venerdì 4 marzo 2011

MEDITERRANEO :Battaglia di Brega

MEDITERRANEO :Battaglia di Brega


Scrive Corriere della sera on line del 3 marzo 2011 “Sul fronte libico intanto un aereo da guerra ha bombardato giovedì il terminal petrolifero di Brega, la città libica orientale dove ieri gli insorti hanno respinto un attacco aereo e di terra delle truppe fedeli di Gheddafi. Lo riferiscono testimoni. La notizia si è diffusa velocemente. I ribelli libici stanno facendo rotta in massa verso Brega per rafforzare le loro posizioni prima di un eventuale attacco delle truppe del rais. «Le forze di Gheddafi preparano un nuovo attacco», ha dichiarato Mahmoud al-Fakhri, uno degli insorti che ha lasciato Ajdabiya per recarsi a Brega. Secondo quanto riferito dalla stessa fonte, i dintorni della città sono stati fatti oggetto di nuovi raid aerei mercoledì sera. Negli scontri che hanno avuto luogo nelle ultime 24 ore, almeno dieci persone sono morte. Mercoledì sera, però, l'opposizione aveva fatto sapere di avere respinto l'offensiva dei militari fedeli a Gheddafi e di avere il pieno controllo della città.

Tutto questo mentre le tre navi da guerra Usa che hanno attraversato mercoledì il Canale di Suez, sono ora a 50 miglia al largo della costa libica e circa 400 marines sono arrivati nella base americana di Souda Bay a Creta, pronti a imbarcarsi a bordo delle unità da guerra Kearsage e Ponce che dovrebbero attraccare sull'isola greca nelle prossime ore. Il sottosegretario al dipartimento di Stato Philip Gordon, che si è incontrato ad Atene con il ministro degli Esteri Dimitri Droutsas, ha escluso che sia in fase di preparazione un'operazione militare contro la Libia. Gordon ha detto che «stiamo semplicemente preparandoci a far fronte a tutte le eventualità». Un portavoce degli insorti ha riferito che un centinaio di combattenti fedeli al colonnello Muammar Gheddafi sono stati fatti prigionieri dall'opposizione armata a Brega. Il portavoce, che ha preferito non dare il proprio nome, ha parlato di «non meno di un centinaio» di prigionieri. Brega è il terminal petrolifero sulla costa orientale dove mercoledì gli insorti hanno respinto un attacco aereo e di terra delle truppe fedeli di Gheddafi.”

Attorno alla città di Brega dunque si svolge una battaglia forse determinante per le sorti di Gheddafi. Lo scenario è quello di una guerra combattuta da una parte da truppe mercenarie appunto asl servizio di Gheddafi e insorti e ribelli che non hanno alcuno coordinamento militare, anche se buona parte dell’esercito è passato con i ribelli.

A differenza dell’Egitto qui l’esercito non ha alcuna funzione forte e a differenza della Tunisia non esiste in Libia un governo provvisorio alternativo a quello del regime in quanto l’organizzazione tribale probabilmente è di ostacolo ad una conduzione forte ed unitaria della protesta. Si tratta appunto di una protesta di una parte della Libia lasciata volutamente nell’arretratezza e nella povertà da un regime che appunto ha curato e modernizzato solo parte del paese tra cui appunto la regione sede della capitale.

In siffatta situazione il pericolo di un appropriazione del potere da parte del fondamentalismo potrebbe trasformare la Libia in un’altra Somalia.


I ribelli contro il regime di Muammar Gheddafi nell’area orientale della Libia si sono riuniti a Bengasi per dar vita al Consiglio nazionale libico e concordare le prossime mosse della rivolta. Durante l’incontro si è stabilito che non ci potrà essere alcuna negoziazione fino a quando Gheddafi non avrà deciso di ritirarsi dalla guida del paese. I membri del Consiglio hanno invitato la popolazione a manifestare contro il regime anche a Tripoli, la roccaforte del colonnello libico, subito dopo la preghiera del venerdì.

Il Consiglio è guidato da Mustafa Abdel-Jalil, già ministro dell’Interno del paese e passato un mese fa dalla parte dei manifestanti. «Se ci sarà una negoziazione sarà su un solo punto: come Gheddafi intende lasciare il paese o fare un passo indietro così da salvare vite umane. Non c’è nient’altro da negoziare» ha spiegato a Reuters un portavoce dell’ex ministro.

La situazione nel paese potrebbe però rimanere ancora in stallo per giorni, con le zone orientali in mano ai ribelli e l’area di Tripoli ancora sotto il controllo di Gheddafi. Secondo Kevin Connolly, l’inviato della BBC a Bengasi, al momento nessuno dei due schieramenti avrebbe le capacità militari e le risorse per affrontare uno scontro diretto decisivo, magari nelle aree desertiche del paese. Il leader libico sembra essere consapevole di questa situazione e sta cercando di trarne vantaggio, mantenendo così il potere nonostante i nuovi appelli della comunità internazionale.


Il 2 marzo nelle città di al-Zintan e di Brega si sono svolte violente battaglie. Secondo quanto riporta la televisione al-Arabiya, i manifestanti antigovernativi hanno respinto dunque l'attacco a Brega, un porto industriale della Cirenaica dall'importanza strategica, facendo alcune decine di prigionieri tra i miliziani delle brigate fedeli a Muammar Gheddafi.

La battaglia è cominciata all’alba, quando i caccia del governo hanno bombardato l’area attorno all’aeroporto e alla raffineria della città. Nel primo pomeriggio centinaia di abitanti della città, armati di coltelli e kalashnikov e sostenuti dagli abitanti di alcune città vicini sono andati per le strade e hanno combattuto. Sia da una parte che dall’altra non c’era alcuna particolare organizzazione: non c’erano ordini, né leader, né piani. I manifestanti avevano qualche mitragliatrice antiaereo, pistole, lanciarazzi, bombe molotov, coltelli da macellaio, qualsiasi cosa potessero trovare in città. Ma le forze di Gheddafi erano altrettanto disorganizzate. Hanno preso decine di ostaggi all’università della città e le hanno usate come scudi umani. Hanno bombardato e ucciso nove persone. Alla fine non sono riusciti a mettere fuorigioco i ribelli, che continuavano a sparare e contrattaccare. Al tramonto, i caccia del governo stavano tornando indietro e i ribelli stavano festeggiando la vittoria, a Brega e fino a Bengasi, sparando fuochi d’artificio. Per ora.


La battaglia di Brega ha anche un altro obiettivo quello del controllo dei pozzi petroliferi che in numero di sei rappresentano in quella zona il vero potere del paese. Chi detiene il controllo di quei pozzi detiene in realtà il controllo del paese. Dopo l’insurrezione i ribelli hanno conquistato ben quattro dei sei pozzi per cui l’offensiva di Gheddafi ha proprio come obiettivo la riconquista del controllo di quei pozzi che significa anch e dunque il controllo del paese.

E del clima di quella battaglia scrive in diretta dal Libano sul suo blog Pino Scaccia


Corrono, sparano in aria. Vanno a Brega, dove Gheddafi ha ordinato un nuovo attacco, a meno di duecento chilometri da Bengasi. Siamo sulla strada per Tripoli. Passano decine e decine di pick-up carichi di uomini armati. I miliziani corrono a dar man forte. Sono tanti, esaltati dal clima della battaglia. E’ tornata la guerra. “Libereremo Brega – ci dicono gli insorti – forse Brega è già libera. Non abbiamo paura”. Il punto di ritrovo è davanti una base, vicino all’università. Altri uomini ci dicono: “Non siamo di al Quaeda, non siamo neppure militari , siamo gente normale che si batte per i diritti umani, i nostri diritti”. Ma questo è un momento particolare. C’è nervosismo, c’è soprattutto confusione. Comandano tutti, quindi non comanda nessuno. Due di quelli che si sentono comandanti ci insultano, ci strattonano, ci strappano la telecamera, rompono la batteria, ci costringono a cancellare le ultime immagini. “Sicurezza. – spiegano poi – Se Gheddafi vede questo campo poi lo bombarda, è già successo”. Avevamo ripreso la moltitudine di miliziani, qualche faccia non proprio libica, ma soprattutto armi da guerra: cannoni, un intero camion di bombe a mano. Per non parlare delle batterie di contraerea che andavano a piazzarsi.

Non c’è paura, c’è soprattutto rabbia. Dall’altra parte di Bengasi nello stesso momento la folla brucia montagne di libretti verdi, il manuale della rivoluzione. Oggi per la Libia è (o era) festa nazionale. Nel 1977, il 2 marzo, Gheddafi aveva simbolicamente passato il potere al popolo. Bruciano e urlano: “Il popolo adesso si sta prendendo realmente il potere. Togliendo di mezzo lui”.


Eremo Via vado di sole , L’Aquila,
venerdì 4 marzo 2011

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