mercoledì 17 agosto 2011

OCCHIO DI GIUDA : Quarantadue anni di carcere


OCCHIO DI GIUDA : Quarantadue anni di carcere

Da quarantadue anni passo molte ore del giorno in un carcere. Sono entrato per la prima volta negli uffici di un carcere nel 1968 o 1969 non mi ricordo bene da estraneo. Era il carcere giudiziario di S. Pasquale a Sulmona. Un edificio a fianco del convento e della Chiesa di S. Antonio. L’occasione perchè i detenuti di allora, tutti in attesa di giudizio minacciavano una rivolta perché gli venivano date a mensa uova cucinate solo sode in quanto la tabella vittuaria non prevedeva olio per cucinarle in altro modo. Lavoravo allora al Centro Servizi Culturali di Sulmona e alcuni amici mi avevano chiesto se potevo fare qualcosa . Me lo chiese in quell’occasione anche il Magistrato di Sorveglianza , un giovane giudice donna al primo incarico di cui avrei anche potuto innamorarmi per la passione che metteva nel risolvere questo problema. Fu semplice in realtà : bastò chiedere a Don Mario Capodicasa , il mio assistente di Azione Cattolica, che aveva un incarico alla Poa, la Pontificia Opera di assistenza una damigiana di olio e le uova poterono essere cucinate in un altro modo.

Andai poi, al tempo del servizio militare, a visitare la Casa di Rieducazione di Tivoli perché volevo arruolarmi nel Corpo degli Agenti di custodia, oggi polizia penitenziaria, come ausiliario. Ossia svolgere il tempo della ferma come agente di custodia in una Casa di Rieducazione. In quelle strutture servivano educatori , ovvero censori come li chiamavano e il Consigliere Radaelli che era a capo della Giustizia minorile di allora, introdusse l’idea, poi realizzata, di selezione agenti di custodia ausiliari per il contingente che la Direzione degli Istituti di Prevenzione e pena del Ministero dell’allora Grazia e Giustizia ( Oggi è solo della Giustizia e la giustizia minorile è un Dipartimento di quel Ministero ) per impegnarli in questo lavoro . Che era un po’ di sorveglianza e un po’ di trattamento .

Anche in quel caso non mi ricordo perché andai a fare il servizio militare nell’Esercito ( era già stato accorciato a dodici mesi ).

E manco a dirlo ,dopo questi incontri della prima specie vinco un concorso da educatore , vengo assegnato all’Istituto Osservazione Maschile di L’Aquila con sezione di custodia cautelare Prigione Scuola e Riformatorio Giudiziario. Che a quel tempo occupava dei locali a fianco della Casa Circondariale quando questa era nel Convento di S. Domenico.

Solo nel 1980 la struttura fu trasferita in alcune palazzine del Complesso “L . Ferrari” la Casa di Rieducazione voluta appunto da questo magistrato di L’Aquila che fu a capo dell’Ufficio quarto ( quello che si interessava dei minori ) dell’allora Direzione degli Istituti di Prevenzione e Pena.

Quest’anno dopo quarantadue anni, prima da educatore poi da direttore e anche da sostituto del direttore del Centro giustizia minorile, lascio un istituto ancora terremotato , nel pieno fervore di lavori edilizi anche a causa di una ristrutturazione che dovrebbe dare in uso i locali all’interno del muro di cinta dell’Istituto all’Università di L’Aquila per le esigenze della Facoltà di Lettere per un certo periodo di tempo come fu stabilito appena dopo il terremoto del 2009.

In questi quarantadue anni mi ricordo quando i detenuti salivano sui tetti degli istituti prima della legge di riforma del 1976, ho visto sequestri di operatori, guardie carcerarie da parte dei detenuti , ho ascoltato il racconto di poliziotti penitenziario minacciati, loro e le loro famiglie dalle brigate rosse, assassinati dalle mafie e ho conosciuto centinaia di ragazzi ( l’Istituto di L’Aquila è un carcere minorile ) per i quali scontare una pena significa essere privati della libertà . La libertà di uscire da casa per andare a comprare un pacchetto di sigarette, la libertà di rientrare a casa tardi la sera, la libertà di rifiutare determinate condizioni di vita ed avere la possibilità di fare una scelta, la libertà di scappare . Si anche quella di scappare perché l’adolescenza è quella particolare condizione di ricerca in cui si parte e si arriva, si scappa e si ritorna all’interno di esperienze tra le quali anche quella della morte ( e qualche volta anche della morte per scherzo ) ha un senso.

Leggendo il 14 mattina , vigilia di ferragosto 2011, alcuni articoli di quotidiani sullo sciopero della fame e della sete per richiamare l’attenzione sulla situazione delle carceri in Italia ,mi sono sorpreso a pensare che da alcuni anni mi rigiro per la mente delle soluzioni al problema che sembrano l’uovo di Colombo : soluzioni semplicissime consistenti in poche cose e mi sorprendo ancora di più a pensare come e perché non si riescano a mettere in atto.

Di fronte alla storia degli ultimi anni, alle chiacchiere che su questo argomento si sono fatte, all’unanime, periodico coro di voci , che tutte ammettono che si deve intervenire, che la situazionè insostenibile mi domando come mai siamo sempre allo stesso punto.

Scrive Adriano Sofri su la Repubblica di domenica 14 agosto 2011 : “Oggi migliaia di persone, migliaia forse, non mangiano e non bevono perché si vergognano delle nostre carceri; per essere vicine a chi ci vive e ci muore: per ridurre il debito pubblico della giustizia, più schiacciante di quello del Tesoro.Lo so,i paragoni sono insidiosi. Eppure bisogna leggerli affìancati, il famoso menù del Parlamento e l'ignorato menù delle galere, l'unico che lo batte per la convenienza: 3,8 euro per detenuto, colazione, pranzo e cena.

Ferragosto, feriae Augusti, spiegano i dizionari. Poi c'è l'etimologia penitenziaria: l'agosto dei ferri battuti, di grate, cancelli, blindate, catenacci, dei ferri roventi. 67 mila persone,oggi , nello spazio che ne terrebbe, "ristretti" ,43 mila. Immaginate: gli. urli, i silenzi attoniti, le agonie,.l'astinenza, i cessi a vista, l'acqua che manca, il sangue che corre, quelli che sono pazzi e quelli che diventano pazzi, che aggrediscono e che si feriscono, quelli che sniffano la bomboletta per morire o muoiono per sniffare, e non lo sanno più; quelli che pregano rivolti alla Mecca e non gli basta lo spazio e quelli che pregano Cristo e quelli che non pregano, quelli che si masturbano a sangue e che tossiscono a morte e ingoiano lamette e batterie e gridano nel sonno. Si smette di cercare parole forti per la speranza di muovere qualcosa, nemmeno questo è più affare dei sommersi. Provvedono le autorità. "Tortura", la chiamano così alti magistrati e illustri cattedratici.

"Una realtà che ci umilia in Europa e ci allarma, per la sofferenza quotidiana - fino all'impulso a togliersi la vita - di migliaia di esseri umani chiusi in carceri che definire sovraffollate è quasi un eufemismo. Evidente è l'abisso che separa la realtà carceraria di oggi dal dettato costituzionale così ne parla il Presidente della nostra Repubblica, appena qualche giorno fa. «E una realtà non giustificabile in nome della sicurezza, che ne viene più insidiata che garantita, e dalla quale non si può distogliere lo sguardo». Non ne distogliete lo sguardo, almeno oggi, vigilia dei ferri di agosto. Nello stesso incontro solenne, al Senato, che ha radunato su impulso di Pannella e dei suoi le più alte autorità, si sono sentite voci unanimi e drastiche, dal Primo Presidente della Cassazione in giù, di quelle che tolgono il mestiere ai denunciatori cronici dello scandalo. Come fa un detenuto a gridare all'orrore se perfino le circolari ministeriali gridano più forte di lui? Quel Primo Presidente protesta che si ricorra alla galera preventiva per essere sicuri di fargliela pagare, anche se saranno assolti.


I reati diminuiscono e il numero dei detenuti sale alle stelle. Il Ministero della Giustizia, si fa a gara per non averlo, si fa carriera a lasciarlo. Più del 40 per cento dei detenuti ammucchiati in quella discarica non differenziata aspettano un processo. Un gran numero ci sconta pene irrisorie. "Nuove" leggi, una più assurda, pubblicitaria- e feroce dell'altra, stivano migliaia di persone nelle celle, perché hanno a che fare con la droga, perché sono straniere e povere, per una norma sulla recidiva rinnegata dallo stesso Cirielli firmatario, sicché ora si chiama pazzescamente "ex-Cirielli", e ha largamente abrogato la civile legge Gozzini.

Nel luglio 2006 ebbi qui una affettuosa e tesa discussione con Eugenio Scalfari a proposito' dell'indulto. Auspicavo indulto e amnistia, e non mi capacitavo che la paventata (e nella pratica irrilevante ) applicazione del benefìcio a Previti bastasse a farlo negare alle migliaia di sventurati senza nome. Scalfari era a sua volta favorevole a indulto e amnistia, ma pensava che la loro estensione ai reati di corruzione e concussione offendesse troppo gravemente l'etica pubblica. Non c'era un vero dissenso fra noi, se non per la misura di ciò che ci stava più a cuore, così da far pendere la bilancia di qua o di là. Il costo che Scalfari sentiva inaccettabile era del resto la condizione per la quale Forza Italia avrebbe votato l'Indulto. Spero ancora che a distanza di tempo si tragga un bilancio di quell' episodio, che valga per il futuro.

L'indulto senza l' amnistia non avrebbe alleggerito il carico milionario di processi accumulati senza speranza, e anzi l'avrebbe aggravato, costringendo a celebrarli a vanvera. La campagna furiosa sollevata contro l'indulto rese impronunciabile la parola amnistia, che ne era il necessario complemento. Le ragionevoli preoccupazioni che I'indulto mettesse fine ai processi per la Parmalat o per la corruzione calcistica non si sono avverate, mi pare. Quanto al fosco e compiaciuto malaugurio di tanti sul fatto che i ì liberati in anticipo per l'indulto sarebbero presto tornati a riempire le galere, non è avvenuto affatto, né l'impennata di reati pronosticata: fra chi usufruì dell'indulto, come fra chi usufruisce di pene alternative, la percentuale di recidiva è molto più bassa. Infine - ma non è l'argomento minore- la virulenta campagna contro l'indulto dei forcaioli di destra e di "sinistra", se quella è una sinistra, facendone il primo e decisivo passo verso l'affossamento del governo Prodi. Prodi stesso, e Napolitano, furono tra i pochi a difendere il provvedimento, che i più fecero a gara a ripudiare, come avevano fatto a gara ad applaudire Giovarmi Paolo II che lo invocava. In questi giorni guardo ammirato dei forcaioli di allora e di sempre, ma ora più attenti a mostrarsi sensibili ai "poveracci" sui quali sputavano) fare il tifo per i looters di Tottenham, poveraccio Pannella, e con lui chiunque conosca il problema sono tantissimi, grazie al cielo, ad adoperarsi per questo, associazioni, sindacati di agenti, operatori civili, direttori di carceri, studiosi, volontari sa che l'amnistia non riguarda tanto il mucchio dei detenuti, ma la giustizia e i suoi amministratori, che non vogliano tenere in piedi il simulacro dell'obbligatorietà dell'azione penale in cambio delle migliaia di prescrizioni per chi ha soldi e avvocati. Napolitano ha detto che per questa "questione di prepotente urgenza"la politica non può "escludere pregiudizialmente nessuna ipotesi che possa rivelarsi necessaria". Il digiuno di oggi si propone anche una convocazione straordinaria del Parlamento. Se sembri una richiesta troppo lussuosa per qualche centinaio di migliaia di detenuti e affezionati, si faccia almeno una sessione ad hoc per il confronto dei menu: 3,8 euro per tre pasti giornalieri, è un programma appetitoso.”

Dunque sempre al punto di partenza. Sempre allo stesso punto.

La questione eppure sarebbe semplice . Poche iniziative . mettere in grado la magistratura di amministrare giustizia ,depenalizzare numerosi reati, promuovere le pene alternative e sostitutive , affrontare il problema dell’organico del Corpo di polizia penitenziaria ,in sostanza rendere certa la pena . Proposte che mi riprometto di articolare e sviluppo anche con l’aiuto di esperti ed operatori nei prossimi post.

Eremo Via vado di sole , L’Aquila, mercoledì 17 agosto 2011

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