martedì 1 maggio 2012

CONFINI : Chimica

CONFINI  : Chimica

Dal telescopio spaziale ai cellulari, dall'acceleratore Lhc ai pannelli fotovoltaici, dalle auto ibride ai satelliti del Gps, il nostro mondo è il trionfo delle teorie fisiche - gravitazione, elettromagnetismo, relatività, meccanica quantistica - sulle quali si basano queste meraviglie tecnologiche. Ma chi dobbiamo ringraziare per le leghe metalliche, le fibre di vetro e di carbonio e tutti gli altri materiali che compongono questi oggetti, e senza i quali quelle teorie sarebbero rimaste tali?

La chimica. Una scienza che, nonostante abbia cambiato più di ogni altra il nostro modo di vivere, di rado raggiunge le luci della ribalta e, quando lo fa, è spesso perché se ne parla in modo negativo. Bene, il momento di celebrarla è giunto: il 2011 sarà l'anno della chimica, deciso dall'Unesco per ricordare il lavoro delle migliaia di ricercatori senza i quali non avremmo i 70 mila prodotti che, sotto forma di detersivi, plastiche, farmaci, coloranti, gomme, filati, profumi e colle, riempiono le nostre case.
«Una delle ragioni per cui la chimica ha un ruolo pubblico così dimesso» spiega Maria Chiara Montani, che nel saggio Sposare gli elementi (Sironi, pp. 192, euro 16) ripercorre la storia di questa scienza, «sta forse proprio nel suo occuparsi soprattutto di cose molto pratiche». Così, quando si pensa al prototipo dello scienziato, vengono in mente Einstein, Darwin, Galileo o Newton. Ben pochi ricordano invece chimici come Marie Curie, la franco-polacca che sacrificò la sua vita alla ricerca dei primi elementi radioattivi, o Dimitrij Mendeleev, che ordinò in un sistema periodico (la sua famosa tavola) il caos degli elementi. E forse a nessuno verrebbe in mente Fritz Haber. Eppure, senza questo chimico tedesco, molti di noi oggi non esisterebbero, perché fu lui a inventare, nel 1910, un processo per sintetizzare dall'azoto dell'aria l'ammoniaca, con cui preparare quei concimi artificiali che hanno moltiplicato esponenzialmente la produzione di cibo, e quindi  le possibilità di sviluppo demografico.

«La storia di Frìtz Haber» avverte Montani «spiega però anche la ragione per cui della chimica spesso si diffida. Il processo Haber fu infatti usato per la fabbricazione di esplosivi bellici, mentre il suo inventore, nella prima guerra mondiale, lavorò sui gas asfissianti». Haber, in seguito, fuggì dalla Germania, in quanto ebreo, ma, come per una tremenda nemesi, dalle sue ricerche sul cianuro discese il Zyclon B, il gas usato per sterminare il suo popolo ad Auschwitz.
La faccia negativa della chimica è stata messa in evidenza soprattutto negli ultimi cinquant'anni, quando le sono stati imputati inquinamento, produzione di sostanze cancerogene e grandi disastri industriali, come Seveso o Bhopal. « i chimici, come del resto tutti gli altri scienziati del secolo scorso» spiega Vincenzo Barone, professore di chimica teorica alla Normale di Pisa e presidente della Società chimica italiana, «sono stati travolti dal loro stesso successo. Hanno sintetizzato le molecole più efficienti per gli scopi che man mano arrivavano alla loro portata, dal debellare  la malaria al costruire oggetti resistenti ed economici, senza valutare quali conseguenze avesse l'immissione di queste nuove molecole nell'ambiente.

Una visione più ampia ha cominciato ad affermarsi solo dagli anni Sessanta in poi». Ora, dopo decenni di polemiche, la chimica sembra aver recepito il messaggio, soprattutto in Europa, dove ci sono le leggi di tutela ambientale più stringenti, culminate nella normativa Reach, che prevede test di tossicità e compatibilità ecologica per ogni sostanza chimica che esca dalle industrie.
«Oggi» continua Barone «la chimica è pronta ad andare anche oltre. I processi che usano come materia prima il petrolio possono essere riconvertiti per utilizzare fonti rinnovabili e si possono progettare sistemi integrati, in cui lo scarto di un'industria diventa la materia prima di un'altra. Spetta però alla politica il compito di creare le condizioni che consentano a questa nuova chimica verde di affermarsi».
La chimica sostenibile è anche una delle maggiori speranze per il futuro dell'industria italiana di questo settore, che, persi i grandi gruppi industriali, deve ritagliarsi nicchie di eccellenza, per sopravvivere alla concorrenza asiatica. Le plastiche biodegradabili, i prodotti per la bioedilizia, la concia ecologica delle pelli sono esempi del risultati raggiunti dalla nostra chimica, tutt'altro che morente, come spesso si sente dire. Restiamo il terzo gigante del settore in Europa, dopo Germania e Francia, con 57 miliardi di fatturato, e un tessuto produttivo spezzettato però fra oltre 3600 aziende.

«Aziende di questo tipo» spiega Barone «pur essendo vitali e creative, hanno il limite di non poter affrontare da sole i costi della ricerca, motore dell'innovazione. Per questo è importante spingere verso la creazione di distretti tecnologici, in cui consorzi di piccole industrie utilizzano le potenzialità di ricerca universitarie, che hanno già dato buoni risultati in molte aree del Paese».
Ma non c'è solo l'innovazione sui prodotti. Fondamentale per la chimica è che continui la ricerca pura, capace di portare a rivoluzioni tecnologiche epocali. «Nei settori più avanzati» spiega Barone «ormai chimica, fisica e biologia si mescolano in modo inestricabile. L'ingegneria genetica, per esempio, è chimica quando interviene sulle molecole del Dna, ma diventa biologia quando le inserisce in cellule viventi. lo stesso lavoro al confine fra chimica e informatica: creando al computer molecole di potenziali farmaci, posso simularne le interazioni con altri componenti delle cellule viventi, e valutarne il potenziale curativo risparmiando la vita delle cavie, tempo e denaro».
Un altro campo di frontiera della chimica sono i materiali «nanostrutturati», quelli che, ridotti a dimensioni di pochi atomi, rivelano proprietà insospettate. «Un esempio è la comune grafite» spiega Valeria Nicolosi, trentatreenne chimica siciliana. «Ridotta in fogli dello spessore di un solo atomo, diventa grafene, un ma¬teriale più resistente dell'acciaio, straordinario conduttore elettrico, impermeabile ai gas, traspa¬rente e dotato di tante altre sorprendenti qualità».

Nicolosi ha elaborato un metodo per produrre grandi superfici di fogli monoatomici, non solo di grafene ma anche di altri 150 elementi e composti, con infinite applicazioni pratiche. I suoi risultati, pubblicati su Science, hanno suscitato grande interesse. Purtroppo, non li ha ottenuti a Catania, dove si è laureata, ma a Oxford. «Non mi ha fatto piacere andare via dall'Italia» ricorda Nicolosi, «ma se fossi rimasta, forse oggi farei fotocopie per qualche professore, non avendo trovato i mezzi per svolgere una ricerca seria. Prima in Irlanda, e poi in Inghilterra, invece, di fronte ai primi risultati dei miei studi, mi hanno offerto la massima disponibilità. A Oxford mi è stato affidato un budget di quasi tre milioni di sterline, che mi ha permesso di assumere dodici colleghi, con i quali sto già testando un nuovo tipo di batteria a fogli monoatomici, dalla vita molto più lunga di quelle attuali, e materiali che trasformano il calore in elettricità».
La chimica, quindi, è più vitale che mai e, come sempre, lavora per risolvere i nostri problemi. Ma bisogna darle i mezzi necessari per correre verso il futuro, anche trovando il coraggio di chiudere con il passato. «Qui ad Oxford» conclude Nicolosi «hanno eliminato le aree di ricerca di metallurgia e petrolchimica, perché ormai considerati improduttive, concentrando le risorse sui campi di maggior futuro. Oggi, in Italia, sarebbe possibile farlo?».

Alex Saragosa  Nell’anno che celebra la chimica cambia la sua formula : da tossica a sostenibile  Il Venerdì di Repubblica  25 marzo 2011

Eremo Via vado di sole, L'Aquila, martedì 1 maggio 2012

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