno dopo, basta guardarsi intorno per avere l'impressione di una città quasi rassegnata.

Forse è colpa della calura estiva, della corsa alle vacanze (luglio è il tradizionale mese delle ferie degli aquilani), o magari di quel senso di impotenza dinanzi a una politica che fa solo confusione e che non riesce a sbrogliare il bandolo della matassa. È positivo dunque che qualcuno abbia pensato a ricordare oggi quel 7 luglio 2010 con un corteo che avrà le stesse motivazioni: case e lavoro.

Oggi vedremo quanti risponderanno all'appello degli organizzatori della manifestazione. E sarà anche un modo per misurare il grado di rassegnazione o di risveglio di una città piena di sogni e aspettative che, se non si cambia marcia, sono destinati a restare tali. C'è un libro che negli ultimi mesi ha fatto fortuna: si intitola Indignatevi. Qui all'Aquila si ha come l'impressione che non ci sia più voglia di indignarsi. Ognuno ha ripreso a coltivare il suo piccolo orticello.

In tanti si guardano intorno e l'unica domanda che si fanno è: cosa ci guadagno io da tutto questo casino del terremoto? Se qualcuno prova a volare un po' alto (la famosa idea di città) viene quasi sbeffeggiato. Gli interessi privati (legittimi) stanno nascondendo ogni voglia di dare al capoluogo il volto di una città moderna, funzionale, capace di attrarre e non di respingere. La proposta di Policentrica che potete leggere sulle nostre pagine cerca di aprire uno spiraglio.

Il corteo di oggi tornerà a mettere all'attenzione i problemi di chi vede il futuro tutto nero. E si badi bene. Indignarsi non significa sfasciare la città (che è già tanto sfasciata di per sé) ma ritrovare quell'orgoglio che è stato sempre nel dna degli aquilani. Indignarsi significa anche essere protagonisti delle proprie giornate e non rivendicare sempre e solo diritti ma guardare ogni tanto anche ai propri doveri.

Ecco il documento sulla protesta :

Sono passati 27 mesi dal terremoto. A distanza di 27 mesi i problemi della ricostruzione socioeconomica dell’Aquila e dei comuni del cratere sismico sono invariati. Anzi, se sono cambiati, lo sono in peggio. E non solo la questione tasse, che è sì importante, ma non la principale: le rate di finanziamento di tutte le tipologie sono ripartite da un anno, a partire dai mutui immobiliari ed ipotecari sulle case, anche quelle distrutte e inagibili. Le cartelle esattoriali che stanno per ripartire. Il lavoro che non riparte, la cassa integrazione in imminente scadenza, i mancati incentivi alle assunzioni. Le attività di commercianti, artigiani e piccoli imprenditori, ma non solo, che stentano a trovare un loro nuovo contesto di mercato. La Zona Franca che –francamente- è sparita. In generale, il doppio volto di uno Stato che, nelle sue varie forme (Agenzia delle entrate, Equitalia, Inps, solo per ricordarne qualcuna) torna a richiedere il dovuto, senza garantire a tutti la possibilità di generare reddito per poterlo versare quel dovuto. Un futuro sempre più incerto, non solo sui tempi della ricostruzione fisica del patrimonio immobiliare, ma anche sulle garanzie economiche per poter sopravvivere su questo territorio: sia per le famiglie, sia per i lavoratori, sia per le imprese (siano esse artigiane, di commercio, di servizi, piccole, medie e grandi).

Il cortocircuito che si è creato pagamenti arretrati – rating creditizi negativi – negato accesso al credito è stato già letale ma a breve si mostrerà in tutta la sua crudeltà, e non farà distinzioni.

La povertà nel Cratere è alle porte: un numero sempre maggiore di piccole e piccolissime imprese storiche chiudono, un numero sempre maggiore di lavoratori perdono il posto, un numero sempre minore di giovani entrano nel mercato del lavoro.

La richiesta

- fine della fase del commissariamento;

- una seria politica programmatica locale, condivisa con la popolazione;

- ripristino e potenziamento delle strutture e dei servizi sanitari esistenti sul territorio; utilizzo vincolato dell’indennizzo assicurativo del “San Salvatore” per la ricostruzione immediata dell’ospedale dell’Aquila;

- cessazione immediata degli “scippi” al territorio delle strutture di ogni tipo (politiche, amministrative, sanitarie, universitarie);

- destinazione dei fondi previsti per il dopo terremoto vincolata al cratere sismico (ferrovie, sicurezza scuole);

- fine del consumo del territorio e ripristino dell’edilizia preesistente;

- immediata attivazione del Confidi di Stato previsto nel decreto Abruzzo per "obbligare" le banche ad ammettere al credito le imprese del cratere;

- trattativa con gli enti impositori e riscossori per una "pacificazione" del territorio e una sospensione di fatto, in attesa della norma;

- tavolo di crisi fra aziende, lavoratori e istituzioni sul quale riportare e risolvere giornalmente le problematiche (i tempi di una impresa sono diversi dai tempi della Pubblica Amministrazione);

- risposte certe e rapide dall'assessore regionale al lavoro relativamente alle politiche a sostegno dell'occupazione, specifiche per il cratere;

- coinvolgimento delle attività produttive per la valutazione e lo studio di interventi a sostegno dell'economia e del credito nel cratere;

- regolamentazione dei fitti dei locali commerciali, artigianali e industriali (e analoga regolamentazione delle locazioni ad uso abitativo);

- a L'Aquila non si deve perdere neanche un posto di lavoro: stabilizzazione dei precari, incentivi alle assunzioni;

- procedura obbligatoria per i pagamenti pubblici alle aziende entro massimo 60 giorni dall'effettuazione dei lavori;

- attivazione di una banca dati, pubblica ed accessibile, che consenta di ottenere da istituti di credito, enti impositori e riscossori i "numeri" della crisi e che consenta di attivare misure immediate;

- immediata attuazione di quanto contenuto nell'art. 15 del testo di legge di iniziativa popolare: le misure economiche e fiscali non possono attendere i tempi lunghi della legge, serve un decreto legge, visto il chiarissimo carattere di urgenza delle tematiche esposte e da affrontare senza ulteriori esitazioni. In ogni caso un provvedimento normativo con carattere di certezza, e non provvisorio.

Intanto scrivono Angelo Mancini dell’Idv e Enrico Verini Fli

Il Salone della ricostruzione come una «passerella per i politici e quanti, a vario titolo, vengono qui a cercare una qualsiasi ribalta o una passerella», mentre la ricostruzione è ferma e la crisi economica e sociale avanzano. È quanto sostengono i consiglieri comunali, Angelo Mancini (Idv) ed Enrico Verini (Fli). «Viene inaugurato oggi il Salone della Ricostruzione, il cui slogan è “Mille idee per tornare a casa”, presentato ieri in pompa magna nella sede dell’Ance, alla presenza del sottosegretario, Gianni Letta, e di tutta la pletora di commissari, vice commissari, coordinatori e consulenti venuti all’Aquila da ogni dove. È stato invitato, per l’occasione, anche il coordinatore della Struttura tecnica di missione, Gaetano Fontana, che non si sentiva da mesi, e il vice commissario ai Beni culturali, Luciano Marchetti, che invece una cosa l’ha detta, annunciando che il primo monumento restaurato sarà il Palazzetto dei Nobili e dando poi la più bella notizia: verranno subito risistemate 40 chiese.

Molto bene. Bene il convegno e le mille idee per tornare a casa. Avremmo preferito però che chi è lautamente pagato per stabilire modalità, tempi e risorse per la ricostruzione a due anni dal sisma di idea ne avesse avuta anche una sola, ma tradotta in fatti e realizzata. In questi giorni siederanno attorno a un tavolo tutti coloro che, da due anni, si riempiono la bocca di parole come ricostruzione veloce e sicura, snellezza burocratica, volontà di anticipare i fondi pur di far partire subito i cantieri. Invece è tutto fermo e i cittadini, per restare in tema di idee, non ne hanno neanche una vaga sui tempi di ricostruzione del centro storico, non sanno chi e dove ricostruirà le loro scuole, quando gli inquilini delle case Ater potranno farvi ritorno, quali progetti ci sono per ricostruire i luoghi di ritrovo e restituire all’Aquila la sua identità. Non sanno quando potranno tornare nelle loro case E, chi dovrà approvare i progetti, in quanto tempo questo sarà possibile e se si avrà un reale adeguamento sismico. Sanno bene però che la filiera Reluis, Cineas, Fintecna costa 12 milioni di euro l’anno.

Siamo stufi di politici e di quanti, a vario titolo, vengono qui a cercare una qualsiasi ribalta o una passerella, per poi tornare nella loro normalità. E, a proposito di idee, questi signori pensino piuttosto ai giovani, che di idea ne hanno ormai una sola: prendere il diploma e abbandonare la nostra città.

Eremo Via vado di sole, L'Aquila, giovedì 7 luglio 2011

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