martedì 7 giugno 2011

AUTODAFE’ : Vita di Gabriel Garcia Marquez

AUTODAFE’ : Vita di Gabriel Garcia Marquez


Quando vedeva farfalle nere Tranquilina, la nonna di Gabriel Garcia Màrquez, faceva subito nascondere i bambini di casa perché voleva dire che qualcuno stava per morire. Invece se passava un corteo funebre i bambini bisognava svegliarli altrimenti il morto in transito se li sarebbe portati via con sé. Gabriel Garda Marquez nei suoi romanzi non ha inventato niente, l'aria magica, scaramantica, apotropaica che spira sulle sue pagine la respirava fin dall'infanzia nella casa del nonno materno ad Aracataca. E il nonno, il colonnello Marquez, uscito sconfitto dalla Guerra dei mille giorni, è il modello di Aureliano Buendia (come lui fondeva pesciolini d'argento) nonché la persona più importante nella vita dello scrittore (gli insegnò a venerare il dizionario come una divinità dicendogli che era più infallibile del papa). Il nonno, che gli fece da padre visto che illegittimo genitore brillò per la sua latitanza,ayeva qualcosa di fatale. In passato aveva ucciso un uomo, un suo sottoposto, il figlio di una vedova allegra che voleva vendicare le offese arrecate all'onore della madre.

Prima di diventare romanziere, Garcia Marquez fu un ottimo reporter. Bastano due esempi per dire che tipo di giornalista fosse. Il primo è un reportage da Auschwitz: «C'è un'immensa sala zeppa di protesi, migliaia di occhiali, dentiere, occhi di vetro, gambe di legno, singole mani con un guanto di lana, tutti i dispositivi inventati dall'ingegno dell'uomo per rammendare il genere umano.

C'è poi un ritratto della diva italiana più celebre: «Sophia Loren, nel rispettabile ruolo di Sophia Loren, è unica e invulnerabile».

La cosa bella è che Gabo (come fa notare il biografo Gerald Martin, è famoso con il suo nomignolo come i campioni dello sport, le stelle del rock o i divi del cinema) sostiene di non saper scrivere e che per comporre mezza pagina gli ci vogliono otto ore di corpo a corpo con le parole (e finisce pure per avere sempre la peggio). La verità è che i suoi libri (da Cent'anni di solitudine a Cronaca di una morte annunciata, a L'amore ai tempi del colera) sono tra i pochi veri indiscussi capolavori prodotti nella seconda parte del Novecento e non è un'esagerazione paragonarlo, come è stato fatto, a Cervantes. La sua prosa, come scrisse Don Mario Vargas Llosa a proposito di Cent'anni di solitudine, è «perfetta, impeccabile», la sua maestria tecnica «senza pari», la sua immaginazione «diabolica». Riprendete in mano Cronaca di una morte annunciata e assisterete al miracolo di un romanzo che ha la suspense di un film di Hitchcock e del Bolero di Ravel messi assieme. Una volta a Playboy confessò di scrivere per essere amato di più e che se fosse nato donna avrebbe detto sempre sì. L'intervistatrice gli fece notare che sembrava un caso di ninfomania e lui concluse: «Sì, in effetti - ma è una ninfomania del cuore." Un giorno rammenteranno il genere umano grazie a lui.

Gabriel Garcia Marquez nasce ad Aracataca il 6 marzo del 1928, un piccolo villaggio della Colombia ,a circa 80 Km dalla città caraibica di Santa Marta, dove viene allevato dai nonni.

Nel 1947 inizia i suoi studi all'Università di Bogotà, alla facoltà di giurisprudenza, e nello stesso anno pubblica il suo primo racconto "La tercera resignacion" sul giornale El Espectator.

Nel 1948 si trasferisce a Cartagena in seguito alla chiusura dell'Università Nazionale, e comincia il suo lavoro come giornalista al El Universal.

Intanto collabora con diversi altri giornali e riviste americane ma anche europee.

Intanto si lega ad un gruppo di giovani scrittori, e insieme leggono avidamente i romanzi di Kafka, Faulkner, Virginia Woolf. Nel 1954 torna nuovamente a Bogotà come giornalista de "El Espectador" e, nello stesso anno, pubblica il racconto "Foglie morte". L'anno successivo trascorre alcuni mesi a Roma, dove segue dei corsi di regia, in seguito si trasferisce a Parigi. Nel 1958 sposa Mercedes Barcha e, dopo la vittoria di Fidel Castro, visita Cuba e lavora (prima a Bogotà, poi a New York) per l'agenzia "Prensa latina", fondata dallo stesso Castro.

A Città del Messico, nel 1962, scrive il suo primo libro "I funerali della Mama Grande" che contiene anche "Nessuno scrive al colonnello" , lavori con i quali si comincia a delineare il fantastico mondo di Macondo.

Nel 1967, pubblica "Cent'anni di solitudine", che ebbe subito un grande supporto da parte della critica e che consacrò Marquez come uno dei più grandi scrittori del nostro secolo.


Marquez scrisse così anche "L'autunno del patriarca", "Cronaca di una morte annunciata", "L'amore ai tempi del colera" , fino al Premio Nobel nel 1982. Risiede attualmente a città del Messico dal 1976.

Una delle sue ultime opere è: DELL'AMORE E DEGLI ALTRI DEMONI (1994).

Ecco gli incipit di due dei più famosi romanzi di Marquez:

Cent’anni di solitudine: «Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendia si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio. Macondo era allora un villaggio di venti case di argilla e di canna selvatica costruito sulla riva di un fiume dalle acque diafane che rovinavano per un letto di pietre levigate, bianche ed enormi come uova preistoriche.

Il mondo era così recente, che molte cose erano prive di nome, e per citarle bisognava indicarle col dito». Cronaca di una morte annunciata: «Il giorno che lo avrebbero ucciso, Santiago Nasar si alzò alle 5,30 del mattino per andare ad aspettare il battello con cui arrivava il vescovo. Aveva sognato di attraversare un bosco di higuerones sotto una pioggerella tenera, e per un istante fu felice dentro il sogno, ma nel ridestarsi si sentì inzaccherato da capo a piedi di cacca d’uccelli. Sognava sempre alberi, - mi disse Placida Linero, sua madre, 27 anni dopo, nel rievocare i particolari di quel lunedì ingrato. - La settimana prima aveva sognato di trovarsi da solo su un aereo di carta stagnola che volava in mezzo ai mandorli senza mai trovare ostacoli", mi disse. Placida Linero godeva di una ben meritata fama di sicura interprete dei sogni altrui, a patto che glieli raccontassero a digiuno, ma non aveva riscontrato il minimo segno di malaugurio in quei due sogni di suo figlio ... ».

L’amore ai tempi del colera: «Era inevitabile: l'odore delle mandorle amare gli ricordava sempre il destino degli amori contrastati. Il dottor Juvenal Urbino lo sentì non appena entrato nella casa ancora in penombra, dove si era recato d’urgenza a occuparsi di un caso che per lui aveva smesso di essere urgente già da molti anni. Il rifugiato antillano Jeremiah de Saint-Amour, invalido di guerra, fotografo di bambini e suo avversario di scacchi più compassionevole, si era messo in salvo dai tormenti della memoria con un suffumigio di cianuro d oro».

Fonte : adorrico@corriere.it


Eremo Via Vado di sole , L'Aquila ,
martedì 7 giugno 2011


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