giovedì 3 giugno 2010

SILLABARI. Calendario valvense

SILLABARI . Calendario valvense

Sulla strada che conduce all’abitato di Bominaco , una frazione di Caporciano a trenta chilometri di L’Aquila , all’inizio della Piana di Navelli venendo da Sulmona, si incontra un declivo verdeggiante alla cui sommità, in una fitta pinetina , si osserva quello che rimane di un complesso monastico benedettino: la chiesa di S. Maria Assunta e la chiesa di S. Pellegrino.
Le due costruzioni sorgono isolate in un paesaggio di campagna sovrastato dal monte Buscito ( 1171 m.slm.) su cui si vedono i resti di un recinto di difesa fortificato detto il Castello. Sullo sfondo si vedono anche la Maiella e il Gran Sasso.

Qui si tralasciano tutte le informazioni sul centro di Bominaco e sulla Chiesa di S. Maria Assunta per parlare della chiesa di S. Pellegrino perché il suo Oratorio contiene pitture che che si possono ritenere come la più alta manifestazione pittorica della regione Abruzzo nel medio evo tra le quali quello che viene definito il “calendario valvense”La Chiesa di S. Pellegrino dal nomwe del santo a cui era intitolato il primo monastero e di cui la tradizione vuole che vi si conservino le spoglie sorge dunque a pochi passi dalla Chiesa di S. Maria Assunta. Le due costruzioni pur facendo parte dello stesso complesso non hanno nulla in comune.

L’edificio di S. Pellegrino, su cui abbiamo posto l’attenzione in questa nota dunque è un’unica aula di forma rettangolare (mt 18 X 5,80) ed è coperta da una volta a botte sestiacuta spartita in quattro campate da arconi di rinforzo ed è in stile gotico borgognone come la Badia di Fossanova ( 1208); volta ogivale, abside quadrilatera , lesene sulle quali poggiano archi acuti.



Alla facciata dell’Oratorio nel XVIII secolo fu aggiunto un porticato a tre arcate frontali e due laterali.
La superficie dipinta cioè la totalità della superficie interna della Chiesa si aggira sui 470 mq tanto che come afferma Marilena Dander “ alla rustica veste esteriore fa riscontro la preziosità dell’interno in tutte le sue parti … la sala a volta ogivale appare come un prezioso cofano policromato dalla decorazione e dalle figurazioni pittoriche a fresco che coprono per intero le pareti e la volta..”
Il primo a segnalare questo ciclo pittorico fu il sulmonese Guido Piccirilli ma si deve al Bertaux una estesa descrizione del Ciclo.
Le descrizioni che seguono sono tratte dalla sintesi che l’architetto Dander ha fatto degli studi su questi affreschie in particolare sul “calendario Valvense.

IL CALENDARIO VALVENSE
Nella grande varietà di immagini, che il ciclo di S. Pellegrino presenta, c’è tuttavia una rappresentazione assai rara e del massimo interesse, cioè un calendario , nel quale oltre al segno zodiacale e alla rappresentazione dei mesi , sono elencate le festività proprie della Diocesi di Valva , nell’ambito della quale il monastero di Bominaco era compreso.

I segni dello zodiaco che, come si sa, sono di origine mesopotamica , sono quasi dei geroglifici , convenzionalmente legati ad un determinato mese. La loro lettura è difficoltosa e pertanto è abbinata all’evidenza che le opere tipiche di ciascun mese o i prodotti del suolo possono costituire quale richiamo preciso ed inequivocabile.
Fin dalla tarda antichità classica nei calendari miniati si usava porre accando ai segni dello zodiaco altri elementi, spesso tratti dal lavoro dei campi, capaci di caratterizzare il mese in maniera più chiara.

L’importanaza che queste immagini del Medioevo andavano acquistando si nota a Bominaco dove alla caratterizzazione figurativa propria di ciascun mese , è dato uno spazio e un rilievo uguale a quello occupato dalle iscrizioni con il nome del Santo o delle feste da celebrare. A Bominaco si hanno per i primi sei mesi , le altre figurazioni sono disgraziatamente perse, le seguenti rappresentazioni:
Gennaio : Un uomo seduto in atto di bere da un fiasco
Febbraio : Un uomo in piedi taglia i rami di un albero
Marzo : Un uomo seduto che sembra dormire
Aprile : Un uomo in piedi: tiene in mano due fiori
Maggio Un uomo a cavallo: tiene in mano un fiore
Giugno : Un uomo con un canestro , si appresta a cogliere frutta da un albero.

L’osservazione del Bertaux è valida per quanto riguarda la mancanza di rapporto tra le rappresentazioni bizantine e quelle di Bominaco, ma va poi corretta – secondo il Matthiae - nel senso che nell’oratorio abruzzese , anche se trasferito sul piano monumentale, il calendario resta legato per la forma esteriore , con la quale si presenta alla miniatura , quindi allo spirito bizantino.
Sono stati fatti alcuni confronti con i mesi rappresentati su di un portale di gusto bizantino di S. Marco di Venezia , che ha qualche assonanza con il ciclo di Bominaco.
Altri confronti sono stati fatti con cicli monumentali francesi , come quello di Notre Dame di Parigi, della cattedrale di Amiens , o di Rampillon ove i punti di contatto sono assai significativi, anche se non si vede sempre un rapporto preciso.
Versioni italiane di somiglianza si hanno ancora nel portale della Pescheria del Duomo di Modena , che a sua volta è di derivazione francese , ma sono meno stringenti.
D’altra parte bisogna citare che pochi anni prima a Roma era stato dipinto sulla parete di un ambiente annesso alla Chiesa dei SS. Quattro Coronati un calendario monumentale che ha analogie con quello di Bominaco più per la trasposizione in pittura a muro che per precisi riferimenti iconografici.


GLI AUTORI DEL CICLO
La decorazione dell’Oratorio di S. Pellegrino non fu eseguita da un solo pittore e la cosa rientra nella prassi generalmente seguita nel Medioevo.
Ma la diversità di mano si scopre solo ad un attento esame della maniera pittorica , nella quale l’episodio o più episodi sono eseguiti.

Il Maestro che nella terza campata dipinse il calendario e gli scomparti con profeti, è una personalità distinta dagli altri due ; con ogni probabilità egli si formò su codici miniati , trasferendo una pagina di essi su scala monumentale , senza perdere quel sapore minuto che si apprezza maggiormente, là dove lo spazio è ristretto. Perciò egli racchiude i cinque patriarchi sotto la stessa incorniciatura ed archetti tribolati. Nei mesi la vivacità popolare dei movimenti mantiene una efficacia descrittiva , anche se filtrata attraverso la miniatura. Forse anche per le cinque figure bibliche si può pensare ad un modello miniato. Se veramente siano opere dello stesso pittore non è certo, ma non sembra però più possibile accettare senza riserve l’attribuzione che ne ha fatto il Carli; bisognerebbe pensare che oper essi il pittore, in mancanza di modello da copiare si sia abbandonato all’imitazione del Maestro della Passione con un risultato non troppo soddisfacente.

RAFFRONTI CON IL CICLO DI FOSSA
L-altro grande ciclo di affreschi del tardo ‘200 quello della Chiesa di S. Maria ad Cryptas a Fossa, anch’essa non lontana da L’Aquila . Come avvenne a Bominaco anche a Fossa costruzione e decorazione debbono ritenersi coeve. Ora – come giustamente osserva il Gavini - i due edifici sono sotto l’aspetto formale assai simili e la data di costruzione di S. Maria ad Cryptas , un poco più evoluta nella zona presbiteriale , potrebbe almeno in teoria seguire a breve distanza quella di Bominaco che è del 1264. Anche a Fossa architettura e decorazione sembrano contemporanee,negando la pretesa caduta della volta , rimasta interrotta per imperizia o per mancanza di fondi. L’anno 1264 potrebbe essere dunque assunto come termine. Si è detto più volte che i pittori di Fossa conoscevano gli affreschi di Bominaco. La presenza nei due cicli di elementi iconografici comuni non ci dà la certezza della priorità di Bominaco , ma la rappresentazione dei mesi a Fossa appare svincolata dal pretesto del calendario , al quale invece è legato S. Pellegrino , e ciò potrebbe stabilire la priorità del ciclo di Bominaco. S. Maria ad Cryptas pertanto dovrebbe datarsi tra gli anni 1264 e 1283.

L’interesse particolare del ciclo di Fossa è che qui sono considerati quei sei mesi ultimi dell’anno che a Bominaco sono scomparsi e sono stati svisati da rifacimenti postumi. Non c’è più la ripartizione verticale degli spazi come a Bominaco con terminazione tribolata , caratteristica tipica desunta da un codice miniato ; la sostituisce una intelaiatura architettonica fatta di colonne ed archetti. Benché il calendario del secondo semestre a Bominaco sia sparito è possibile trovare dei riscontri iconografici nelle parti che sono state rifatte , il che vuol dire che chi fu chiamato per eseguire il rinnovamento non solo seguì le tracce delle antiche ma se ne deduce che anche il pittore di Fossa anche per questa parte prese come modello quello che si scorgeva nel ciclo prima eseguito , ad una grande distanza da Fossa stessa.

Fossa e Bominaco dunque con la riproduzione di alcuni motivi comuni fanno supporre , in definitiva , la funzione di una certa tradizione locale che caratterizza un territorio e una storia .




Eremo Via vado di sole , L’Aquila giovedì 3 giugno 2010

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