domenica 23 gennaio 2011

TENERE ACCESA LA LUCE : 27 gennaio il giorno della memoria della Shoah

TENERE ACCESA LA LUCE : 27 gennaio il giorno della memoria della Shoah

Il 27 gennaio del 1945 furono aperti i cancelli di Auschwitz, il campo di concentramento e di sterminio costruito dai nazisti nella Polonia occupata, dove persero la vita oltre un milione di ebrei, tra cui molte migliaia di ebrei italiani.

Il Giorno della Memoria, che il 27 gennaio del 2011 celebriamo per l’undicesima volta, è stato istituito per non dimenticare la Shoah e le altre vittime dei crimini nazisti, monito affinchè quanto avvenuto non si ripeta mai più, per nessun popolo, in nessun tempo e in nessun luogo.

In Italia, la tragedia della Shoah colpì il popolo ebraico con le leggi razziali del ’38 e, successivamente, con le deportazioni, iniziate con l’occupazione nazista avvenuta dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Anche altre persone e categorie furono perseguitate dal regime, “colpevoli” di una diversità di idee, di valori, di appartenza etnica o religiosa.

Tale volontà liberticida e antidemocratica rappresentò un vero e proprio passo indietro rispetto alle conquiste e alle idee di libertà e democrazia che nel secolo precedente erano state alla base dei moti che portarono all’unità d’Italia, interruzione ventennale di un processo di ritrovata dignità e piena integrazione per gli ebrei italiani, il cui filo venne ripreso subito dopo la fine del secondo conflitto mondiale.

L’Italia unita aveva significato per la minoranza ebraica l’emancipazione, la chiusura dei ghetti, l’agognata raggiunta parità con gli altri cittadini dopo secoli di emarginazione. Una libertà e una uguaglianza che appunto il fascismo negò solo pochi decenni dopo, nel 1938, con l’emanazione delle leggi razziali, funesto presagio di quanto avverrà, tragicamente, in seguito.


Il 17 marzo del 2011 ricorreranno i 150 anni dalla proclamazione dell’Unità. Una data che ci sta molto a cuore anche perché a quel processo storico gli ebrei presero parte con forza, convinzione e passione.

In oltre due millenni di presenza nella penisola gli ebrei, quando è stato loro permesso, hanno preso parte alla vita e alla storia del Paese, con un ruolo rilevante nelle sue evoluzioni politiche, sociali, culturali. Nel caso del Risorgimento, l’adesione degli ebrei italiani fu generalizzata: vi parteciparono dall’attività cospirativa mazziniana sino alla presa di Roma. Il 20 settembre 1870 fu proprio un ufficiale ebreo piemontese a dare l’ordine di aprire il fuoco. Come ha detto la storica dell’Università La Sapienza di Roma Anna Foa, nella prolusione pronunciata poche settimane fa di fronte al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in occasione del VI Congresso dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, l’emancipazione degli ebrei fu “un momento qualificante della costruzione del nuovo Stato italiano, e lungi dal rappresentarne una sorta di conseguenza marginale, ne segnò profondamente il percorso, divenendone, con il connesso principio della tolleranza di tutti i culti religiosi e poi con quello dell’uguaglianza dei culti di fronte alla legge, uno dei pilastri basilari.” Esiste, continua la Foa, “un’intima assonanza culturale ed ideale fra ebrei ed unità d’Italia.”

A centocinquant’anni di distanza, i valori sui quali si fonda il nostro Paese, positivi da un punto di vista ebraico, rimangono validi e attuali. Basi solide in grado di garantire i diritti dei singoli, specie nelle società sempre più aperte e multiculturali che si vanno formando.

Crediamo che le radici dello Stato italiano siano profonde e nobili. Non è retorico ricordarle nel Giorno della Memoria, accanto alla occasioni di celebrazione, all’omaggio ai testimoni che ancora sono con noi e al doveroso ricordo dei Giusti: perché le ideologie totalitarie che perpetrarono la Shoah e gli altri crimini contro l’umanità durante la seconda guerra mondiale erano agli antipodi delle idee di libertà degli individui e democrazia che portarono all’Italia unita.

"Shoah" è un termine ebraico che significa "annientamento", "sterminio".

Esso si riferisce ad una delle più vergognose vicende della storia umana, quando i regimi dittatoriali nazi-fascisti, poco più di sessant'anni fa, stabilirono, attraverso leggi razziali, di far arrestare tutti gli Ebrei e di rinchiuderli nei campi di lavoro forzato e di sterminio, per eliminare del tutto la loro "razza", ritenuta inferiore.

La stessa sorte toccò agli zingari, agli slavi, agli handicappati, ai neri, e a tutti coloro che, secondo i nazisti e i fascisti, non appartenevano alla razza bianca ariana, considerata superiore e pura.


Oggi a noi può sembrare impossibile e incredibile che possano essere successi quei fatti e che donne, uomini e bambini di un intero popolo siano stati perseguitati, torturati e uccisi nei campi di concentramento e nelle camere a gas: ma è tutto tragicamente vero e ogni uomo appena ragionevole si vergogna ancora oggi di quello che successe.

E non dobbiamo pensare che i nazisti e i fascisti fossero tutti dei pazzi: sarebbe troppo facile liquidare lo sterminio accusando uno o due pazzi responsabili. I loro capi erano persone istruite e di normale intelligenza: sapevano quello che avevano deciso di fare. Lo sapeva Hitler e chi stava al suo fianco, lo sapeva Mussolini e il re d'Italia che firmarono le leggi razziali per perseguitare gli Ebrei italiani. Lo sapevano tutti coloro che obbedirono a quelle leggi sbagliate e crudeli.

"La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati".

Parlamento Italiano, Legge 20 luglio 2000, n. 211


E nel ricordo di Tullia Zevi che questa giornata assume maggiore valore. Tulla Zevi è morta a Roma, giornalista e scrittrice Tullia Zevi, già presidente dell'Ucei, l'Unione delle comunità ebraiche italiane,e ra ricoverata in ospedale da qualche giorno. Avrebbe compiuto 92 anni il prossimo febbraio. Esule con la famiglia dopo le leggi razziali del 1938, aveva partecipato attivamente alla lotta antifascista. Dopo la guerra, l'impegno nel giornalismo militante e nell'Unione delle comunità ebraiche italiane. Nel 2007 aveva pubblicato un libro, Ti racconto la mia storia. Dialogo tra nonna e nipote sull'ebraismo,in cui ha tracciato un bilancio della sua vita e delle sue battaglie di libertà e tolleranza. "Una donna di grande personalità antifascista e democratica - ha detto in un messaggio il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano - di limpida e ferma consapevolezza storica e posizione ideale, di alto impegno civile e di squisita umanità e cultura". Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi la ricorda come "personalità di grande spessore umano e intellettuale".

Nata a Milano il 2 febbraio 1919, giornalista e scrittrice, è stata per
sedici anni, dal 1983 al 1998, presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane. Durante la sua presidenza fu firmato l'intesa con lo stato italiano. Nel '92 l'allora Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, le assegnò il titolo di Cavaliere di Gran Croce, la massima onorificenza italiana. E' stata anche presidente dell'European Jewish Congress.



Tullia Zevi imparò da giovanissima a guardare avanti, quando, esule a New York, dovette ricostruirsi una vita. Dopo le leggi razziali, suo padre, liberale e antifascista, aveva intuito quello che stava per accadere ed era scappato con la famiglia da Milano (dove Tullia studiava filosofia e frequentava il Conservatorio), prima in Svizzera, poi a Parigi e infine negli Usa, dove completò gli studi universitari (aveva frequentato anche la Sorbona) e sposò Bruno Zevi. Giornalista giovanissima, fu inviata a seguire il processo di Norimberga e si trovò faccia a faccia con i criminali nazisti. Esperienza vissuta di nuovo per il processo a Eichmann, quando era giornalista per Maariv. Durante la sua presidenza dell'Unione delle comunità ebraiche italiane il suo imperativo fu conservare la memoria dello sterminio degli ebrei.


"Un ricordo affettuoso e riconoscente per una persona che ha svolto un ruolo importante con una dedizione ed un'intelligenza straordinarie e per una persona alla quale ho voluto bene". Cosi' il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha ricordato la figura di Tullia Zevi uscendo dalla camera ardente allestita presso l'ospedale Fatebenefratelli di Roma.


Eremo Via vado di sole , L’Aquila,
domenica 23 gennaio 2011

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