lunedì 20 giugno 2011

FRATELLI D’ITALIA : Artigiani , democrazia e risorgimento ( Parte III)

FRATELLI D’ITALIA : Artigiani , democrazia e risorgimento ( Parte III)

Seconda parte della relazione del prof. Umberto Dante in apertura del convegno tenutosi a L’Aquila sabato 11 giugnosul tema appunto “ Artigiani, democrazia e risorgimento :


Esiste invece la necessità di avviare studi e riflessioni sul motore che agisce all'interno della parte bassa della città italiana dell'Ottocento e determina mutamenti di orientamento decisivi. Questo non per studiare i ceti popolari come mondo a parte, ma per comprendere l'insieme del processo democratico che matura in Italia nel XIX secolo.

Occorre dunque ricostruire le trasformazioni sociali culturali ed economiche che investono i ceti urbani italiani, soprattutto i più poveri, per i quali si apre una stagione che va dal declino delle antiche protezioni corporative all'emergere del mutualismo. Questo avviene in una condizione abitativa e urbanistica spesso assai nuova rispetto all'impasto sociale tipico dell'antica città.

Si osservi la Milano della parte centrale del secolo, in cui sono forti le immigrazioni che vengono dal contado più prossimo (13), sempre segnate dall'abbandono della condizione contadina. Le abitazioni della popolazione artigiana tendono sempre di più a gravitare sulle "cascine" dei Corpi Santi e sulle zone di "porta": Porta Romana, Porta Ticinese.

Zone simili a quella parte di Novara che Vassalli definirà "il quartiere dei ladri e degli assassini" (14). Qui la città crea una stratificazione infinita, con un ceto basso costituito da facchini, artigiani di bassa qualifica (calzolai, lavandai, muratori), piccoli venditori (fruttivendoli, venditori ambulanti). Sono gli ambienti che danno uomini alle feste del 1847, alle rivolte del 1848, del 1851 e del 1853, quando «i popolani, i barabba, erano suddivisi in compagnie di mestiere: quella dei facchini, dei falegnami, dei calzolai, dei tencitt, i carbonai» (15).


I ciabattini, quegli stessi cui appartiene il sopracitato citato eroe delle "cinque giornate", spiccano nei dati criminali per una spiccata propensione per il delitto di sangue. Ed in genere siamo nello stesso ambiente e negli stessi mestieri in cui attecchisce una criminalità che assume le dimensioni di una occupazione parallela, sintomo di un malessere che si riverbera anche in altre forme di

difficoltà materiale e morale: si pensi al crescere dell'abbandono di minori nelle maggiori città italiane. Restando a Milano, la media annua passa dai 790 degli anni '80 del XVIII secolo ai 4300 del decennio preunitario (16). Parallelamente, si lamenta da parte dei maschi un'inclinazione a degradarsi dentro le cantine, le bettole, scialacquando nel vino i pochi risparmi (17). D'altro canto, spesso i processi politici intentati agli artigiani portano alla luce altri processi, basati su crimini comuni (18). I ceti artigiani, insomma, si presentano come classe pericolosa, come parte in crisi ed in trasformazione della società. Una classe che si carica di tutta la conflittualità sociale della città, in particolare dei reati contro la proprietà (19).

Occorre quindi capire e seguire le tensioni in atto presso questo mondo urbano facile ad accendersi ed a rischiare la vita negli scontri secondo un percorso che non attraversa solo il Risorgimento, ma si innesta dopo l'unità nel municipalismo torinese, nelle ribellioni siciliane del 1866, nell' emergere graduale del classismo. Già in pieno' 48, del resto, abbiamo episodi significativi di antimacchinismo quasi luddista, come quello che mobilita i tipografi contro la modernizzazione dei torchi (20). Da non sottovalutare segnali diversi, solo apparentemente minori, come un certo diffondersi della predicazione protestante (21), una diffusione di coppie irregolari da una parte, della diffusione della stampa e dei giornali dall'altra.


Questa città marginale così inquieta, composita, a suo modo organizzata e influente attraverso la capillarità del lavoro, gli incontri nelle osterie e nelle botteghe, sarà profondamente ferita al momento dell'Unità dai governi della Destra che la estromettono dalla vita politica mantenendo la fuori dai diritti elettorali. Esclusione dolorosa, dopo i giorni dei plebisciti, quando, «con l'allargarsi improvviso della cittadinanza, seppure per un solo giorno, artigiani, calzolai, sarti, legnaioli, tutti coloro che avevano contribuito a preparare il terreno per il voto, avevano potutosentirsi legittimati a svolgere un funzione importante, e ad occupare a buon diritto la scena pubblica. E' nota l'affermazione dell'artigiano fiorentino che aveva sentito di contare quanto un signore> >(22).

Questa fase di apertura viene rapidamente superata e chiusa. Agli artigiani resta il conforto delle società operaie di muto soccorso, la Guardia Nazionale (fino al 1876), qualche agitazione nelle piazze, il brontolio sordo delle botteghe. Si tratta di una condizione di passività nella quale è possibile soltanto il lavorio astratto e di poca incisività di alcune reti poco legali: quella mazziniana, quella internazionali sta. Reti dove, tuttavia, permane qualcosa del clima cospirativo degli anni delle lotte contro il dispotismo e contro l'Austria.

Nel complesso, si creano i presupposti per una rottura definitiva all'interno della città risorgimentale.

E' interessante, per comprendere il difficile amalgama postunitario tra notabilato e la parte "popolare"della città, la descrizione fatta da De Amicis nei primi giorni dell'entrata a Roma dell' esercito italiano.

Le manifestazione di tripudio entusiasmano lo scrittore giornalista: «Tutto ha superato non solo l'aspettativa, ma l'immaginazione. Bisogna aver veduto per credere. Dubiterete della mia sincerità, lo prevedo; né debbo spendere parole per prevenirvi, perché è troppo naturale; capisco che non possa aspirare ad essere creduto. Eppure sento che non vi darò che una pallida immagine della realtà! ( ... ) Da tutte le finestre sporgono bandiere, s'agitano fazzoletti bianchi, s'odono grida ed applausi. Il popolo accompagna col canto la musica delle fanfare. ( ... ) Non vedo altro, non reggo alla piena di tanta gioia, mi spingo fuori della folla, incontro operai, donne del popolo, vecchi, ragazzi: tutti hanno la coccarda tricolore, tutti accorrono gridando» (23).

Ma quando si passa al concreto della politica l'unità della festa si dissolve.

Viene convocata un'assemblea per eleggere un'amministrazione provvisoria della capitale. L'assemblea è tenuta da una vecchia bandiera liberale, Mattia Montecchi che presenta al pubblico una lista di quaranta nomi su cui si cerca un voto complessivo. La lettura della lista arriva al terzo nome e subito dal pubblico partono i primi fischi. Al quarto nome un grido sovrasta il vociare della folla e spiega il malcontento: «Abbasso i mercanti di campagna!>>.

A sostegno della proposta del comitato interviene un giovanotto, con il capo opportunamente bendato per delle ferite riportate in scontri piuttosto improbabili con le guardie del papa. Il linguaggio è quello delle retoriche di circostanza: «Bene fecero gli egregi uomini della Commissione a radunarsi in questo antico ed augusto ricinto. Essi dimostrano con ciò che d'ora innanzi gli interessi del popolo non saranno più abbandonati agl'intrighi delle consorterie ( ... ) in questo tempio che il tempo corrose, ma non distrusse, fra queste mura annerite dai secoli». L'assemblea popolare non si fa abbindolare, lo interrompe gridando: "alla questione!". Si alza a questo punto un omone in grado di dominare il caos e di entrare nel merito della questione parlando la lingua del popolo: «La cosa è chiara! L'elenco no' ce piace! Non volemo liberali di occasione ( ... ) Non volemo mercanti de campagnal> (24).

Con il trascorrere del secolo, nonostante il blocco politico imposto dalla Destra e dal notabilato, l'espansione dei ceti artigiani non rallenta, avendo come presupposto i meriti guadagnati con la militanza risorgimentale e soprattutto lo spirito dei tempi, lo scorrere irresistibile del calendario del progresso in Europa.

La città dei notabili inizia ad avvertire la spinta nuova che viene dalla città degli artigiani. Iniziano a disgregarsi certe gerarchie che scandivano da sempre gli accessi agli spazi urbani e i cerimoniali attraverso la consuetudine e il conformismo.

E' con sdegno e con stupore che reagisce a questo processo il vastese Francesco Ciccarone, parlamentare, notabile figlio di Silvio, uno dei comandanti più energici della Guardia Nazionale: «se i contadini, per molti anni ancora, continuarono a vivere nel sacro timore dei signori, nell'animo dell'artigiano, del mestierante, dell'operaio, cominciarono a fermentare le vanità, le ambizioncelle, il desiderio di mutare stato e, se non ragguagliarsi almeno di accostarsi a chi stava più in alto nella scala sociale. Questa tendenza, dalla quale più tardi si svilupparono l'arrivismo e l'impiegomania che fecero tanti spostati, rese assai molesto e imbarazzante per la classe dei signori quel caffè dove l'artiere sino allora non aveva osato mettere piede ed ora entrava liberamente e si permetteva di criticare questa o quella mossa al gioco delle carte, questo o quel tiro al gioco del biliardo ed anche più irrispettose familiarità ( ... ) Ai signori era riconosciuto il privilegio di occupare da soli la sala e di ballarvi senza il rischio di essere disturbati da artigiani che si

contentavano di ammirarli dall'ultimo ordine di palchi. ( ) Poco a poco si verificò il fenomeno

dell'infiltramento di elementi eterogenei ed il veglione ( ) diventò rumorosa gazzarra e andò

estinguendosi» (25).

Si tratta di una stagione di mezzo della storia artigiana, quella che dal Risorgimento arriva al socialismo, al Primo maggio, alle bandiere rosse. Ne sappiamo poco, ne conosciamo al più alcuni lampi. Ad esempio lo sdegno patiniano espresso in un quadro come "Nudo patriottismo", apparentemente magniloquente ed esasperato, in realtà estremamente adeguato: in un ambiente desolato e buio, probabilmente un "basso" aquilano, vediamo un artigiano che agonizza. Spicca al centro della scena, minuscola ma luminosa, l'immagine di Mazzini. Fuori della porta d'ingresso l'ufficiale giudiziario attende il decesso per procedere al sequestro.

Gli atti di centinaia di sequestri risalenti a quegli anni giacciono presso l'Archivio di Stato dell' Aquila, atti in genere sollecitati al tribunale dalla Cassa di Risparmio. I beni sequestrati sono quasi tutti conche di rame più o meno integri e vecchi pastrani.

Di certo una stagione nuova inizia con la riforma elettorale realizzata dalla Sinistra, che provocherà l'avvento al voto del ceto artigiano, modificando per sempre gli equilibri interni alla vita elettorale italiana, producendo abbastanza rapidamente quel socialismo che Renato Michels (un precursore della storia del socialismo italiano che studia il fenomeno da distanza ravvicinata) definisce come un processo azionato soprattutto da professori ed artigiani. Si creerà una forza che crescerà per anni con un incedere irresistibile, che porterà alla conquista, da parte della democrazia e del socialismo, di innumerevoli amministrazioni municipali, un'onda davvero lunga, interrotta solo dal fascismo.

Note

l) Valerio Evangelisti, Gli sbirri alla lanterna, Derive Approdi Bologna, 2005, p.44.

2) Francesco Leoni, Storia della controrivoluzione in Italia, Guida, Napoli,1975, pp.56-59.

3) Franco Della Peruta, Società e classi popolari nell 'Italia dell '800, edizione Angeli, Milano,

2005, pp.46-47.

4) Carlo Cattaneo, L'insurrezione di Milano, Feltrinelli, Milano, ed.2011, p.88, nota.

5) L.Pollini: La rivolta di Milano del6febbraio 1853. Ceschina, Milano 1953.

6) E' una riflessione di Emilio Visconti Venosta riportata da Salvatore Lupo in Il grande brigantaggio. Interpretazione e memoria ddi una guerra civile, in Storia d'Italia Einaudi, annale Guerra e pace, p.474.

7) Ilaria Porciani, Lafesta della nazione, Il Mulino, Bologna, pp.27-28.

8) Meritoria eccezione, al di là del merito e degli specifici contenuti, il volume di Enrico Francia, Le baionette intelligenti, il Mulino, Bologna 1999.

9) E' in Riccardo Reim, Il cuore oscuro dell'Ottocento, Avagliano, 2008, p.154.

IO) L.Franchetti, Condizioni economiche ed amministrative nelle province napoletane, Firenze 1875, p.27.

11) Ivi.

12) Vittorio Bonadé Bottino, Memorie di un borghese del Novecento, Bompiani Milano 2001,

cit., p.34.

13) Sulla base di una campionatura effettuata sui primi 200 processi penali della Corte d'Assise, presso l'Archivio di Stato di Milano, il 20 nel cento degli imputati è costituito da immigrati provenienti dal resto della Lombardia. Tabella: 85 (42,5%) imputati sono di Milano; 41 (20,5%) sono immigrati; 74 (37,0%,) sono di fuori Milano e commettono reati fuori Milano. Nessuno degli immigrati è registrato come contadino.

14) Cuore di pietra, Torino, Einaudi, 1996.

15) Massimo Novelli, La cambiale dei Mille, Interlinea, Novara, 2011, p.125.

16) Franco Della Peruta, Società e classi popolari nell 'Italia dell' 800, cit., pp.46-47.

17) Ivi, p.176.

18) Questo avveniva già a Bologna nel Settecento per le congiure ricostruite dall 'Evangelisti (di

cui sopra).

19) Tra i duecento inquisiti della già citata Corte d'Assise di Milano nessun contadino commette delitti a Milano. In grandissima prevalenza il crimine dell'artigiano consiste nel furto. Su 200 delitti, 116 sono stati compiuti da artigiani; altri 33 sono commessi dai contadini da contadini nei centri rurali. Tra i reati degli artigiani 88 sono dei furti e dei falsi.

20) Franco Della Peruta, Società e classi popolari nell 'Italia dell '800, cit., passim.

21) Esemplari figure come il cantastorie Stefano Cereghino, il legnaiolo Gaetano Giannini, il bracciante emigrato Giacomo Lombardo, l'ombrellaio Fallai, di Empoli, ricostruite in Scelte di fede e di libertà. Profili di evangelici nell 'Italia unita, a cura di.Dora Bognandi e Mario Cignoni, Claudiana, Torino, 20 Il.

22) Ilaria Porciani, La festa della nazione, Il Mulini, Bologna, p.31.

23) Edmondo De Amicis, Ricordi del 70-71, Quattrini, Firenze, 1913, p.83.

24) Ivi, pp.119-125.

25) Francesco Ciccarone, Ricordi, Cananrsa, Vasto, p.94.

26) Renato Michels, Storia critica del movimento socialista italiano: dagli inizi fino al 1911, Firenze, La Voce, 1926.

Eremo Via vado di sole , L'Aquila,venerdì 17 giugno 2011


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