mercoledì 15 dicembre 2010

CAMERA OSCURA : Luigi GHIRRI e Mario GIACOMELLI

CAMERA OSCURA :Luigi GHIRRI e Mario GIACOMELLI


Definiti da una contiguità , quella del mezzo artistico su cui lavorano e interpretati attraversando una distanza, quella della forma artistica raggiunta ,Luigi Ghirri e Mario Giacomelli ,due tra i maggiori fotografi italiani, sono per la prima volta in dialettico confronto nella mostra “Paesaggi” al Centro Arti visive Pescheria di Pesaro a cura di Alessandra Mauro e Ludovico Pratesi .

Emilia Romagna e Marche le regioni di origine dei due fotografi costituiscono nelle foto esposte una specie di trama per una ricerca compiuta nel tempo delle loro esistenze.

Il lavoro di Luigi Ghirri, 81943- 1992 ) è soprattutto sul vedere e sulla memoria, tale da “attivare nuove strategie di rappresentazione, che tengano conto del mondo esterno e dei mondi interni, del fotografo e dell’osservatore”. Con le sue fotografie compie una riflessione sull’ambiguità delle strutture dell’immagine andando alla ricerca di una visione pura, un istante zero della fotografia in grado ancora di stupire il fotografo, in modo che, lo sguardo sul mondo sia la prosecuzione di uno sguardo interiore, in cui il ricordo/nostalgia è la traccia per non dimenticarlo, per capirlo o semplicemente per riscoprirlo e rivederlo.


Gli spazi che descrive Luigi Ghirri, hanno forme e colori diversi, e tuttavia sembrano uguali in tutti i luoghi , vuoti spazi invisibili entro i quali vive la possibilità della realtà. Le sue fotografie attualizzano l’originale, conferendogli nuovo senso, e acquisiscono una vita che li rende indipendenti dal modello. La rappresentazione del mondo risolta in immagini non consiste in un semplice trasferimento, ma in un’operazione di selezione e di rapporti pertinenti.

Luigi Ghirri è il fotografo senza qualità , nelle sue immagini, come nel romanzo di Robert Musil, non si percepisce il senso della realtà ma il senso della possibilità in quanto le sue fotografie sono realtà non ancora nate, sono la capacità di pensare a tutto quello che potrebbe ugualmente essere, dando la stessa importanza a quello che è ,ma anche a quello che non è. E’ la realtà che suscita le possibilità. Per lui nulla è saldo, tutto è trasformabile, ogni sua osservazione è un’osservazione parziale, ognuna delle sue fotografie è soltanto un punto di vista, di ogni cosa non gli preme sapere che cos’è, ma solo di scoprire un secondario com’è.

L’essenziale per il fotografo Luigi Ghirri accade nelle immagini. L’irrilevante nella realtà.

Il lavoro di Mario Giacomelli (1925-2000) sconfina nell’astrazione e raccoglie i segni che la mano dell’uomo hanno lasciato sulla terra.


Il percorso di Mario Giacomelli come fotografo è probabilmente uno dei più atipici per questo grande maestro della fotografia. Nato a Senigallia nel 1925 in una famiglia poverissima, a tredici anni Mario Giacomelli comincia a lavorare in una tipografia, affascinato dalle infinite possibilità di comporre parole e immagini offerte dalla stampa. Nello stesso periodo comincia a dipingere, si appassiona di corse motociclistiche e scrive poesie. Nel 1954 acquista la sua
prima macchina fotografica. Tra il 1954 e il 1957 partecipa a numerosi concorsi fotografici in Italia. Dopo aver completato la sua prima serie "Vita d'ospizio", comincia una serie di nudi femminili e maschili che abbandona negli anni sessanta. Assalito da un'ansia investigativa sulla sua identità di narratore, Giacomelli inizia a viaggiare, ma sono solo delle escursioni in altri mondi e in altri modi di vivere più che dei veri e propri viaggi, che lo riportano alla sua infanzia e condizione sociale. Nella primavera del 1957 si reca a Scanno, un villaggio dell'Italia centrale che aveva affascinato anche Cartier-Bresson, dove Giacomelli produce capolavori quali "Il ragazzo di Scanno".


Alla nascita del figlio Neris, la famiglia si reca a Lourdes dove Giacomelli realizza delle immagini di straordinario impatto emotivo. Negli anni sessanta, Giacomelli lavora al progetto "Non ho mani che mi accarezzino il volto", universalmente conosciuto come la serie dei "Pretini", un gruppo di immagini realizzate nel seminario di Senigallia, presentate da Ferrania per la prima volta nell'edizione di Photokina di Colonia. John Szarbowsky, all'epoca direttore del dipartimento di fotografia del MOMA di New York acquista alcune immagini della serie "Scanno" e le pubblica nelvolume "Looking at Photographs: 100 Pictures from the Collection of the Museum of modern Art". Nel 1967 Giacomelli inizia uno studio sul legno. Dopo il grande successo della serie "Pretini" esposti al Metropolitan Museum e a Bruxelles, negli anni settanta Giacomelli approfondisce la sua ricerca sulla natura, con i primi scatti aerei di paesaggi, con un'incursione nel colore. Dalla fine degli anni settanta, caratterizzati da un sempre crescente legame tra fotografia, arte astratta e poesia, Giacomelli attraversa un periodo di analisi e approfondimento della propria attività artistica. Mario Giacomelli muore il 25 novembre del 2000.


Eremo Via vado di sole , L'Aquila, mercoledì 15 dicembre 2010

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