 Per  Michele Vianello, direttore generale di Vega Park: “ la città  intelligente è un luogo dove le persone hanno a disposizione in modo  diffuso, condividendola e implementandola, la conoscenza.”
Per  Michele Vianello, direttore generale di Vega Park: “ la città  intelligente è un luogo dove le persone hanno a disposizione in modo  diffuso, condividendola e implementandola, la conoscenza.”Il mio è il sogno di una città intelligente. Finalmente il Governo affronta in modo non episodico il tema delle città intelligenti. Così ha annunciato il ministro Profumo.
Bene, era ora.
Volutamente non uso il termine smart cities.Se guardate sui motori di ricerca i concetti a cui è associato il termine smartcities (nelle sue diverse declinazioni), trovate prodotti e vendors. Cosa intendiamo per intelligenza in una città?
A me piace molto dare questa definizione: la città intelligente è un luogo dove le persone hanno a disposizione in modo diffuso, condividendola e implementandola, la conoscenza. In fin dei conti, il web oggi custodisce infinite quantità di conoscenza.
 La  conoscenza è figlia dei nostri dialoghi e delle nostre attività in  rete. Quando utilizziamo Twitter o Facebook per parlare tra di noi della  nostra città generiamo conoscenza, quando postiamo un video su You Tube  generiamo conoscenza. E così, quando partecipiamo alla stesura di una  voce su wikipedia generiamo conoscenza. Rifletteteci bene, anche il  contatore automatizzato usato da Enel per verificare l’uso di energia  nella nostra abitazione genera conoscenza. Il limite, semmai, è che  questa conoscenza non è condivisa.
La  conoscenza è figlia dei nostri dialoghi e delle nostre attività in  rete. Quando utilizziamo Twitter o Facebook per parlare tra di noi della  nostra città generiamo conoscenza, quando postiamo un video su You Tube  generiamo conoscenza. E così, quando partecipiamo alla stesura di una  voce su wikipedia generiamo conoscenza. Rifletteteci bene, anche il  contatore automatizzato usato da Enel per verificare l’uso di energia  nella nostra abitazione genera conoscenza. Il limite, semmai, è che  questa conoscenza non è condivisa.Questa visione umanistica (olistica)restituisce alla figura umana un ruolo centrale nella città intelligente. Posso sembrare pedante,ma l’idea di città intelligente che si è consolidata è figlia dell’attività dei vendors di prodotti IT.
La città intelligente non è software e hardware, non è un assemblaggio stocastico di “innovazione”. La città intelligente è il luogo dove gli esseri umani usano consapevolmente (perché la consapevolezza è una facoltà che appartiene solo al genere umano) software e hardware, attingono alla conoscenza condivisa, generano essi stessi conoscenza. La città intelligente è un luogo di governance molto forti. Uso il termine governance perché l’innovazione-veloce e disruptive nell’epoca del web- va governata e pianificata.
 I processi di innovazione in un ambiente urbano hanno come protagonisti svariati soggetti sia pubblici che privati. Ecco  perché uso il termine governance, un’entità, una condizione figlia di  processi di condivisione, di capacità di previsione, di volontà di  favorire il nuovo. Che cos’é il cloud computing in una città  intelligente. Una semplice repository di dati? Io preferisco parlare di  “social cloud”- il cloud computing di una città intelligente – come  luogo in cui piattaforme di crowdsourcing mettono in relazione dati che  provengono da fonti diverse generando una ricca catena di valore sociale  ed economico.
I processi di innovazione in un ambiente urbano hanno come protagonisti svariati soggetti sia pubblici che privati. Ecco  perché uso il termine governance, un’entità, una condizione figlia di  processi di condivisione, di capacità di previsione, di volontà di  favorire il nuovo. Che cos’é il cloud computing in una città  intelligente. Una semplice repository di dati? Io preferisco parlare di  “social cloud”- il cloud computing di una città intelligente – come  luogo in cui piattaforme di crowdsourcing mettono in relazione dati che  provengono da fonti diverse generando una ricca catena di valore sociale  ed economico.La città intelligente è un luogo dove dati cartografici digitalizzati vengono “mesciati” (mashup)con le notizie rilevate da un sensore della qualità dell’aria rilevate dal nostro iPhone. Questi dati“arricchiti” vengono a loro volta mesciati con i nostri commenti su Facebook, vengono taggati su Flickr. La conoscenza così arricchita e resa disponibile (un cloud pubblico) è la base perché la governante attui scelte consapevoli e condivise.
Cosa c’entra tutto ciò con le scelte che dovrà attuare il ministro Profumo, si chiederanno i più?
Temo fortemente che una visione tutta “macchine” e “software”come quelle oggi prevalenti ci potrebbe indurre in errori grossolani. Vedo quindi finanziare produzioni di sensori, un pò di QRcode, hot spot wifi.
Ovvioche c’é un disperato bisogno di favorire lo sviluppo di una spesa e di una produzione IT.
Figuratevi se non ritengo necessario- improcastinabile – un investimento massiccio per infrastrutturale le aree urbane. Personalmente non andrei mai ad abitare in un luogo dove non ci sono le condizioni infrastrutturali per essere collegati al web. Ma ciò non sarà mai sufficiente per dire “questo è un ambiente urbano intelligente”. La città intelligente è il luogo che cambia il nostro modo di vivere. Se la conoscenza virtualizzata è diffusa ed accessibile viene meno una delle costanti della città contemporanea. Mi riferisco alla contestualizzazione dei luoghi e del tempo. Oggi, l’idea di attività lavorativa è legata ad un orario e ad un luogo.
Ma, se la conoscenza è disponibile in ogni luogo, viene meno l’obbligo indissolubilmente a legare spazio e tempo. Le attività possono essere decontestualizzate generando benefici immensi per l’ambiente. Questo è il mio sogno, la mia visione di una città intelligente.
D’altronde le volontà di riforma devono essere sorrette da una visione da “pensieri lunghi”.

Ma  forse l’alternativa è quella della creatività delle mani. O per lo meno  è una pari dignità di azione che serve a recuperare il senso, il  significato e il valore di una città che deve comunque rinascere. 
 Si  dice che i periodi di grande crisi – economica, culturale, di valori –  siano il terreno più favorevole per riflettere e mettere in discussione  ciò che a lungo abbiamo dato per scontato. Fra i temi che oggi vengono  dibattuti c’è l’idea di creatività. Per anni si è diffusa la tesi per  cui una nuova classe creativa fatta di professionisti, intellettuali,  artisti e designer avrebbe preso le redini di uno sviluppo economico  fondato su un’idea di innovazione più legata alla vita degli  uomini e meno a quello di progresso. L’idea di creatività continua a  convincere. Il problema è che probabilmente dobbiamo rivedere i criteri  con cui comporre la classe dei creativi. Certo, c’è chi lavora con le  idee, chi sa comunicare, chi progetta e chi fa calcoli. La novità, che  Stefano Micelli racconta nel suo libro “Futuro Artigiano. L’innovazione  nelle mani degli italiani”, è che fra i creativi dobbiamo aggiungere  anche chi grazie al saper fare manuale è in grado di tradurre queste  idee in oggetti grazie a tecniche e gesti ereditati dal passato.
Si  dice che i periodi di grande crisi – economica, culturale, di valori –  siano il terreno più favorevole per riflettere e mettere in discussione  ciò che a lungo abbiamo dato per scontato. Fra i temi che oggi vengono  dibattuti c’è l’idea di creatività. Per anni si è diffusa la tesi per  cui una nuova classe creativa fatta di professionisti, intellettuali,  artisti e designer avrebbe preso le redini di uno sviluppo economico  fondato su un’idea di innovazione più legata alla vita degli  uomini e meno a quello di progresso. L’idea di creatività continua a  convincere. Il problema è che probabilmente dobbiamo rivedere i criteri  con cui comporre la classe dei creativi. Certo, c’è chi lavora con le  idee, chi sa comunicare, chi progetta e chi fa calcoli. La novità, che  Stefano Micelli racconta nel suo libro “Futuro Artigiano. L’innovazione  nelle mani degli italiani”, è che fra i creativi dobbiamo aggiungere  anche chi grazie al saper fare manuale è in grado di tradurre queste  idee in oggetti grazie a tecniche e gesti ereditati dal passato. Partendo dagli spunti di Richard Sennet e di Mathew Crawford, autori dei best seller L’uomo artigiano e Il lavoro manuale come medicina dell’anima,  Micelli propone il racconto di storie di artigiani italiani che non  lavorano nelle botteghe dei centri storici, ma che – al contrario – sono  parte integrante del funzionamento di gran parte del Made in Italy,  dalle grandi imprese del lusso alla meccanica di precisione, dalla moda  alla produzione di macchine utensili.  Il libro propone una carrellata  sorprendente di competenze artigiane inserite nella realtà  imprenditoriale contemporanea,  caratterizzate da capacità di rinnovamento e da una nuova  consapevolezza. Nel resoconto di Micelli ci sono anche i piccoli: ci  sono i modellisti indipendenti che lavorano per le grandi case di moda,  gli artigiani che sostengono il lavoro di progettisti e dei designer, i  maestri dell’artigianato artistico. Si può rimanere artigiani e rimanere  sul mercato senza crescere in dimensione, dice Micelli, ma la scommessa  rimane comunque quella di diventare globali.
Partendo dagli spunti di Richard Sennet e di Mathew Crawford, autori dei best seller L’uomo artigiano e Il lavoro manuale come medicina dell’anima,  Micelli propone il racconto di storie di artigiani italiani che non  lavorano nelle botteghe dei centri storici, ma che – al contrario – sono  parte integrante del funzionamento di gran parte del Made in Italy,  dalle grandi imprese del lusso alla meccanica di precisione, dalla moda  alla produzione di macchine utensili.  Il libro propone una carrellata  sorprendente di competenze artigiane inserite nella realtà  imprenditoriale contemporanea,  caratterizzate da capacità di rinnovamento e da una nuova  consapevolezza. Nel resoconto di Micelli ci sono anche i piccoli: ci  sono i modellisti indipendenti che lavorano per le grandi case di moda,  gli artigiani che sostengono il lavoro di progettisti e dei designer, i  maestri dell’artigianato artistico. Si può rimanere artigiani e rimanere  sul mercato senza crescere in dimensione, dice Micelli, ma la scommessa  rimane comunque quella di diventare globali. Eremo Via vado di sole, L'Aquila, lunedì 26 Marzo 2012
Eremo Via vado di sole, L'Aquila, lunedì 26 Marzo 2012 
 
 

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