mercoledì 19 gennaio 2011

ARTE FACTUM : La Conversione di Saulo di Caravaggio nella collezione Odescalchi


ARTE FACTUM : La Conversione di Saulo di Caravaggio nella collezione Odescalchi


La commissione doveva essere molto dettagliata . Nel contratto si specificava che il supporto doveva essere su una tavola di legno di cipresso e che il pittore era tenuto a mostrare un bozzetto prima di passare all’opera definitiva.

Con questi precisi impegni dell’artista Tiberio Cerasi, tesoriere di Clemente VIII,il 24 settembre dell’anno giubilare 1600 commissionava a Caravaggio due quadri laterali della Cappella di famiglia nella chiesa di Santa Maria del Popolo , tenuta dagli agostiniani della Congregazione di Lombardia.

Caravaggio che ha già dipinto Vocazione di S. Matteo per la Cappella Contarelli aSan Luigi dei Francesi con un vero e proprio exploit e gradimento dei committenti e dei visita si mette al lavoro pe realizzare le tavole ma il suo committente Tiberio Cerasani muore nel 1601 e lascia erede universale l’Ospedale di Santa Maria della Consolazione .

Probabilmente a quel punto, ma non è molto chiaro, Caravaggio porta le tavole agli eredi di Tiberio ma vengono respinte oppure vengono giudicate inadeguate dallo stesso Caravaggio che si rimette al lavoro e consegna in breve altre due tele che dal mese di novembre di quell’anno ad oggi sono al loro posto originario a Santa Maria del Popolo.

Le due tavole “bocciate “ furono poi vendute dal Caravaggio al Cardinale Giacomo Sannesio nelle cui raccolte le vide il Baglione. I temi raffigurati erano la Crocifissione di S.Pietro di cui si sono perse le tracce e una Conversione di Saulo rimasta in mani private e ora alla collezione contessa Odescalchi a Roma.

In questa “Conversione” e per questa “conversione” Caravaggio rilegge gli Atti degli Apostoli (26,12-15) :” In tali circostanze mentre stavo andando a Damasco,con autorizzazione e pieni poteri da parte dei sommi sacerdoti , verso mezzogiorno, vidi sulla strada , o re , una luce dal cileo, più splendente del sole , che avvolse me e i miei compagni di viaggio. Tutti cademmo a terra ed io udii una voce che mi diceva in ebraico : “ Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Duro è per te ricalcitrare contro il pungolo.” E io dissi : “ Chi sei , o Signore ?” E il Signore rispose : “ Io sono Gesù che tu perseguiti”.


Ne nasce un quadro in cui tutto è ridotto all’essenziale , una scena quasi cinematografica in cui si sente con forza la concitazione del momento. E’ diversa questa conversione di Saulo dalla solenne Conversione di S. Paolo di Michelangelo, per esempio, della Cappella Paolina dipinta una cinquantina d’anni prima.

E sta in linea, come ben si accorse Roberto Longhi che portandolo alla grande mostra milanese del Caravaggio nel 1951 aveva addirittura osato anticiparne la data per accostarlo ad altre opere della metà degli anni Novanta del Cinquecento come il Riposo durante la fuga in Egitto della Galleria Pamphilj o il Sacrificio di Isacco degli Uffici.

Dunque la Conversione di Saulo ci mostra un Paolo che si copre il volto davanti a quell’incontro inatteso e non immaginato.

La scena compresa nello spazio della tela è veramente concitata . Dall’angolo in alto a destra irrompe Gesù tenuto da un angelo. Nell’angolo opposto c’è Paolo , appena caduto da cavallo, decisamente smarrito per quello che sta accadendo. Con le mani si copre il volto per ripararsi dalla luce o per la paura: con il busto sembra quasi dare un colpo di reni per rialzarsi e sottrarsi istintivamente al pericolo. Tutta la scena è sovrastata e occupata dal grande cavallo mezzo imbizzarrito con lo sguardo pieno di paura e il morso umettato di bava.

Al centro un inserviente , a palpebre abbassate si difende dietro lo scudo . Dietro quasi invisibile , nel lato sinistro del quadro , un altro soldato si ripara schiacciato tra il cavallo e il bordo della tela ,stringendo la testa tra i guanti di guerriero.

Una scena impetuosa che agli occhi di Caravaggio diventa un fatto verosimile proprio per quella immedesimazione ricercata dalla sua pittura.

Sembra che Caravaggio non abbia avuto tempo di mettere ordine tra le cose e le persone della scena che incombe con prepotenza e ne determina il respiro sulla tela . La composizione ha dunque una sua struttura che con la sua caoticità restituisce alla scena della conversione un qualcosa di più del testo degli Atti degli Apostoli. E’ come se Caravaggio avesse voluto comunicare un di più di verosimiglianza, di credibilità rispetto al fatto.

Un fatto che in definitiva si riduce in questo quadro nello scontro tra le mani dei protagonisti : quelle di Gesù, la destra tesa verso Paolo che cala giù sicura a palmo aperto; all’altra parte del quadro le mani di Paolo grezze, impacciate desuete a quel gesti difensivo0 che si trovano appunto ad opporre l’ultima ed istintiva possibilità di difesa.

Non è una visione interiore quella di Paolo ma è un incontro vero come Paolo stesso dirà nella prima Lettera ai Corinti .


Ma qual è la sequenza successiva di questo quadro. Caravaggio non ce l’ha lasciata immaginare. L’ha dipinta nella Conversione di San Paolo , oggi ancora visibile e al suo posto sul lato destro della Cappella Cerasi in Santa Maria del Popolo .

Paolo è ancora a terra in quella nuova sequenza ma le sue braccia sono ora aperte per un abbraccio a quel suo Gesù che gli è venuto incontro . Ed è passato un solo istante .


Eremo di Via vado di sole , L’Aquila mercoledì 19 gennaio 2011

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