sabato 11 dicembre 2010

SILLABARI : Rischio

SILLABARI : Rischio


In Italia sono ben 3.671 i Comuni a rischio idrogeologico, il 45% del totale. Le Regioni più colpite sono la Lombardia (687 comuni a rischio), il Piemonte (651), la Campania (291) e l’Abruzzo (208), mentre in Umbria, Basilicata, Molise, Liguria e Valle d’Aosta è a rischio oltre il 70% dei comuni. Solo negli ultimi 10 anni si sono verificati ben 12.993 eventi idrogeologici “problematici”, di cui sei catastrofici, e nell’ultimo trentennio frane e alluvioni hanno provocato oltre 3.500 vittime (più di 9 morti al mese) e almeno 50 miliardi di euro di danni.

Le cause del dissesto idrogeologico sono da ricercarsi nella fragilità del territorio, nella modificazione radicale degli equilibri idrogeologici lungo i corsi d’acqua e nella mancanza d’interventi manutentori da parte dell’uomo soprattutto nelle aree montane in abbandono dove non si esercitano più le tradizionali attività agricole e forestali.

Il WWF denuncia che, nell’arco di tre anni, il bilancio del Ministero dell’ambiente è stato decurtato del 60% passando da 1,2 miliardi di euro a soli 514 milioni di euro, cifra che lo pone all’ultimo posto tra i dicasteri senza portafoglio.

Anche altri dicasteri come il Ministero per i beni e le attività culturali e quello delle Politiche agricole subiranno tagli tra il 20%-30% ma “la situazione economico-finanziaria del Ministero dell’Ambiente è unica e drammatica. Le cose sono talmente gravi da mettere in discussione il ruolo stesso di questo dicastero, la possibilità materiale d’incidere nelle politiche, di contare nei contesti internazionali, di guidare ed indirizzare le azioni settoriali d’interesse nazionale anche in ambiti delicati che riguardano la vita delle persone come quelli della difesa suolo e dell’assetto idrogeologico. Occorre al più presto equilibrare la ripartizione dei tagli su tutti i Ministeri in modo che la manovra sia più equa e non vessatoria rispetto al Ministero dell’Ambiente.” commenta il Presidente del WWF, Stefano Leoni.



Nel dossier si denuncia inoltre il taglio dell’81% dei fondi per gli interventi di prevenzione del dissesto idrogeologico per il 2011, fondi necessari per prevenire o almeno limitare i danni provocati ad esempio dalle ultime alluvioni.

Secondo il WWF i cinque passi fondamentali per ridurre il rischio di dissesto idrogeologico sono:

1) Istituire le Autorità di distretto, come previsto dalle direttive europee (dir 2000/60/CE “Acque”, 2007/60/CE “Rischio alluvionale”), conferendo loro un ruolo vincolante per il coordinamento delle misure e degli interventi di difesa del suolo e di qualità delle acque a livello di bacino idrografico;

2) riferirsi al bacino idrografico – e non ai confini amministrativi delle Regioni – per qualsiasi programma di difesa del suolo, manutenzione del territorio e di tutela e gestione delle acque;

3) Ripristinare i finanziamenti ordinari per la difesa del suolo drasticamente tagliati anche nell’ultima finanziaria;

4) Garantire l’interdisciplinarietà nella progettazione delle misure e degli interventi di difesa del suolo: la solo ingegneria idraulica, infatti, è totalmente insufficiente ed è necessario progettare anche con competenze di idrogeologia, ecologia, scienze forestali, pianificazione….

5) Avviare un’azione diffusa di rinaturazione del territorio –come sta avvenendo nei più grandi bacini europei come la Loira, il Reno, il Danubio, la Drava… - basata sul recupero della capacità di ritenzione delle acque in montagna (rimboschimenti, governo delle foreste sostenibile) e sul recupero delle aree di esondazione naturale in pianura (ampliamento delle aree golenali, ripristino e ricostruzione zone umide….)

Queste cinque azioni se portate avanti in modo serio possono contribuire ridurre drasticamente il rischio idraulico in Italia.

Eventi meteorologici violenti “evidenziano la drammatica situazione di vulnerabilita’ per il territorio italiano (negli scorsi 9 mesi, le situazioni piu’ gravi in Sicilia, Calabria, Toscana, Campania), cui non e’ garantito un’adeguata sicurezza idrogeologica”. Nei piu’ recenti 80 anni, segnala l’Associazione nazionale bonifiche e irrigazioni- Anbi, “si sono registrate ben 5.400 alluvioni e 11.000 frane”. Secondo il ministero dell’Ambiente, “il 68,6% dei comuni (in Valle d’Aosta, Umbria, Molise, Calabria e Basilicata e’ il 100%) ricade in aree classificate ad alto rischio idrogeologico, che interessano il 7,1% della superficie del paese (2.150.410 ettari)”. In tutto cio’, “ci sono ben 3.458 scuole e 89 ospedali minacciati da frane o inondazioni”.

Partendo dal rapporto di Legambiente “Ambiente Italia 2010 “ Paola Mammarella scrive :

Il quadro tracciato da Legambiente mostra un Paese bloccato, caratterizzato da buone pratiche sparse ed esempi problematici a causa dei quali non si riesce a fare sistema. Complici di questa situazione le Regioni, che spesso non esercitano le competenze esclusive in settori delicati.

Sono molteplici gli obiettivi di cambiamento e sviluppo.

Energia: L'Italia entro il 2020 dovrebbe arrivare al 17% di produzione da fonti rinnovabili rispetto all’attuale 5,2%, agendo quindi sui consumi per elettricità, riscaldamento, raffrescamento e incentivando l’utilizzo dei biocarburanti. Oggi, invece, con 550 milioni di tonnellate di anidride carbonica, è il terzo Paese europeo per emissioni.

Dissesto idrogeologico: Il 70% dei Comuni italiani è a rischio idrogeologico. In vetta alla classifica regionale si posizionano la Sicilia, col 93% di comuni sottoposti al pericolo del dissesto, la Toscana col 91% e la Sardegna, dove interi quartieri residenziali sono stati costruiti in zone a rischio. In Sicilia e Toscana, inoltre, le “zone rosse” ospitano anche vari insediamenti industriali. L'eccessiva antropizzazione delle aree di esondazione naturale dei corsi d'acqua e dei versanti franosi e instabili rappresenta un rischio ulteriore. La sfida consiste quindi nell'adeguare le politiche regionali per la tutela e la prevenzione del rischio adeguando le mappe, pianificando la lotta agli illeciti ambientali e demolendo gli immobili abusivi, delocalizzando rapidamente i beni attualmente esposti al pericolo di frane e alluvioni. Consumo di suolo: Il processo di trasformazione di suoli agricoli e boschivi ad usi urbani a ritmi elevati ha generato un impatto rilevante. Il boom dell'edilizia residenziale dal 1994 ad oggi ha portato a realizzare oltre 11 milioni di stanze a fronte di una popolazione in leggerissima crescita. Questa edilizia speculativa non ha però risolto il disagio abitativo. Dato che nessun ente monitora il consumo di suolo e definisce una chiara politica, la materia dovrebbe entrare nell'agenda politica delle Regioni perché queste hanno competenza esclusiva in campo urbanistico. E' necessario dare priorità al recupero delle aree già urbanizzate, fissare dei tetti massimi di nuove aree trasformabili, fermare la localizzazione di insediamenti commerciali e residenziali fuori dalla pianificazione urbanistica e dei trasporti, obbligando la compensazione ecologica degli impatti con la creazione di nuovi boschi.

Aree protette: Parchi, riserve nazionali e regionali, coprono oltre il 10,27% del territorio. Sono 827 aree che formano uno ricco esempio di biodiversità. Inquinamento e crescita edilizia sottopongono le aree a rischio degrado. Problema aggravato dall'assenza di investimenti in politiche di valorizzazione, recupero e conservazione a causa della continua riduzione di risorse: i parchi nazionali ricevono complessivamente il 25% in meno di risorse rispetto al 2001. Diventa necessario individuare risorse pubbliche certe per gli investimenti e forme di autofinanziamento che coinvolgano i privati in un progetto di rete ecologica nazionale. Rifiuti: Per un sistema maggiormente sostenibile sarebbe necessario abbandonare il vecchio modello basato sullo smaltimento in discarica a favore dell'adozione del principio delle 4 R, riduzione, riuso, riciclo, recupero energetico.

Cave: Il recupero degli inerti presenti nelle cave potrebbe diventare più efficiente attraverso la creazione di filiere virtuose gestite dalla stesse imprese edili. Adeguando i canoni di concessione ai modelli europei si avrebbero anche nuove entrate.

Trasporti: Per la riduzione delle emissioni nei prossimi 5 anni il numero dei pendolari su ferro dovrebbe crescere fino a 4 milioni, grazie a un parco rotabile rinnovato, nuovi treni, maggiori finanziamenti per rafforzare i servizi, priorità agli investimenti infrastrutturali nelle città. Al contrario, i treni pendolari sono quelli più inaffidabili, vecchi, affollati e in ritardo. D’altra parte, l’Italia è il paese con la più elevata quantità pro capite di mobilità motorizzata. Nel trasporto terrestre i mezzi privati coprono circa l'82% della domanda. In rapporto al Pil, infine, l'Italia mostra la massima riduzione della tassazione ambientale in tutta l'Unione europea.

(Fonte Rapporto Legambiente Ambiente Italia 2010 )


Eremo Via vado di sole , L’Aquila, sabato 11 dicembre 2010



1 commento:

  1. Ciao,
    sto organizzando una galleria su Flickr con tutte le foto dell'alluvione.
    Volevo sapere se potevo usare le tue oppure a chi potrei rivolgermi.
    Grazie
    Emanuele

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