mercoledì 1 febbraio 2012

FRATELLI D’ITALIA : Art. 49 della Costituzione italiana

FRATELLI D’ITALIA  :  Art. 49 della Costituzione italiana

La Costituzione Italiana riconosce esplicitamente il ruolo dei Partiti Politici quando scrive, all’art. 49, che «tutti i cittadini hanno il diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere in modo democratico a determinare la politica nazionale».
Da questa disposizione discendono quattro principi soprattutto:

1. La formazione dei partiti è libera: ogni partito ha diritto di cittadinanza nello Stato italiano qualunque ne sia l’ideologia. L’unico limite a tale libertà, scritto nell’art. XII delle disposizioni transitorie della Costituzione, è la riorganizzazione del partito fascista.
2. La repubblica si fonda sul pluralismo dei partiti. L’uso del plurale ("partiti") nell’art. 49 della Costituzione implica che sarebbe inammissibile un regime a partito unico.
3. Ai partiti è riconosciuta la funzione di determinare la politica nazionale, in concorrenza tra di loro.
4. I partiti devono rispettare il metodo democratico.

Laddove l'espressione «metodo democratico» definisce il principio per cui la minoranza deve rispettare le decisioni della maggioranza, ma ha la piena libertà di agire, con tutti i mezzi pacifici a sua disposizione, per diventare a sua volta maggioranza e assumere la guida del paese. È proprio del metodo democratico la possibilità dell’alternanza pacifica al potere tra maggioranza e minoranza.
Dal punto di vista giuridico i partiti politici in Italia sono organizzazioni private che si configurano come associazioni non riconosciute e godono quindi dell’ampia libertà d’azione che è prevista dal codice civile per queste associazioni. Non sono persone giuridiche e pertanto non sono sottoposti ai controlli statali che il codice civile prevede per tali enti.

I politici però con i loro comportamenti ( da ultimo la finta di  ridursi lo stipendio  che non è una vera e propria riduzione ma solo una sterilizzazione degli aumenti  che stavano per scattare) stanno minando alla base quella che era la visione della  democrazia   nel nostro paese secondo la Carta costituzionale. Carta che  riconoscendo con l’art. 49 la funzione dei partiti  annetteva loro un compito fondamentale  . Non solo quello della rappresentatività ma anche quello della partecipazione. Partiti come strumento per dare potere a chi non lo ha. Ovvero per far contare il cittadino .

La fiducia degli italiani  nei politici e nei partiti ha raggiunto in questi giorni una soglia bassissima  che speriamo  abbia un punto di ritorno.  In questa situazione fa bene il presidente  Napolitano a   richiamare l’attenzione  sulla importanza dei partiti. Attenzione che produce però una domanda: si può fare a meno dei partiti?
Lo scarso feeling tra cittadini e politici è stato prodotto , in parte,  dal sistema elettorale,  dall’inadempienza dei partiti ( fuga dal territorio )  e dal così detto berlusconismo  inteso  come fenomeno di delegittimazione della politica a favore di un singolo protagonista ( magari imprenditore danaroso che può pagarsi la politica )  che pensa a   tutto lui.

Così stando le cose però: il problema non è tanto quanto il berlusconismo abbia distrutto la politica . Piuttosto quanto conti la politica partitica nelle decisioni sulla vita della gente ammesso che  il potere sembra essere tutto in mano alla finanza , e alle banche  . I politici recitano un ruolo di burattini . Non decidono ormai più niente e sembrano essere sempre più “ mosche cocchiere “ che tra, l’altro leccandosi le mani  assumono comportamenti   immorali se non  penalmente rilevabili.
Esclusa dunque  l’azione della politica e dei politici, così fortemente inficiati  rimangono quasi a fronteggiarsi  da un lato banche, imprese  e finanza, dall’altra  i movimenti  (per esempio gli indignati ) .  Nessun ruolo dunque dei politici e dei partiti. Quindi la crisi di rappresentatività di quest’ultimi ,La democrazia è fatta di  delega e di partecipazione. Se lo strumento di queste due azioni, il partito non funziona, probabilmente ha scarse possibilità di funzionare anche una sana democrazia. Meglio una vera democrazia, non uno pseudonimo.

Le ultime evidenze di cronaca  ( distrazioni di fondi dal rimborso elettorale  alla Margherita  a favore del tesoriere di quel partito )  suscitano  la rabbia dei cittadini e  dimostrano la trasversalità di un fenomeno pericolosissimo.
Il rischio dell’antipolitica  dunque è che venga messo in discussione  la base della democrazia che  sono i partiti . La politica ha dei costi . Se lo stato non finanzia i partiti  cosa potrebbe
succedere ?Paradossalmente chi critica, spesso in modo forte, Berlusconi  , con questa marea di antipolitica , propone  proprio la figura di un imprenditore  che ha possibilità di parsi i costi della sua politica  a scapito degli altri.

Probabilmente la crisi dei partiti e dei politici   inizia  con tangentopoli.  Anche se  l’attuale rapporto  dei cittadini con la politica  è peggiore oggi  che nel 92/93 come afferma il sondaggio  della società diretta da Pagnoncelli  reso noto  nella trasmissione di rai tre Ballarò martedì 31 gennaio 2012.
Dunque  i partitit per svolgere il loro ruolo hanno  bisogno di recuperare credibilità e trasparenza.
L’art. 49 della Carta costituzionale  è la strada per raggiungere questo obiettivo .
Inoltre i partiti devono aprirsi  ai movimenti  e quindi dare appunto potere a chi non l’ha.  L’ha detto lo stesso Obama  nel suo discorso  di insediamento . Certo niente di rivoluzionario  in quanto appunto i partiti sono l’unico strumento . Non ci sono altri strumenti  per aiutare i cittadini  a contare  di più nella democrazia . E in questo senso bisogna  capire quanto i partiti siano disposti  a modificarsi . Modificarsi significa non essere più la sommatoria delle segreterie dei vari politici  e delle varie correnti ma veramente protagonisti di una lettura del territorio , delle esigenze e dei bisogni delle popolazioni che vivono quei territori . (V.M. )

Eremo Via vado di sole, L'Aquila , mercoledì 1 febbraio 2012

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