domenica 23 gennaio 2011

STORIE E VOCI DAL SILENZIO : Cafarnao

STORIE E VOCI DAL SILENZIO : Cafarnao

Considerando il ruolo che Cafarnao riveste nei racconti su Gesù dei vangeli, e considerando che è il sito sul lago di Galilea più estensivamente indagato (dal 1905 al presente), si comprende come gli scavi del villaggio siano determinanti nella ricostruzione del Gesù storico, del suo messaggio e delle sue azioni.

«Lasciata Nazaret», dice Matteo «Gesù venne ad abitare a Cafarnao… sulla via del mare» (4,12.15) che divenne così «la sua città» (Mt 9,1). Il transito per il villaggio della Via Maris, l’antica arteria che collegava l’Egitto a Damasco, giustifica la presenza in loco di una stazione di dogana (Mt 9,9; Mc 2,14; Lc 5,27) e di un distaccamento di soldatiguidati da un centurione (Mt 8,5ss; Gv 4,46; Mt 8,5ss), il quale anche avrebbe costruito la sinagoga (Lc 7,5), officiata dall’arcisinagogo Giairo (Mc 5,21-24.34-43; Mt 9,18-19.23-26; Lc 8,40-42.49-56) e nella quale Gesù era solito insegnare (Mc 1,21-22; Mt 7,28; Lc 4,31-32; Gv 6, 22-33.48-59) e talvolta guarire (Mc 1,23; Lc 4,33-37). Un edificio sinagogale in basalto del periodo romano antico, è stato scoperto con il lavoro degli archeologi V. Corbo e S. Loffreda, al disotto del pavimento di una monumentale sinagoga bizantina in pietra bianca (V-VI secolo d.C.), di cui restano centinaia di elementi architettonici.

Moltissimi reperti ritornati alla luce, rimandano alla vita quotidiana del villaggio, i cui abitanti erano dediti all’agricoltura, come indicano i numerosi utensili di basalto per macinare il grano (Mc 2,23; Mt 12,1; Lc 6,1), per frangere le olive o per pigiare l’uva. Altri, come i fratelli Andrea e Simone (poi detto Pietro), e i figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni (Mt 4,18-22; Mc 1,16-20), «erano pescatori».

I cinque ora ricordati vennero «chiamati» da Gesù mentre si trovavano sulle barche di loro proprietà che gestivano in società di pesca con dei dipendenti (Lc 5,1-11; Gv 21,1-11). Resti di un molo e di diversi attracchi sono stati individuati sulla costa che, fino ad oggi, è la più pescosa di tutto il Lago, specie di notte (cfr. Lc 5,5), per le sorgenti di acqua calda che vi si riversano da et-Tabgha, «la sorgente Cafarnao», come riporta Flavio Giuseppe.Dagli scavi del villaggio sono finora emersi dodici complessi di case raggruppate in piccoli quartieri delimitati da strade. Le case, per più famiglie dello stesso clan, sono organizzate con diverse stanze di abitazione, anche intercomunicanti (cfr. parabola dell’amico inopportuno di Lc 11,1-13) disposte attorno ad un cortile centrale scoperto, che solitamente è pavimentato in acciottolato di pietra (cfr. parabola della donna che ha perduto la monetina Lc 15,8-10) ed ospita le scale in muratura per salire sui terrazzi. Il tetto a terrazza serviva a differenti scopi: per dormire nelle serate calde, per far asciugare le reti, per essiccare al sole i pesci o i frutti locali, come i datteri di palma, ed era costruito con tronchi e foglie impastate con fango pressato. Una tale tipologia costruttiva si rivela importante, ad esempio, per comprendere l’episodio del paralitico, portato a spalla da quattro barellieri sul tetto tramite le scale del cortile, e di qui, da una apertura praticata nell’incannicciato, calato col lettuccio, alla presenza di Gesù nella casa di Pietro (Mc 2,3-12; Lc 5,17-26). Gesù era ospite stabile della casa che Pietro condivideva con la suocera e con Andrea (Mc 1,29-31). Di sera, dice il vangelo «gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta» (Mc 1,32-34; Mt 8,16-17; Lc 4,40-41). E continua: «Al mattino si alzò quando era ancora buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce e, trovatolo, gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove e per i villaggi vicini perché io predichi anche là… E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe.» (Mc 1,35-39). Ritornato a Cafarnao dopo

alcuni giorni «si seppe che era in casa» (Mc 2,1). «In casa», senz’altra specificazione. La casa di Pietro e Andrea, è notoriamente per i suoi contemporanei – come gli esattori per la tassa del Tempio (Mc 17,24-27) – la residenza pubblica di Gesù, il suo «quartier generale», il centro di irradiazione del suo ministero in Galilea. In questa casa Gesù, vive, guarisce, insegna (Mc 3,20), ed istruisce i discepoli (Mc 4,10-11), come quella volta che lo raggiunse da Nazareth una delegazione di parenti con Maria (Mc 3,31-35).

L’archeologia ha identificato questa casa? Come? Nelle descrizioni dei pellegrini medievali (e prima bizantini), il ricordo della casa di Pietro risulta tramandato da una chiesa. Ad esempio l’Anonimo viaggiatore che da Piacenza raggiunse la Terra Santa nel 570, ricorda: «venimmo a Cafarnao, nella casa del Beato Pietro, che attualmente è una basilica». Nel 1968 Corbo e Loffreda intuirono che l’edificio mosaicato a ottagoni concentrici, di cui scopersero l’abside ad est, con all’interno un battistero, potesse essere la «basilica» visitata dal Piacentino. Rimossi così i bei mosaici del V sec. con che ricoprivano l’ottagono centrale (con la raffigurazione di un pavone nell’emblema), misero in luce, al disotto delle fondazioni, un sala quadrangolare inframezzata da un arco mediano, di circa sei metri di lato. Questa sala, pur danneggiata dalle costruzioni successive, mostrava chiari segni di venerazione. Il suo intonaco parietale, sui tre strati sovrapposti, recava, infatti, resti di decorazione a pittura policroma con motivi principalmente floreali e geometrici. Su di essi, sorprendentemente, si potevano ancora leggere i graffiti di alcuni simboli (come la barca e la croce) e centinaia di iscrizioni, in lingua greca, aramaica, siriaca orientale e forse anche latina. Dal tenore delle scritte, prevalentemente preghiere o invocazioni liturgiche rivolte a Cristo, appariva chiaro, che il luogo, era stato un santuario cristiano, intensamente frequentato da pellegrini giunti da differenti regioni nel III-IV secolo. Una di loro, Egeria, visitata Cafarnao tra il 381 e il 384, annotava nel suo diario di viaggio: «A Cafarnao, poi la casa del principe degli apostoli [leggi Pietro] fu trasformata in chiesa [ma] le sue pareti [originali] sono ancora oggi in piedi. Qui il Signore curò il paralitico». La testimonianza di Egeria è preziosa perché precisa di quale tipo di santuario si tratti, cioè di una domus-ecclesia, una casa-chiesa. Dice inoltre che, nonostante la trasformazione, l’abitazione appartenuta a Pietro, conservava ancora in piedi i suoi muri originali. Precisa infine che in questa casa va ambientato l’episodio della guarigione del paralitico, identificandola così come la casa del vangelo.

L’allargamento dello scavo poté chiarire con certezza, che quella vista da Egeria nel IV secolo, fu solo l’ultima di una serie di trasformazioni che interessarono la stanza venerata. Ad esempio il pavimento venne rifatto in battuto di calce, poi anche pitturato, per ben sei volte, a partire dai primi anni del II secolo d.C., come attestano i materiali rinvenuti tra uno strato e l’altro.

Oltre alla sala venerata, il santuario comprendeva anche un poderoso muro di cinta (II secolo) che lo separava dal resto del villaggio, e un corridoio con vestibolo di accesso.

Nonostante queste trasformazioni, però, si sono fortunatamente conservate le strutture murarie più antiche (I sec. a.C. – I sec. d.C.): la sala venerata, in effetti, proprio come diceva Egeria, con i muri a secco preservati in alzato per oltre un metro e sessanta centimentri, risulta essere solo una delle stanze di abitazione all’interno di una più ampia casa polifamiliare, sviluppata attorno ad un cortile centrale a forma di «elle» di cui restano oltre ai pavimenti di pietra, anche la soglia monolitica di ingresso. Dalle fonti ebraiche (Mishna) del II secolo siamo informati della presenza a Cafarnao di una comunità di minim, cioè eretici rispetto all’ebraismo ortodosso. È molto probabilmente a questa comunità di giudeo-cristiani residenti nel villaggio che si deve l’iniziativa di aver tramandato mediante un santuario (II sec.), poi trasformato in domus-ecclesia (III-IV sec.), ed infine in basilica a pianta centrale ottagona (V sec.), il ricordo della casa di Pietro (I sec.). Ancora una volta, come si è visto brevemente, l’autenticità o storicità di un luogo(evangelico, in questo caso) è assicurata dalle attestazioni ininterrotte del culto, manifestato sia dalla successione degli edifici sacri che dai segni di venerazione e dalle memorie lasciate dai pellegrini, svelate da un approfondito e complesso lavoro di indagine storico/archeologica. “Raramente nella storia dell’archeologia in Terra Santa i riferimenti letterari ad un luogo sono stati così supportati dalle prove archeologiche, come nel Caso di Cafarnao. Ciò è particolarmente vero per i racconti dei primi pellegrini riguardo alla casa di Pietro” (J.C.H. Laughlin “The identification of the site”, in V. Tzaferis et alii, Excavations at Capernaum Vol.1, Winona Lake 1989, p.198).

FONTE http://www.animefiammeggianti.it/Cafarnao.htm

Eremo Via vado di sole , L'Aquila, domenica 23 gennaio 2011

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