sabato 17 marzo 2012

STORIE E VOCI DAL SILENZIO : Lavoro minorile

STORIE E VOCI DAL SILENZIO  :  Lavoro  minorile


L'Osservatore Romano del 09/05/2010 : “ Il lavoro minorile non conosce crisi
Nel mondo ci sono ancora 215 milioni di bambini costretti ad attività spesso pericolose
Nel mondo gli unici posti di lavoro, per così dire, non a rischio sembrano quelli dei bambini. Secondo l'ultimo rapporto dell'Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), diffuso in queste ore, lo slancio alla riduzione del lavoro minorile si è infatti affievolito. "I progressi sono irregolari, non abbastanza rapidi, né sufficientemente ampi", ha commentato il direttore generale dell'Ilo, Juán Somavia.
Ancora oggi oltre 215 milioni di bambini sono costretti a lavorare, in gran parte nell'agricoltura, per la propria famiglia o per estranei, senza alcuna retribuzione. Ben oltre metà, però, cioè 115 milioni, sono impiegati in attività definite pericolose dall'Ilo, anche senza arrivare alle forme di vera e propria schiavitù, dalla servitù per debiti, alla prostituzione, al lavoro nelle miniere o in condizioni ambientali insostenibili.
Tra il 2004 e il 2008 il numero dei bambini lavoratori è sceso da 222 milioni a 215 milioni, con un calo di appena il 3 per cento, mentre tra il 2000 e il 2004 la diminuzione era stata del 10 per cento. Per alcune fasce d'età, la lotta al lavoro minorile è addirittura in regresso. In quella tra i 15 e i 17 anni è stato riscontrato infatti un aumento del 20 per cento, da 52 milioni a 62 milioni. Il maggior progresso c'è stato invece per la fascia di età tra i 5 e i 14 anni, con una riduzione significativa del 10 per cento, sia pure con dati contrastanti, sia per regioni sia per tipologie di lavoro. Per questa fascia d'età, comunque, il numero di bambini impiegati in lavori pericolosi è diminuito del 31 per cento.
Come per molti altri aspetti del sottosviluppo e dell'ingiustizia sociale, anche in questo la situazione più preoccupante è nell'Africa subsahariana, dove un minore su quattro è costretto ad attività lavorative, spesso pericolose, anche se in cifra assoluta la maggior parte dei bambini lavoratori si trovano in Asia, mentre la riduzione più significativa si è registrata nelle Americhe.
L'Ilo teme ora che la crisi globale allontani ulteriormente l'obiettivo di debellare le peggiori forme di lavoro minorile. In merito, Somavia ha però negato che la recessione economica possa essere un'attenuante o peggio una scusante per i ritardi della comunità internazionale. Il direttore dell'Ilo ha ricordato che, al contrario, proprio la necessità di contrastare la crisi offre un'occasione per attuare misure politiche efficaci per le persone, per la ripresa e per uno sviluppo sostenibile.

Il problema del lavoro minorile deriva dalla sovrapposizioni di questioni diverse come:
  • · povertà
  • · fame
  • · sottosviluppo
  • · carenze culturali e ambientali
  • · razzismo
  • · status socio-economico della famiglia
  • · composizione della famiglia
  • · malessere sociale
  • · malessere territoriale
  • · carenze politiche e dirigenziali
Il lavoro minorile incide sulla fascia più vulnerabile della società e tante volte quest’ultima
preferisce non vedere.
Il lavoro minorile è spesso invisibile perché sviluppato in luoghi nascosti, domestici, privati, chiusi;
gestito da persone legate ai bambini da vincoli stretti di parentela, amicizia, autorità; scarsamente
controllato dalle autorità preposte.
Le cause del fenomeno sono tante e complesse, come pure le conseguenze nel sociale e nel futuro
generazionale, bisogna tener presente che……
Bambini, adolescenti e giovani costituiscono una porzione statisticamente significativa della
popolazione del pianeta.
Il loro modo di crescere, pensare ed agire viene fortemente influenzato dalla società di
appartenenza.
Il potenziamento della loro riflessione critica, la responsabilizzazione, il riconoscimento della
validità del loro contributo sono i punti di forza di un percorso educativo e formativo, per incanalare
la creatività e l’impegno a favore anche dell’eliminazione del lavoro minorile.

DATI STATISTICI
ALCUNI NUMERI PER RIFLETTERE
Nel mondo
- 260 milioni di ragazzi, al di sotto dei 18 anni, ogni giorno nel mondo, sono costretti a lavorare.
- 211 milioni hanno meno di 11 anni.
- 180 milioni si trovano in pericolo di vita.
L’Asia detiene il triste primato di continente con il maggior numero di bambini lavoratori: 61 % del
totale mondiale.
In Africa il 32 % dei bambini è costretto a svolgere precocemente un’attività lavorativa.
In America Latina lavorano precocemente il 21 % dei bambini.
Nei Paesi ad economia avanzata 2,5 milioni di bambini sono economicamente attivi.
In Europa
A partire dal secolo XX, con l’introduzione graduale di un sistema educativo obbligatorio e con le
varie legislazioni nazionali, il lavoro minorile si è ridotto, soprattutto nell’Europa Occidentale.
Nel Regno Unito
Su 3 milioni e mezzo di ragazzi, da 11 a 15 anni, 1 milione e mezzo lavorano con modalità diverse,
2 milioni e mezzo di ragazzi lavorano nel periodo del raggiungimento dell’età in cui si lascia la
scuola.
Il 50 % circa dei ragazzi, tra i 13 ei 15 anni, svolge attività lavorative varie, diverse per tipologia e
durata.
In Portogallo
Per quanto riguarda questa nazione le cifre stimate, di minori che lavorano, variano tra le 24 mila e
le 200 mila unità.
In Romania
In questa nazione dell’Europa Orientale,con una popolazione di circa 23 milioni di abitanti, la
percentuale di popolazione compresa tra i 5 e i 17 anni è di 17,4 %.
È il primo paese dell’ Europa Centrale e Orientale ad aver partecipato al programma per
l’eliminazione del lavoro minorile (MOU)
All’inizio degli anni 90 la percentuale di ragazzi economicamente attivi era del 23 %, nel 1993 era
scesa al 16 %, nel 1998 era risalita al 23 %.
Ora la percentuale sta lentamente scendendo.
In Italia
Nella nostra nazione le stime sul numero dei minori, che lavorano illegalmente, oscillano tra le 200
mila e le 500 unità.
Questi dati sono stati ricavati da Bambini e adolescenti che lavorano, Quaderni del Centro
nazionale di documentazione ed analisi per l’infanzia e l’adolescenza, Istituto degli Innocenti,
Firenze, Maggio 2004.

Considerazioni
I numeri come sempre possono dire tutto o nulla.
Parlando di lavoro minorile nel mondo le cifre possono sbalordire, far riflettere, stimolare l’azione,
ma devono essere filtrate da altre considerazioni.
Le condizioni, le motivazioni, le storie lavorative variano molto da continente a continente, da
nazione a nazione.
Indubbiamente è profondamente diverso il lavoro minorile in Africa, Asia, America Latina da
quelle che possono essere le attività lavorative dei ragazzini europei.
All’interno della stessa Europa le storie nazionali determinano diverse tipologie di lavoro minorile.
Nei Continenti sopra citati i bambini lavorano in condizioni estreme, nelle discariche, sulla strada,
ovunque vi sia la possibilità di guadagnare qualche cosa per la propria sopravvivenza e quella della
famiglia.
La maggior parte di essi non ha mai messo piede in una aula scolastica ed è probabile che non lo
farà mai.
Per quei bambini è più corretto parlare di schiavitù e sfruttamento, piuttosto che di lavoro minorile.
In Europa Centro-Orientale la situazione è ancora diversa, i processi di trasformazione sociale e
politica, le transizioni verso un’economia di mercato e una società democratica generano situazioni
instabili, nelle quali i bambini sono come sempre i soggetti più deboli e dipendenti.
In queste nazioni le tipologie di lavoro minorile oscillano tra situazioni estreme di sfruttamento e
degrado, legate alle percentuali di persone classificate “povere” e forme di attività economiche più
vicine alle caratteristiche dell’Europa Occidentale.
Qui in Italia, fino alla Seconda Guerra Mondiale e nell’immediato dopoguerra, i ragazzini
lavoravano, sia a causa dell’inadeguatezza del reddito della famiglia, sia per fronteggiare bisogni
primari, sia per specifiche situazioni socio-economiche.
Ora i legami tra lavoro minorile e povertà sono più rari e spesso legati alle nuove forme di
migrazione.
Il lavoro minorile nella sua forma “peggiore” si è ridotto lentamente e gradualmente, anche se non è
scomparso.
È diffusa inoltre l’idea di “valore educativo del lavoro”, sia nella forma di part- time, sia in altre
forme, come l’aiuto in casa o in aziende familiari e piccoli lavori saltuari, fuori dall’orario
scolastico o durante le vacanze.
Nelle aree rurali e tra gli artigiani, gli adulti sottolineano il valore socializzante e formativo del
lavoro, per acquisire capacità ed esperienze, trasmesse tradizionalmente con l’esercizio e
l’apprendistato.
La variabile educativa emerge anche nei casi di insuccesso scolastico, l’attività operativa è usata
come strumento di formazione per crescere ed acquisire senso di responsabilità.
In fase di approfondimento, almeno per quanto

 Fonte
http://www.centrodirittiumani.unipd.it/scuola0304/xvcorso/perfezionamento/deboni/deboni.pdf

Eremo Via vado di sole, L'Aquila, sabato 17 marzo 2012

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