mercoledì 15 settembre 2010

VERSI D'ALTRI E ALTRI VERSI : Umberto Saba

VERSI D’ALTRI E ALTRI VERSI : Umberto Saba

Scrive Giacomo De Benedetti: “ In Saba è rimasto, inalterabile, un fondo di fanciullo e di popolano. La delicatezza e l’incanto di certi suoi impasti par che dipendano proprio da questo: che l’uomo, con la sua serietà morale, ha dato un significato spirituale e intelligente ai vezzi del fanciullo ,pur rispettandone la vivace fragranza primitiva ; e che l’intellettuale , con la sua cultura, ha scoperta una grazia fine alle preferenze del popolano”. E continua :” La qualità e la larghezza della materia su cui Saba lavora, son presto indicate e oltremodo significanti : si tratta di tutta intera la sua passione individuale ; accettata come cosa di natura, con i suoi limiti che si patiscono , meglio che non si definiscano : e quasi senza preoccupazioni di redimerla dall’immediata biografia in cui nasce.”

Umbro Saba nasce a Trieste nel 1883 e muore a Gorizia nel 1957. Il vero cognome del poeta era Poli in quanto la madre un’ebrea povera del ghetto aveva sposato Poli e ne era stata abbandonata prima che Saba nascesse.

Della sua infanzia lo stesso Saba ricorda : “ Bruciai in un falò di gioia i testi classici, divenuti per me , per mancanza d’amore , troppo difficili, impossibili addirittura ; frequentai per poco tempo l’Accademia di Commercio e Nautica e presi quindi un impiego per diventar poi _ come speravo allora – un bravo, un onesto, uno stimato commerciante”

E così fu . Dopo un’esperienza come mozzo su un Mercantile Saba esordì con la sua prima opera appunto con il nome di Saba, divenuto poi famoso, con Il mio primo libro di versi ( 1903) Arruolatosi volontario fu sotto le armi negli anni 1907-8 . Il primo riconoscimento al suo lavoro di poeta venne con i versi di Con i miei occhi pubblicato nella edizioni de “La Voce” nel 1912. Dopo la prima guerra mondiale diventò direttore e proprietario di una libreria antiquaria all’insegna della quale nel 1921 pubblicò Il Canzoniere che contiene le migliori liriche giovanili. Pima della seconda guerra mondiale per le leggi razziali andò a vivere a Parigi. Presto rientrò in Italia , si stabilì a Roma, si trasferì a Firenze e infine tornò a Trieste.

Autodidatta e appartato si tenne in disparte durante il periodo fascista e solo dopo la seconda guerra mondiale emerse con la sua voce di poeta non più triestino ma italiano .

Ciò che fa la bellezza della poesia di Saba ‘ la misura di una semplicità e lo stupore che egli infonde nel verso . Mentre perdurava la moda della poesia dannunziana e la sua retorica l’accorata voce di un poeta esperto di tutti i beni e di tutti i mali della vita ci riconduce ad una umanità che ha piedi per terra , e senza voli ci accosta alla quotidianità e ai suoi sentimenti come normalità della vita . Pur rendendo i suoi temi più complessi ed elaborati Saba non ha mai smentito questa fondamentale vocazione che è vocazione all’umanità .

Per Saba la vita umana va intesa come una navigazione come la propone in questi versi:

Nella mia giovinezza ho navigato

lungo le coste dalmate. Isolotti

a fior d’onda emergevano, ove raro

un uccello sostava intento a prede ,

coperti d’alghe , scivolosi al sole ,

belli come smeraldi . Quando l’alta

marea e la notte li annullava , vele

sottovento sbandavano più al largo,

per fuggirne l’insidia . Oggi il mio regno

è quella terra di nessuno. Il porto

accende ad altri i suoi lumi; me al largo

sospinge ancora il non domato spirito,

e della vita il doloroso amore.

Il moralismo e l’autobiografismo sono gli estremi confini della sua poesia e se poi il senso del dolore universale cede il passo ad una specie di tranquillo distacco le cose sembrano allontanarsi dal suo sguardo fino a fargli dire :

“ Ero sicuro – materialmente sicuro - ( confessa nella prefazione a gli Uccelli, l’ultimo libro stampato nel 1951) che non avrei scritto più versi . Ma il male che mi impedisce ugualmente di vivere e di morire, mi concedette in quell’estate un breve periodo di tregua. La mia gratitudine si espresse in alcuni brevi apologhi.”

Apologhi che si esprimono in :

IL FANCIULLO E L’AVERLA

S’innamorò un fanciullo di un’averla .

Vago del nuovo - interessate udiva

di lei, dal cacciatore, meraviglie –

quante promesse fece per averla .

L’ebbe e all’istante l’obliò. La trista

nella sua gabbia alla finestra appesa,

piangeva sola e in silenzio, del cielo

lontano irraggiungibile alla vista.

Si ricordò di lei solo quel giorno

che , per noia o malvagio animo, volle

stringerla in pugno. La quasi rapace

gli fece male e s’involò. Quel giorno,

per quel male l’amò senza ritorno.

Opere di Umberto Saba

Poesie, Firenze,1911; Coi miei occhi, ib.1912; Cose leggere e vaganti , Trieste 1920; Il Canzoniere, ib. 1921;Preludio e Canzonette, Torino 1922; Autobiografia, Prigioni ib. 1924; Figure e Canti, Milano 1928, Preludio e Fughe , Firenze ,1928; Tre composizioni, Milano, 1933; Ammonizione e altre poesie ,Trieste ,19933, Parole, Lanciano ,1934; Ult5ime cose, Lugano, 1943; Il Canzoniere, raccolta completa delle poesie Torino 1945; Scorciatoie e raccontini, 1945; Mediterranee, Milano, 1946; Storia e Cronistoria del canzoniere . Ib. 1948; Uccelli, quasi un racconto ib, 1951; .Nel 1959 è uscito postumo Epigrafe Ultime prose con una prefazione di Giacomo De Benedetti. Le prose sono raccolte nel volume Prose con prefazione di Pinuccia Saba ,Milano 19964

Da IL CANZONIERE :

L’ARBOSCELLO

Oggi il tempo è di pioggia .

Sembra il giorno una sera,

sembra la primavera

un autunno, ed un gran vento devasta

l’arboscello che sta – e non pare – saldo;

par tra le piante un giovinetto alto

troppo per la sua troppo verde età.

Tu lo guardi. Hai pietà

forse di tutti quei candidi fiori

che la bora gli toglie ; e sono frutta,

sono dolci conserve

per l’inverno quei fiori che tra l’erbe

cadono. E se ne duole la tua vasta

maternità.

TRIESTE

Ho attraversato tutta la città.

Poi ho salito un’erta,

popolosa in principio, in là deserta,

chiusa da un muricciolo:

un cantuccio in cui solo

siedo; e mi pare che dove esso termina

termini la città.

Trieste ha una scontrosa

grazia . Se piace ,

è come un ragazzaccio aspro e vorace ,

per gli occhi azzurri e mani troppo grandi

per regalare un fiore;

come un amore

con gelosia.

Da quest’erta ogni chiesa, ogni sua via

scopro, se mena all’ingombrata spiaggia,

o alla collina cui , sulla sassosa

cima, una casa, l’ultima, s’aggrappa.

Intorno

circola ad ogni cosa

un’aria strana , un’aria tormentosa,

l’aria natìa.

La mia città che in ogni parte è viva,

ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita

pensosa e schiva.

PAROLE

Parole

dove il cuore dell’uomo si specchiava

-nudo e sorpreso – alle origini, un angolo

cerco nel mondo , l’oasi propizia

a detergere voi con il mio pianto

dalla menzogna che vi acceca . Insieme

delle memorie spaventose il cumulo

si scioglierebbe come neve al sole.

INVERNO

E’ notte,inverno rovinoso. Un poco

sollevi le tendine, e guardi. Vibrano

i tuoi capelli selvaggi , la gioia

ti dilata improvviso l’occhio nero;

che quello che hai veduto – era un’immagine

della fine del mondo- ti conforta

l’intimo cuore, lo fa caldo e pago.

Un uomo si avventura per un lago

di ghiaccio, sotto una lampada storta.

STELLA

Stella che m’hai veduto un giorno nascere

-passavi in cielo al mio primo apparire –

Del bene in cambio che , nudo ed inerme,

da tanto male derivai, potessi

in breve volontario all’altra

riva; Ogni linea si cancella , tace

ingiustizia , non pesa più abbandono ,

fuori della tua orbita ch’io giunga

o tu che in cielo passavi funesta.

QUEST’ANNO

Quest’anno la partenza delle rondini

mi stringerà per un pensiero, il cuore.

Poi stornelli faranno alto clamore

sugli alberi al ritrovo del viale

XX Settembre. Poi al lungo male

dell’inverno compagni avrò qui solo

quel pensiero , e sui tetti il bruno passero.

Alla mia solitudine le rondini

mancheranno, e ai miei dì tardi l’amore.

Eremo Via vado di sole, L’Aquila, lunedì 13 settembre 2010






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