mercoledì 23 giugno 2010

ET TERRA MOTA EST : Due terremoti

ET TERRA MOTA EST :Due terremoti

Scrive Massimo Giuliani “Chi sta salvando - chi sta provando a salvare - L'Aquila dall'oblio, non sono gli intellettuali che scrivono sui grandi quotidiani: sono i cittadini sui blog e sui social network. Gente che sa che l'effetto dell'oblio non è semplicemente quello di far dimenticare all'Italia che nel suo cuore c'è una città colpita. È quello di riscrivere, giorno dopo giorno, la storia del terremoto come la storia di un colossale colpo di sfiga che si è abbattuto su una città. E invece è la storia di una delle più ingenti operazioni di negazione collettiva a cui il nostro paese abbia assistito. Negazione del fatto che un pezzo della memoria di tutti (di tutti!, anche di quelli che non sapevano di averla) sta sparendo per sempre; negazione delle responsabilità che gli uomini hanno di essere stati a guardare o, peggio, a ridere mentre un patrimonio collettivo andava in briciole; negazione del fatto che il numero, che già stringe il cuore, dei morti va moltiplicato per cinque, forse per dieci: ché la disperazione e la mancanza di prospettive continuano a fare vittime; che le percentuali dei disoccupati e di quelli che non hanno una casa sono a due cifre.

Va bene se di tanto in tanto i buoni sentimenti riportano L'Aquila sulle prime pagine: ma per dare voce ai testimoni, non per compiangere una terra che la storia e la geografia vorrebbero ancora lontana dai vantaggi dell'unità d'Italia.”
E’ nota la polemica su questo tema dell’informazione, della cattiva informazione e dell’informazione rimossa nata dalla lettura di un articolo di Claudio Magris su Il Corriere della sera ed è altrettanto nota la polemica a distanza tra il Sindaco di L’Aquila e il capo della Protezione sullo stesso tema.
Nondimeno può essere interessante soffermarsi ancora una volta sulla questione, che ci sta in testa come un chiodo fisso, per tentare di capire quali dei due terremoti ha fatto più danni alla città : quello della terra che il 6 aprile dello scorso anno si è mossa “motu proprio” o quello dei soccorritori che con le loro azioni, decisioni, condizioni, animate sicuramente da solidarietà ma non esenti a volte da interessi di parte, ingordigia, manipolazioni ecc. hanno aggiunta qualche problema a quelli che il terremoto aveva procurato.

Il sindaco di L’Aquila ha invitato i direttori dei quotidiani italiani a visitare la città per constatare lo stato delle cose. Ovvero i problemi che la città e la sua amministrazione vivono ad un anno e più dal terremoto del 6 aprile dello scorso anno e a qualche mese da quanto la Protezione civile ha terminato il suo compito investendo di ogni responsabilità il Commissario regionale.
L’iniziativa ha inteso richiamare, ancora una volta , l’attenzione di tutto il paese sul “problema L’Aquila “ per scongiurare la conseguenza che diventi una sorta di Pompei del secondo millennio. La convinzione del sindaco è che guai a spegnere i riflettori sulla città perché i problemi non sono solo dell’amministrazione , dei politici locali, dei cittadini ma dell’intero paese.
Fin qui dunque una tesi condivisibile o meno . Lo stesso giorno in cui si sarebbero dovuti recare a l’Aquila i direttori dei quotidiani hanno ricevuto dal Capo della Protezione civile un dossier sul terremoto dell’Aquila con la raccomandazione però di “allargare lo sguardo” ad un contesto più ampio, senza fermarsi solo al centro storico e quindi l’invito a considerare nella valutazione della situazione anche le realizzazioni fatte in soccorso della popolazione residente nel così detto cratere . Fin qui dunque un’altra tesi condivisibile o meno.

L’aggiunta però da parte di Bertolaso che in conclusione alle sue argomentazione rivolge una severa rampogna , non si capisce bene se agli amministratori della città o agli stessi aquilani di rimboccarsi le maniche , di lavorare e lavorare , fa nascere delle domande e ci riporta al tema dei due terremoti .
Ci si può chiedere infatti : ma avesse per caso ragione Bertolaso quando dice che occorre rimboccarsi le maniche e lavorare ? E provocatoriamente viene da pensare: ma questi amministratori che hanno fatto finora? E gli aquilani che hanno fatto finora? Che cosa è successo in questa città che amministratori e cittadini non hanno capito e che il Capo della Protezione civile ha capito per poter esprimere così la sua opinione?

Sono domande alle quali è difficile dare una risposta?Ci interrogano quotidianamente? Riusciamo a dare risposte concrete , equilibrate, positive e produttive all’unico fine che conta: riavere una città funzionante, alloggi riparati e agibili, condizioni di vita materiale e comunitaria accettabili.?
Proviamo allora , rispetto a questo obiettivo ad accettare un attimo la logica del ragionamento e della rampogna del Capo della Protezione civile. Niente è stato fatto e nessuno ha fatto al di fuori di quello che ha fatto la Protezione civile tanto è che l’invito (diciamo così, se non l’esortazione o la raccomandazione ) è quello di rimboccarsi le maniche e lavorare. Domanda : solo la protezione civile ha dunque lavorato e con ingratitudine oggi ,qualche volta , gli aquilani e non tutti gli aquilani le chiedono conto di quello che ha fatto? Le domandano se si potevano fare cose diverse; se si poteva tenere in diverso l’urgenza che ha contraddistinto le cose fatte? E’ questa la sottesa intenzione di ogni lamentela, di ogni ansia , di ogni espresso malcontento degli aquilani?

Proviamo di controverso ad accettare l’ipotesi che veramente nulla di più è stato fatto di quello che ha fatto la Protezione civile che è stata presente sul territorio fino a dicembre dello scorso anno. Proviamo allora a domandarci con metodo socratico : ma quando il Presidente dell’Esecutivo e il Capo della Protezione civile hanno ridisegnato L’Aquila hanno chiesto la collaborazione degli enti locali , dei cittadini, delle istanze del territorio? Politici, amministrazioni locali e cittadini hanno detto o hanno potuto dire la loro opinione su queste decisioni? Quali luoghi e istanze sono state messe in piedi per garantire questa forma di “collaborazione” in nome della trasparenza e dell’esercizio democratico del potere ?E quando prendevano alcune decisioni che hanno determinato l’attuale assetto stavano facendo per fare o stavano facendo per saper fare? Stavano facendo convinti di fare per far vedere o di fare per soddisfare e rispettare i bisogni dei cittadini?
Hanno pensato e riflettuto sulle conseguenze delle loro decisioni negli anni a venire?
Bisognava fare a tutti i costi e l’imperativo era di fare ? Che cosa? Per chi? Secondo quale piano urbanistico di ricostruzione della città? Secondo quali linee di sviluppo economico del territorio? O sono domande superflue perché l’imperativo era solo mettere un tetto in testa a qualcuno , a molti , forse a tutti ? Un tetto e solo quello ? E poi che tipo di tetto?

Che le risorse finanziare fossero poche lo si sa oggi come lo si sapeva allora e quindi perché non scegliere insieme, con accuratezza , analizzando le numerosi varianti sul tavolo
Abbiamo provato a guardare le due facce della medaglia, abbiamo provato a fare domande. Torniamo all’inizio del ragionamento. Ci sono stati due terremoti a L’Aquila? Probabilmente sì e il secondo è proprio quello che si sta vivendo in questi mesi e che da più parti viene segnalato, analizzato, discusso, che suscita polemiche , che induce a riflessioni e ad azioni a volte sconcertanti. Se si, vale a dire che c’è stato “un terremoto nel terremoto” che significa , come molti affermano, che il terremoto di L’Aquila è stato trattato come “un grande evento “ considerato che forse il nostro paese è abituato a considerare tutto “un grande evento”. Un giubileo in cui gli aquilani, in pellegrinaggio alle porte sante della politica, dell’informazione, della cultura , dell’intrattenimento , vanno chiedendo indulgenze. Dove indulgenza sta per proroga degli sgravi fiscali,per costante attenzione ai problemi del dopo terremoto, per aiuto alla sua economia .

Ma non è che le indulgenze ( e ricominciamo con le domande) come una volta , tanto tempo fa si vendono? E a quale prezzo? Almeno in quel caso, quello di tanto tempo fa , si trattava della salvezza eterna dell’anima che non è poca cosa in un mondo in cui non si poteva cambiare molto delle condizioni in cui si trovava il corpo ( malanni fisici difficili da curare, angherie, sopraffazioni, fame ecc.) Qui si tratta non della salvezza dell’anima ma proprio del corpo dalle intemperie, dalle ristrettezze economiche , dell’impossibilità di soddisfare elementari bisogni tra cui a volte quello della rassicurazione per un presente e perché non per un futuro che appare incerto e minaccioso .


Le foto sono di Daniele Aloisi

Eremo Via vado di sole ,L’Aquila, mercoledì 23 giugno 2010

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