domenica 26 settembre 2010

COPIA INCOLLA : Manifesto del copia incolla

COPIA INCOLLA : Manifesto del copia incolla


Sulla copertina ci sono le parole di Jonathan Lethem,che non è l’autore. S’intitola Reality Hungher e di quest’opera Geoff Dyer scrive.”Ho appena finito di leggere Reality Hungher e mi ha illuminato, intossicato,estasiato sopraffatto. E’ un vetro attraverso cui guardare il mondo ( come lo mostrano letteratura video e musica) e allo stesso tempo uno specchio attraverso il quale vederci riflessi ,là in mezzo. Un libro oltraggioso ma anche un’opera che si compone leggendola” .

Apri il libro e trovi una lista numerata: l’arte è furto,sono contento di passare alla storia come l’uomo del copia incolla e 618 citazioni senza una virgoletta. Da Cicerone all’ultimo autore anche dal nome impronunciabile le citazioni si legano tra di loro e svolgono il filo logico e continuo di una storia.


Alla fine una sequela di fonti :nomi e cognomi che è stato costretto ad aggiungere per non finire nei guai con l’invito per il lettore a prendere le forbici e tagliarle di netto.

Nabokov scriveva e non si stancava di ripeterlo: l’unica parola che può andare tra virgolette è la realtà.

La massima originalità per lo scrittore è dunque rubare bene?

Perché? Perché la grande letteratura è morta nell’Ottocento? Il passaggio dall’azione alla riflessione l’ha uccisa?

Del tramonto della realtà appunto è stato discusso nel Salone del Libro e ci si è domandato dove è finito lo scrittore. Che cosa resta della società letteraria ? Andrea Cortellessa critico letterario e Luca Archibugi regista nella loro inchiesta “Senza scrittori” prolungano il catalogo stilato da Alberto Arbasino nel suo “Paese senza” di tutte le cose di cui l’Italia è mancante.

“Racconta, come scrive Francesco Erbani lunedì 28 giugno 2010 su La Repubblica, del predominio che la macchina editoriale,soprattutto quella dei grandi gruppi, ha assunto nel mercato della letteratura , dove non ci sono più opere e scrittori , critici o riviste , ma solo libri , solo produzione industriale , solo una filiera perfettamente assestata, e nella quale, però quella che un tempo si chiamava la società letteraria ha pensato bene di accomodarsi ,spintonando un po’ e anche dando di gomito , ma trovando un cantuccio dove accomodarsi. “


In quel cantuccio non ci si può permettere colpi di testa perché le grandi aziende editoriale non sono più guidate da singole persone come Valentino Bompiani, Livio Garzanti, Giulio Einaudi, Arnoldo Mondadori ed altri. Sono guidate da staff di funzionari che devono rispondere alla proprietà e ai manager su una cosa sola: il bilancio. Più è potente l’editore più domina il mercato però solo all’interno delle regole di mercato . Guai ad uscirne con i colpi di testa che sono quelli che una piccola azienda può permettersi rischiando però e spesso di grosso. Rischiando anche nell’affermare la letterarietà del libro

Ma che cosa rende letterario un testo? Lo rende letterario quello che afferma l’americano Michael Cunningham , scrittore premiato con il Pulitzer : “ Prendiamo quella che è probabilmente la frase più famosa della letteratura americana : -Call me Ishmael - che è la frase di apertura del Moby Dick di Hermann Melville … Esse hanno non solo autorità ma anche musicalità”

Ebbene queste tre parole che potrebbero equivalere a “Idiota leggi questo” hanno forza e sicurezza ma anche musicalità . In italiano “Chiamatemi Ismaele” è una frase :per continuare a tradurre Moby Dick dunque ne dovete tradurre ancora circa un milione di frasi : Ma la’utorità di questa prima frase dimostra l’autorità di quello che è uno scrittore Hermann Melville.

Certo ogni romanzo, se il romanziere è onesto e lo ammette, non è altro che una rozza approssimazione della storia che si voleva raccontare ,probabilmente è il miglior libro scritto in quel momento, a scriverlo cinque anni dopo sarebbe completamente diverso .

Continua Cunningham nella parte iniziale della sua Lectio Magistralis “Il lettore, lo scrittore , il traduttore” presentata a Firenze al premio Vallombrosa Gregor Von Rizzori tenutosi dal 16 al 18 giugno 2010 :”In ogni caso noi cerchiamo sempre cattedrali di fuoco , e parte dell’eccitazione nel leggere un grande libro sta nella promessa di un nuovo libro che non abbiamo ancora incontrato , un libro che


possa toccarci ancora più profondamente , che possa farci innalzare ancora più in alto. Una delle consolazioni nello scrivere libri sta nella convinzione apparentemente invincibile che il prossimo libro sarà migliore, sarà più grande e coraggioso , e più esaustivo e fedele alle vite che viviamo. Rimaniamo in uno stato di speranza continua , amiamo la bellezza e la verità che vengono a trovarci e facciamo del nostro meglio per mettere a tacere dubbi e delusioni. E’ questa la nostra particolarità. Questa la nostra gloria. Siamo alla ricerca di qualcosa , e non veniamo scoraggiati dal sospetto collettivo che la perfezione che cerchiamo nell’arte abbia la stessa possibilità del santo Graal di venire trovata . Questa è una delle ragioni per cui noi, e intendo noi esseri umani , siamo non solo creatori , traduttori e consumatori di letteratura , ma della letteratura siamo anche i soggetti .”

Seguiranno dunque esperimenti di copia e incolla . Copia e incolla dunque un esperimento.

Eremo Via vado di sole , L’Aquila, domenica 26 settembre 2010




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