venerdì 28 gennaio 2011

ARTE FACTUM : la Deposizione Baglioni di Raffaello

ARTE FACTUM : la Deposizione Baglioni di Raffaello


“E’ in questa divinissima pittura un Cristo morto portato a sotterrare , condotta con tanta freschezza e siffatto amore , che a vederlo pare fatto pur ora.” Così scrive Giorgio Vasari nella seconda edizione delle Vite pubblicata nel 1568. La tavola di cui parla raffigura appunto una Deposizione che può vedere descrivendola come abbiamo detto sessantuno anni dopo che è stata dipinta da Raffaello nale 1507 all’età di 24 anni.

La pala con la Deposizione (Galleria Borghese ) (cm.184x176 aveva in alto una cimasa con L’Eterno e angeli e, sotto , una predella con le Virtù teologali (Pinacoteca Vaticana).


Una delle opere più celebri del primo periodo fiorentino di raffaello è la Pala Baglioni, richiesta nel 1507 dalla nobildonna Atalanta Baglioni per la cappella di famiglia in San Francesco al prato a Perugia. L'opera è conservata presso la Galleria Borghese di Roma. Il soggetto, il Trasporto del Cristo morto, è uno dei più drammatici tra quelli affrontati da Raffaello, abituato a tematiche più serene. La realizzazione è stata preceduta da attenti studi e parecchi disegni preparatori. Ma si tratta di un tema voluto da Atalanta, come ricordo e omaggio al figlio Grifonetto, ucciso nel 1500. Si è ipotizzato che il trasportatore al centro sia un ritratto di Grifonetto, e la Madonna addolorata allude al dolore di Atalanta.

Lo schema della composizione è classico, come è indicato dal corpo del Cristo, derivato dagli antichi rilievi in cui si rappresenta Meleagro. Ma Raffaello trasforma la citazione con atteggiamenti più naturali nei personaggi.

La donna seduta che sorregge la Vergine riprende la torsione della Madonna di Michelangelo nel Tondo Doni.

Il dinamismo d'insieme invece si riferisce sia a quello di Leonardo che a quello di Michelangelo e deriva probabilmente dalla conoscenza dei cartoni con le famose battaglie di Anghiari e di Cascina. Rispetto all'impatto drammatico di Michelangelo le figure di Raffaello risultano più dolci ed esprimono un dolore abbastanza contenuto.

Giunto a Firenze, Raffaello si confrontò con altri due grandi artisti che avrebbero con lui formato la triade del genio rinascimentale italiano: Michelangelo e Leonardo. Imparando dal primo la drammaticità dei corpi in movimento e del colore puro e cangiante; dal secondo la sottigliezza e il mistero dei moti dell’animo umano nella luce. Raffaello scelse una terza via che si manifestò già compiutamente nella pala della Deposizione Baglioni-Borghese, per la prima volta ricomposta qui in mostra. L’artista dinamicizza e rivoluziona il tema della Deposizione (si veda in apertura come sarebbe dovuta essere nel più tradizionale disegno preparatorio) anticipando quel perfetto equilibrio tra pittura di natura e di storia - tra tono elegiaco ed epico - che preluderà alla cifra stilistica della maturità: le Stanze vaticane.


Scrive Raffaello: “il pittore ha l’obbligo di fare le cose non come le fa la natura, ma come ella le dovrebbe fare”. Rispetto alla staticità dello schema classico della Deposizione egli “inventa” il dinamico personaggio centrale: un giovinetto che con misurata classica cadenza muove l’azione da destra verso sinistra. Dal “venir meno” di Maria tra le pie donne sotto la croce (collegato al calvario in collina con le tre croci) al ricevimento del corpo da parte del terzetto Giuseppe d’Arimatea, san Giovanni e Nicodemo che trascinano Cristo verso il sepolcro. Al centro Maddalena prende la mano di Gesù (in un disegno preparatorio gliela bacia) mentre accarezza i suoi bei lineamenti. L’alberello segna l’asse di simmetria, punto di equilibrio; il movimento è dato dall’inarcarsi del profilo del giovane la cui gamba sinistra, ben piantata in verticale sul terreno, segna il fulcro dell’equilibrio statico, altrimenti compromesso.


Il quadro è un'opera stupefacente. Il figlio morto è rappresentato da un giovane dal bellissimo profilo, con le labbra piene e rosse di un adolescente. Il collo, le braccia forti e ben formate, le calzature eleganti e la statura superiore a quella di ogni altro personaggio, ne fanno il protagonista del gruppo. Il suo sforzo fisico sottolinea la concretezza carnale del corpo di Cristo e la tragedia umana della sua morte. Per dare enfasi allo svenimento della madonna, Raffaello si serve della torsione della ragazza inginocchiata, adattando quella già celebre dipinta da Michelangelo nel tondo di Angelo Doni.


La tavola, nota come pala Baglioni, nacque come una deposizione, come testimoniano alcuni disegni preparatori. Raffaello optò alla fine per il più dinamico soggetto del trasporto di Cristo.

Tale scelta gli permette fra l'altro di costruire il quadro in due scene: quella di sinistra, la principale, con (da sinistra) Giuseppe d'Arimatea, Giovanni, Nicodemo e Maria di Magdala. A destra, leggermente in secondo piano, Maria, sorretta e circondata da tre pie donne, sviene per il dolore. Due corpi, uno morto e l'altro come morto, sostenuti dall'amore e dall'affetto.

La figura michelangiolesca di giovane al centro del dipinto diventa il legame fra i due gruppi: appartiene infatti a quello di sinistra (sostiene il lenzuolo su cui Gesù è steso) ma a livello di composizione fa un tutt'uno con la scena di destra (è infatti inarcato verso quella direzione).


Forse è stata chiarita una delle incognite della Deposizione di Raffaello: l'identificazione del paesaggio sullo sfondo. Si presupponeva che fosse un'immagine della campagna umbra, dato che Raffaello, quando aveva dipinto il quadro, aveva appena 24 anni e si trovava ancora a Perugia. Ma nessuno era ancora riuscito a riconoscere il luogo preciso. Ora si scopre che le colline e il castello delineati proprio al centro del dipinto sarebbero quelli di Antognolla, 30 chilometri a nord di Perugia.

Il castello e la vallata sono gli stessi che al tempo di Raffaello appartenevano alla famiglia Baglioni, la committente del quadro. Ma a rendere la scoperta ancor più interessante è il fatto che la stessa sia dovuta ad Alessandra Oddi Baglioni discendente delle due famiglie le cui fai-de furono la causa diretta della nascita del dipinto.


Per capire meglio bisogna risalire ai primi del Cinquecento, quando a Perugia gli Oddi e i

Baglioni si disputavano il comando con guerre sanguinose che ebbero un termine ufficiale quando papa Giulio II, in occasione di un suo passaggio per Perugia, costrinse le due famiglie a fare la pace nel 1507. In quell'anno la tavola della Deposizione era appena compiuta. Ata-lanta Baglioni, vedova di un Grifone già assassinato in una precedente faida, l'aveva ordinata a Raffaello per la propria cappella gentilizia nella chiesa di San Francesco a Prato a Perugia.

La scelta del pittore era stata anche una risposta alla sfida culturale della famiglia Oddi, che nella stessa chiesa aveva insignito un altare con la grandiosa pala dell'Incoronazione di Maria, dipinta da Raffaello tra il 1499 e il 1504 e oggi conservata nella pinacoteca vaticana. Il dipinto chiesto da Atalanta doveva commemorare un'altra tragica morte: quella del figlio Grifonetto, ucciso nel 1500 sulla piazza di Perugia e raffigurato nella tavola di Raffaello in uno dei discepoli che trasportano il corpo del Cristo morto.

Passano i secoli e le due famiglie rivali si uniscono definitivamente nel 1700, quando una Caterina Oddi sposa un Marcantonio Baglioni. Alessandra Oddi Baglioni, che discende direttamente da loro, vive nei pressi di Perugia. Nei mesi scorsi, sapendo che la Deposizione è in restauro, chiede il permesso di osservarla da vicino. «Ho così potuto notare un particolare che non si poteva vedere con chiarezza quando il dipinto era appeso alla parete, perché rimaneva troppo in alto», racconta.


Alessandra si accorge che il castello dello sfondo assomiglia in maniera impressionante a quello di Antognolla, visto durante la sua infanzia nei possedimenti che una volta appartenevano alla famiglia. «Nel frattempo - prosegue - è venuto da me, chiedendo di vedere gli archivi di famiglia, il direttore del Victoria and Albert Museum di Londra, dove è in corso una mostra su Raffaello giovane. Ho espresso anche a lui la mia ipotesi sul paesaggio della Deposizione e si è deciso di creare un gruppo di lavoro a cui partecipa anche la sovrintendenza ai beni artistici di Perugia, per mettere insieme i documenti che confermino l'identificazione».

La scoperta verrà presentata ufficialmente alla fine dei restauri, prevista a dicembre. La tavola di Raffaello è infatti, dal marzo scorso, adagiata su un ripiano allestito all'interno di un box, costruito nella stessa sala della Galleria Borghese che la ospita dalla fine dell'Ottocento, per non creare cambiamenti di microclima. Qui è sottoposta alle cure della restauratrice Paola Tollo, aiutata da Ilir Shamolli, e sotto la direzione di Kristina Herrmann Fiore.

Il restauro, reso possibile grazie a una sponsorizzazione della Jaguar che ha messo a disposizione 40 mila euro, avviene a 32 anni di distanza da quello condotto da Laura e Paolo Mora e divenuto una specie di icona dell'Istituto centrale del Restauro. In quell'occasione infatti fu sviluppato un sofisticato sistema di staffe mobili, adatte ad accompagnare e nello stesso tempo a contenere i movimenti delle tavole di legno evitando dannosi sollevamenti del colore come era avvenuto nel precedente restauro ottocentesco.


Qualche piccolo sollevamento comunque c'è stato. Per questo ora il dipinto giace costellato da sacchetti di garza riempiti con microsfere di rame. «Li abbiamo posizionati nei punti in cui la pellicola pittorica si era staccata dal supporto ligneo, dopo aver iniettato un consolidante», spiega Tollo. Per il resto, il quadro sembra essere in buona salute. L'intervento più consistente sarà infatti quello estetico, con la rimozione delle vernici trasparenti di protezione stese 32 anni fa e ora alterate e ossidate. L'effetto si può vedere nella parte alta del quadro, dove il lavoro è già stato realizzato. È come se si fosse alzato un velo di nebbia: una luce pulita rischiara il cielo, le nuvole, le colline e fa risplendere le vesti e gli incarnati delle figure.

Ma le indagini precedenti alla ripulitura hanno rivelato anche altre curiosità. Come la sagoma di una ulteriore figura proprio al centro del gruppo dei personaggi, tra la Maddalena e il discepolo con le fattezze di Grifonetto. «Era già emersa dalle radiografie effettuate nel 1997 -spiega Fiore - ma adesso si vede più chiaramente nell'immagine ottenuta con la riflettografia. Raffaello aveva abbozzato la figura con una campitura di colore, senza precisare il particolare, e poi deve aver deciso di eliminarla per dare una specie di impeto alla composizione». Infatti si ha l'impressione che i due gruppi di figure intorno al corpo del Cristo si muovano in due direzioni opposte. Una fuga dal centro che rende il quadro uno dei più emozionanti della storia dell'arte.

Racconta Giovanni Piancastelli, che ai primi del Novecento fu il primo direttore della Galleria Borghese: «Io stesso posso testimoniare di aver più volte veduto innanzi a questa tavola persone con occhi umidi e più spesso con espressione di tristezza e di compassione prender parte alla dolorosa scena; e, precisamente nel Giovedì Santo del 1893, due signore vestite di nero vidi io singhiozzare a grossi lacrimoni».

FONTE : http://www.patrimoniosos.it/rsol.php?op=getarticle&id=8068

http://www.sindone.org/santa_sindone/vita_di_fede/00024370_Raffaello___Il_trasporto_di_Cristo.html


Eremo Via vado di sole , L'Aquila,
venerdì 28 gennaio 2011

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