lunedì 17 gennaio 2011

CANZONIERE : La fija mè di Anonimo

CANZONIERE : La fija mè di Anonimo

La fija mè di Anonimo

La figlia va sposa e la madre la saluta magnificando le sue doti. La figlia è "cuore della mamma" e sarà portata via dalla banda per raggiungere lo sposo. La sfoglia della pasta quando si srotolava dal mattarello per essere stesa faceva " li slucche " ovvero "gli stuoccoli " che si sentivano fino alla montagna. Se a Sulmona ti soffermi a piazza del Carmine con davanti la prospettiva dell'acquedotto mediovale , della piazza maggiore e della quinta del Monte Morrone ti sembra parla ndo che il Morrone ti restituisca un aussurro delle tue parole . Sicuramente faceva da cassa di risonaza di quegli " stuoccoli " della sfoglia per le "ssagne "

E quanne la fija mè faceve le ssagne

li sclucche se sendea alla muntagne

e core della mamma, e della mamma sè,

massera vè la bbanda e se la porta la fija mè.

E quanne la fija mè faceve lu sughe,

l'addore se sendea a Sante Luche

e core della mamma, e della mamma sè,

massera vè la bbanda e se la porta la fija mè.

E quanne la fija mè jeve alla Messe

li giuvene jevene tutt'appresse a esse

e core della mamma, e della mamma sè,

massera vè la bbanda e se la porta la fija mè.

E quanne la fija mè faceve l'amore

li bace se li deve a core a core

e core della mamma, e della mamma sè,

massera vè la bbanda e se la porta la fija mè.

Quando la figlia mia faceva le lasagne

gli schiocchi si sentivano alla montagna

e cuore della mamma, e della mamma sua,

stasera viene la banda e si porta la figlia mia.

Quando la figlia mia faceva il sugo

l'odore si sentiva a San Luca

e cuore della mamma, e della mamma sua,

stasera viene la banda e si porta la figlia mia.

Quando la figlia mia si recava a Messa

i giovanotti andavano appresso a lei

e cuore della mamma, e della mamma sua,

stasera viene la banda e si porta la figlia mia.

Quando la figlia mia faceva l'amore

i baci se li dava a cuore a cuore

e cuore della mamma, e della mamma sua,

stasera viene la banda e si porta la figlia mia.

"Pecurare magna recotta" di Anonimo

La figura più caratteristica del mondo abruzzese è stata per molto tempo quella del pastore.

L'economia abruzzese era fondata principalmente sulla pastorizia: d'estate si andava a pascolare in montagna, nelle stagione invernale si andava nei pascoli della Puglia: milioni di pecore si spostavano quindi dai monti al piano due volte l'anno lungo le piste erbose dette fratturi (la transumanza).

Questa vicende hanno ispirato molti poeti, scrittori, pittori, ma anche la tradizione popolare è piena di riferimenti alla dura vita del pastore.

La denuncia della loro misera condizione è ancora piu' penosa nel canto che segue: il pastore è irriso anche dalle donne che lo trovano grossolano e sgradevole e gli preferiscono il contadino, che è"uomo di società", cioè vive di più tra la gente.

Pecurare magna recotta

va 'Ila chiesa e n'ze'ngenocchia,

nen'ze caccia ju cappellitte,

pecurare scià mmaleditte.

Tu te pije nu pecurare,

Nenna mia nn'è propria bone,

jetta nu pezze de fiatone

dentr'a nnu piatte non za magnà.

Nove misi alla Puglia

tre mmisi alla muntagna:

loche te porta a 'nna capanna.

Tu accurata a dda murì.

Nenna mia, muta penziere,

mutarrai sorte e furtuna.

Nnanze pijati nu cafone

ca è ome de società.

Pecoraio mangia ricotta

va in chiesa e non s'inginocchia

non si toglie il cappelletto,

pecoraio sia maledetto.

Tu prendi (per marito) un pecoraio,

Nenna mia, non è proprio una buona cosa,

ha il fiato maleodorante,

dentro a un piatto non sa mangiare.

Nove mesi (se ne sta) in Puglia,

tre mesi sui monti:

là ti porta (a vivere)in una capanna.

Tu morirai accorata.

Ragazza mia, cambia idea,

cambierai sorte e fortuna.

Prenditi piuttosto un contadino,

che è uomo di società.

Eremo Via vado di sole, L'Aquila, lunedì 17 gennaio 2011

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