giovedì 31 maggio 2012

ET TERRA MOTA EST : IL PRIMO PROGETTO DI CASA ANTISISMICA NASCE A FERRARA NEL 1571

ET TERRA MOTA  EST  :  IL PRIMO PROGETTO DI CASA ANTISISMICA NASCE A FERRARA NEL 1571

Chi l’avrebbe mai detto?  Veniamo da una grande civiltà abitativa di geniali e innovativi architetti-costruttori ma questa non se lo aspettava nessuno. Si riteneva che la prima casa antisismica, elaborata teoricamente fosse la gaiola portoghese, ideata dopo il terremoto di Lisbona del 1755, poi tornata di moda come casa baraccata, dopo i terremoti  della Calabria del 1783-1784.

Invece, più di due secoli prima, nel 1571, ci pensò Pirro Ligorio, architetto ed erudito illustre, già successore di Michelangelo come responsabile della fabbrica di San Pietro. Una vetta del sapere costruttivo. Nel suo Libro, o Trattato de’ diversi terremoti (codice 28 delle Antichità Romane, Archivio di Stato di Torino) si pose il problema:  ma perchè le case cadono con i terremoti? Perchè non ci si difende?  Se lo chiese camminando per una Ferrara semi distrutta dal un forte terremoto, accaduto appena due anni dopo al suo arrivo alla corte estense, nel novembre 1570.



L’ultima parte del suo trattato si intitola in modo inequivocabile: Rimedi contra terremoti per la sicurezza degli edifici. Egli motiva e disegna questa casa, che non ha precedenti nella cultura occidentale, e che si fonda sull’idea, davvero inusuale a quei tempi, che gli edifici possano resistere anche ai colpi trasversali inferti dai terremoti, non solo ai carichi verticali.
Una convinzione guida Pirro Ligorio in questo percorso: ossia che i terremoti non sono forze oscure e ineluttabili, ma stanno entro il campo della ragione e dell’umano capire: infatti come i terremoti accadono, dove e quali danni fanno è pertinenza della razionalità umana, perché, sostiene Ligorio, difendersi dai terremoti è un dovere dell’intelletto umano. Fa pensare il rimedio: costruire bene, costruire seguendo delle regole, ossia con scrupolo e preveggenza, pensando al futuro.  Un concetto che la nostra cultura italiana si è persa purtroppo alle spalle...

(il trattato è stato edito nel 2006 a cura di E. Guidoboni, coadiuvata da A. Cristofori e A. Comastri, De Luca editore, Roma). (1)




Domenica 20 maggio E’ accaduto da poche ore: un terremoto di magnitudo 5.9 o 6, secondo gli ultimi calcoli, alla profondità di circa 10 km, ha colpito il nord del ferrarese, un’area che aveva di sé un’immagine
non sismica, espressa dalla cultura diffusa e dalla resistenza e quasi sottovalutazione, con cui i suoi amministratori hanno spesso trattato questo tema. Quando si perde la memoria di eventi distruttivi del passato, come i terremoti, quando i risultati delle ricerche non vengono diffuse, si perde anche la percezione del rischio a cui si è esposti. Questo terremoto del ferrarese è un’amara dimostrazione: la maggior parte della popolazione non era consapevole di trovarsi in un’area sismica.
Un fulmine a ciel sereno.

Non basta quindi che qualcuno studi i terremoti del passato, che i risultati circolino in ambienti ristretti per formare la consapevolezza del rischio. Anzi, questi dati, passando fra culture diverse e poco comunicanti, come quella scientifica e quella storica, rischiano di essere scarsamente capiti e contestualizzati da chi poi li dovrebbe rendere noti.  Ridotti a meri parametri numerici, i risultati degli studi storici non dicono molto del potenziale distruttivo che indirettamente indicano, dei costi sociali ed economici che quei numeri dovrebbero richiamare alla mente, per trovare soluzioni, per vigilare.
E’ la “memoria consapevole” che può quindi stimolare un efficace e responsabile controllo sulla qualità delle costruzioni, a partire da quelle in cui si abita, dei monumenti e delle vetuste costruzioni con cui si convive e a cui è legata la propria memoria individuale. Chiese, torri, rocche: le vogliamo conservare?
Anche terremoti di elevata magnitudo non sarebbero necessariamente dei disastri, a condizione di accadere in società preparate a sostenere questa sfida.



Se prevedere è ricordare
Di questi paesi del ferrarese le cronache di oggi ci mostrano  desolati crolli, crepe sulle case, lesioni, muri lacerati di alcune costruzioni, capannoni crollati. Ancora non abbiamo un bilancio dei danni, oltre a quello delle cinque persone decedute e dei primi video. Per questi paesi, per Sant’Agostino in particolare, ai margini del grande bosco della Panfilia – uno dei rari boschi di pianura sopravvissuti – ho girato in bicicletta da bambina, e spesso ritorno ad esplorare questa pianura ampia e bellissima, piena di storia, strappata in molti punti alle acque delle esondazioni ricorrenti nella sua storia. Una terra che solo da alcuni decenni è stata regolamentata e resa florida, dopo secoli di perdite e di tormentosi abitare. Una terra i cui abitanti hanno l’attenzione nel DNA.  E i  suoi abitanti sono ben capaci di risolvere i problemi che questa terra pone. Ma i caratteri sismici non si vedono, né i terremoti si valutano prima che accadano. Però la storia ci mette in condizione di conoscere i danni già indotti. Però le scienze della Terra ci possono dare altre informazioni.

Però chi sa deve preoccuparsi di far sapere. E quindi deve essere ben chiaro che la trascuratezza sul rischio sismico e la sua sottovalutazione finisce per essere fortemente una responsabilità di chi amministra, e non ci sono deleghe e alibi.
E’ la responsabilità di chi deve informarsi e informare, e poi scegliere per altri. Se governare è prevedere, mai come nel caso dei caratteri sismici si deve aggiungere che prevedere è ricordare ciò che è già accaduto in passato. E qui, nel ferrarese, di terremoti ce ne sono stati già molti.


Fonte Il terremoto del 20 maggio 2012 del ferrarese .Un rischio sottovalutato di Emanuela Guidoboni (2)



Forti terremoti e ricostruzioni: la “catena” dei  disastri sismici
Nelle ricostruzioni si è sempre giocato il progetto di futuro che le società colpite sono state in grado di esprimere. In Italia le ricostruzioni totali di interi abitati (paesi e città) sono state negli ultimi cinque secoli molte centinaia. La ricostruzione è una fase delicata e poco nota della storia dei siti e degli assetti sociali ed economici delle aree colpite. La ricostruzione, anche oggi come in passato, non è solo la riparazione materiale o la ricostruzione ex novo di edifici: implica scelte, progetti, risposte.
Conservare o abbandonare sono stati nel lungo periodo i due poli entro cui si sono susseguite le ricostruzioni nella storia del nostro paese. Mai si è ricostruito tutto, mai si è abbandonato tutto. I segni di tali “scelte” sono rimasti nel paesaggio, nel patrimonio edilizio storico, nelle forme urbanistiche e persino nella forma delle reti abitative.  “Scelte” è tuttavia un termine che non esprime la realtà degli avvenimenti. Le ricostruzioni non sono infatti il risultato di atti dirigistici di volontà, ma di orientamenti politici e di contingenze culturali ed economiche, di opportunità, interessi, aspettative, ma anche di disponibilità tecnologiche e di conoscenze scientifiche e pratiche. Conoscere la storia delle ricostruzioni significa conoscere meglio la storia dei luoghi e dell’Italia.
Questa sorta di selezione, fra ciò che si è conservato e ciò che si è perso, ha dipeso in passato  dalle scelte amministrative e di governo, dai mezzi economici messi a disposizione, ma anche dalle prassi amministrative del tempo (che possono aver facilitato o ostacolato una ripresa): solo in tempi molto recenti, e non sempre, ha contato anche la volontà delle popolazioni colpite di scegliere “come” ricostruire. Nelle ricostruzioni si è comunque giocato il progetto di futuro, che una società è stata in grado di esprimere. Nel tempo breve (alcuni anni) e medio (diversi decenni) si possono storicamente rilevare anche altri fattori di grande importanza, quali la capacità o meno di una società di razionalizzare il terremoto e di sviluppare forme di adattamento, ossia di prevenzione. Le risposte al disastro sismico possono delinearsi come forme di adattamento se tendono a mitigare gli effetti di altri terremoti futuri.
Su questo aspetto ogni epoca ha elaborato un suo pensiero. I terremoti che negli anni sono accaduti nelle stesse aree hanno in un certo senso “collaudato” il patrimonio edilizio e la qualità di una ricostruzione precedente.

LE RICOSTRUZIONI DOPO UN TERREMOTO:  un nodo storico quasi sconosciuto della storia d’Italia  di Emanuela Guidoboni  (3)
  Fonte  ( 1 )   (2 )  (3) http://www.centroeedis.it/articoli/casa_antisism.html

Eremo Via vado di sole, L'Aqiuila, giovedì 31 maggio 2012

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