lunedì 1 agosto 2011

STORIE E VOCI DAL SILENZIO : Una giostra cavalleresca

STORIE E VOCI DAL SILENZIO : Una giostra cavalleresca

Fin dal Medioevo le giostre, i tornei e le gare fra cavalieri rappresentavano non solo motivo di svago e festeggiamenti fra la nobiltà cavalleresca, ma anche e soprattutto momento d’incontro, solidarietà, stipula di patti, incentivo alle attività militari - economiche, oltre che risoluzione di contese ed offese (si pensi alla disfida di Barletta), celebrazione di matrimoni ecc.


La manifestazione della Giostra cavalleresca di Sulmona, che si rievoca con alcune varianti dal 1995, trae le sue origini dal periodo svevo. In quei tempi la città aveva assunto un ruolo di primo piano in campo socio-economico e divenne, altresì, il punto di riferimento politico e militare sulla Via degli Abruzzi, che conduceva direttamente a Napoli. Sulmona fu città prediletta dagli Svevi prima e dagli Aragonesi successivamente, che le riservarono diplomi e privilegi, durante quei governi del regno. Fu sede di Giustizierato d’Abruzzo.


La giostra si effettuava due volte l’anno nel campo di Piazza Maggiore e si sa, storicamente, che era ormai una realtà, anche dispendiosa, per la città, se la regina Giovanna d’Aragona, nel 1484, invitava con un suo decreto a non sperperare denari “ in correre de palii, pifari, trombette et altri suoni”, ritenuti cose vane.

Incuranti di tale avvenimento, le famiglie nobili sulmonesi (De Capite, Sardi, Tabassi, Corvi, Sanità), insieme ad altri istituti laico - religiosi, quali la Casa Santa della SS.ma Annunziata e della chiesa di S. Maria della Tomba, continuarono a tramandare la tradizionale manifestazione.

La prima giostra, sostenuta dalla Casa Santa, ricadeva il 25 marzo, in coincidenza con la festa dell’Annunciazione, ma era spostata all’ottava di Pasqua, quando la ricorrenza ricadeva in tempo quaresimale. La seconda si teneva alla metà di agosto e prendeva il nome di “ Palio dell’Assunta”, in coincidenza della famosa fiera, che si effettuava in città. In epoca post-tridentina, la manifestazione era curata dall’Università, che si accollava la spesa per quaranta ducati complessivi (22 per il palio di primavera e 18 per quello d’estate).

Dai “ Capitoli della Giostra”, raccolti e pubblicati dal nobile Cornelio Sardi nel 1583, si conoscono le norme (44 articoli), che regolavano la manifestazione rinascimentale. La sfida dei cavalieri partecipanti, sia cittadini delle famiglie citate, che di quelle forestieri, che avevano feudi (Di Sangro, Trasmondi, Cantelmo, Orsini, Colonna, Camponeschi, Piccolomini, Mazzara, Zazzara ecc.) nell’area del Centro Abruzzo, era diretta dal Mastrogiurato cittadino. Lo svolgimento consisteva in tre assalti alla lancia del cavaliere in lizza al mantenitore, che aveva la funzione di bersaglio umano. Questo personaggio, che è poco menzionato dalle cronache di allora, perché forse di non nobili origini, era molto coraggioso (non si sa se era obbligato al ruolo), in quanto aveva il compito di aspettare l’assalto del cavaliere, rimanendo fermo sul suo cavallo, alla parte opposta dello steccato, che limitava il percorso con teli colorati, a dividere in due il campo di gara.

Il cavaliere era munito di una lunga lancia, la cui punta era colorata, in modo da lasciare il segno sulla parte colpita. Questi, uscendo dal varco dei tre archi, che si aprivano tra le costruzioni addossate all’acquedotto medioevale, si lanciava al galoppo lungo lo steccato, cercando di assestare la “ botta”, al mantenitore. Due appositi giudici, per lo più nobili, di cui uno sulmonese, erano preposti ad assegnare il punteggio (tre botte per il colpo alla testa o alla mano, una botta per lo spallaccio o il petto). I punti si raddoppiavano se la lancia si spezzava nell’impatto o se era ferito il mantenitore. A parità di condizione vinceva chi avesse procurato un più copioso sanguinamento. Il colpo della “ punteria”, cioè quello portato alla visiera, che proteggeva il volto del mantenitore, (al centro della fronte) era considerato prestigioso e subito vincente. Risultava vincitore il cavaliere che, dopo aver corso le tre lance previste, accumulava il maggior numero di punti. Il premio consisteva in un drappo di raso prezioso, ma per il cavaliere era più importante la fama e l’onore conquistato, “ lu palmarie”.


L’ultima edizione della Giostra rinascimentale fu celebrata nel 1643 e fu vinta da Scipione Tabassi. Alla stessa parteciparono i cavalieri napoletani e tre rappresentanti della famiglia Mazzara, tre dei Sardi, Alfonso Sanità; Giovanni De Capite, insieme a don Carlo D’Afflitto di Napoli, furono i giudici. Quel tipo di giostra fu dismesso per secoli, per ovvi motivi, ma l’evento fu riscoperto e riadattato sedici anni or sono dal prof. Gildo Di Marco, ripristinando la tradizione in chiave moderna.

Pur restando immutato il campo di Piazza Maggiore, cambia il percorso e la funzione del mantenitore. Non vi sono più assalti alla lancia, né sanguinamenti, sarebbero oggi inverosimili, bensì anelli di varie dimensioni, appesi al braccio di un mantenitore fisso. I cavalieri, che prendono il via dal centro del campo, devono infilzare più anelli possibili, tenendo presente il tempo di percorrenza del terreno di gara. Non essendoci più i cavalieri medievali e i nobili rampolli delle antiche casate, nella gara si cimentano i fantini abbinati ai quattro sestieri e ai tre borghi della città (Sestrieri: Porta Manaresca, Filiamabili, Bonomini, Japasseri. Borghi: S. Panfilo, Pacentrano, Santa Maria della Tomba; sono scomparsi i sestrieri di porta Salvatoris e Sancti Panphili, il borgo di Sant’Agata e Borghetto). La manifestazione si svolge in due giorni, l’ultimo sabato e domenica di luglio; ogni cavaliere si scontra con altri quattro, per un totale di quattordici scontri; i primi quattro classificati si scontrano in due semifinali e quindi nella finale, per la conquista del Palio, che consiste in un quadro dipinto, realizzato ogni anno da un artista diverso.

Il punteggio, assegnato da appositi giudici di gara, è determinato dal numero di botte agli anelli (da 10 cm.= 1 punto; da 8 cm. = 2 punti; da 6 cm. = 3 punti) e del tempo impiegato. Di particolare suggestione è il corteo storico, cui partecipano centinaia di figuranti, in costumi d’epoca, gruppi di danzatori, sbandieratori, tamburini, chiarine ecc.

E’ da dire che la manifestazione non si esaurisce in due giorni, poiché, sia prima sia dopo l’avvenimento, i borghi e sestieri si organizzano nel preparare gli eventi culturali, ludici e conviviali, inseriti nelle peculiarità storiche- artistiche della città. Dall’anno 2000, la Giostra cavalleresca d’Europa, che si tiene la prima settimana d’agosto, vede la partecipazione di cavalieri provenienti dalle città europee, che vantano una tradizione cavalleresca. In quei giorni la città si anima con giochi e spettacoli medievali e rinascimentali dei vari gruppi etnici partecipanti, in un vero e proprio scambio di culture e tradizioni. Nel torneo si scontra un cavaliere sulmonese con quelli stranieri, secondo le stesse regole della gara classica. Alle suddette manifestazioni si sono affiancate, da qualche anno, la Cordesca, giostra dei ragazzi e la Giostra dei Borghi più belli d’Italia. Da notare che scambi culturali e turistici, gemellaggi sono effettuati con i paesi partecipanti alle manifestazioni sulmonesi (vedi Burghausen). (h.12,30)

Raffaele Santini su Corriere Peligno http://www.corrierepeligno.it/tradizioni-peligne/aspettando-la-giostra

Eremo Via vado di sole , L'Aquila, lunedì 1 agosto 2011

Nessun commento:

Posta un commento