CANZONIERE : Autogrill
Quel lungo cammino iniziato anni addietro trova nella canzoni di questa matura e consapevole stagione della vita un modo di esprimere o riesprimere se stesso proprio nel momento in cui lascia Bologna per vivere con Angela e Teresa a Pàvana e proprio nel momento in cui , consumata la rottura con alcuni collaboratori , si organizza attorno una nuova squadra composta da Renzo Fantini, Bandini e Tavolazzi, Biordini, Tempera e il sassofonista Claudio Pascoli con il quali continua ancora oggi il sodalizio.
E al vertice “Bisanzio” con il suo tono apocalittico e in ambientazione storica tanto affascinante quanto inquietante. Bisanzio è una metafora tra due mondi e due aree , tra Oriente e Occidente . tra impero romano , popolazioni barbare e mondo arabo.

Tutto questo viene affinato e travasato nell’album successivo , l’undicesimo, del 1983 intitolato solo “ Guccini”, con un tono misterioso che ti mette però addosso una strana sensazione : quella della inutilità del viaggio come mezzo di conoscenza. In modo molto velato però, anzi proprio larvato, ai confini del mondo, della notte, della vita.

Magistrale l’uso della metrica che combacia con le esigenze ritmiche della struttura musicale in cui spiccano le rime eleganti le strofe che rimandano le apocopi, anche infra verso, le frequenti inversioni sintattiche , le raffinate rime al mezzo, gli endecasillabi perfetti di tipo novecentesco.La narrazione di un amore è quasi irreale , sospesa in un non precisato contesto cronotopico lontano dallo scorrere naturale e oggettivo degli eventi . Si sente l’influenza di Borges tra due registri temprali : il presente e una dimensione aliena che non viene meglio definitita. Tutto però si confonde così che la sensazione nell’ascolto è quella di un frenetico susseguirsi di eventi che poi è menzognero.
Autogrill seppure ammantato di luci notturne splende di una sua propria luce , è una breve apparizione del magico e di un altrove.
Tutto questo anche perché le “ numerose parole straniere poste in rima non fanno che acuire la sensazione, che il ritmo narrativo ispirato a un montaggio di tipo cinematografico conferma anche se il segreto del testo è tutto racchiuso in un termine chimere. L’autogrill come il porto , è un luogo di passaggio, l’ambientazione estraniante e impersonale necessaria a un’epifania contemporanea , in qualche modo post moderna. L’io narrante, osservando quella ragazza ‘bella di una sua bellezza acerba, bionda senza averne l’aria’, intravede un’inattesa possibilità di vita , ma è questione di un attimo , un istante di esitazione e l’intuizione di tramuta in una possibilità non colta . L’illusione si spezza proprio quando tutto sta per cambiare, la realtà irrompe nel sogno e non resta che ripartire. Il brano scivola leggero , scandito dall’accenno di batteria , mentre i tappeti di Vince Tempera allargano il fronte sonoro e la chitarra fa da contrappunto , consegnadoci un arrangiamento che resiste al tempo e mantiene immutato il fascino del doppio ottonario finale ‘ Le lasciai un nichel di mancia , presi il resto e me ne andai’. “

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