mercoledì 26 gennaio 2011

STORIE E VOCI DAL SILENZIO : Mario Scaccia

STORIE E VOCI DAL SILENZIO : Mario Scaccia

Mario Scaccia scriveva di sé in “Stare in scena in nome proprio”

Stare in scena in nome proprio (come personaggio cioè) è l’interpretazione più difficile per un attore. Infatti, abituato a dimenticarsi per ricercare ed entrare in una identità diversa dalla sua, a stento si ritrova in quella respirazione e in quella gestualità che gli appartengono per natura: non si è inventato da sé, e tutto gli sembra troppo o poco o approssimativo. Il teatro è una verità che va inventata.

In questo “Il canto del cigno” di Giorgio Serafini Prosperi sono chiamato ad essere smaccatamente me stesso con tanto di nome anagrafico, in storie della mia vita professionale e privata, nel mio rapporto artistico con Edoardo Sala, attore formatosi alla mia scuola e da 35 anni – seppure saltuariamente – mio compagno di scena.

Ho detto e scritto più volte che per me “recitare” è uno strip-tease psicofisico, abituato come sono non a fingere ma a ricercare sul mio inconscio le caratteristiche e gli umori dei personaggi da portare in scena. Qui, in questa particolare occasione, il mio spogliarello dovrà essere spudoratamente integrale. “Giunto sul passo estremo/ della più estrema età” – come canta il Faust di Boito – non dovrò più avere remore affinché il pubblico possa definitivamente rendersi conto della mia natura d’attore, della coerenza del mio discorso artistico e del mio operare, e comprendo come e perché il teatro sia stato ed è la mia stessa vita, e non un episodio secondario di essa.


L’autore ricostruisce tutto quanto ispirandosi liberamente al “Canto del cigno” di Anton Pavlovic Cechov prendendone a prestito l’episodio del vecchio attore rimasto chiuso in un teatro di notte ma aprendo la sua confessione nelle mia personalità umana e sulla mia storia. Serafini – malgrado la sua giovane età – mi conosce bene dalle confidenze e dagli scritti di suo nonno Giorgio Prosperi che in vita mi onorò della sua amicizia e come critico teatrale del quotidiano romano “Il tempo” (critico vero, eccezionale conoscitore e studioso di teatro e degli attori) ha seguito per anni il percorso della mia carriera, e al quale debbo tanta riconoscenza per i consigli e i lumi elargitimi attraverso le sue recensioni sempre severe, puntuali ed illuminanti. Visto che l’opera lo consentirebbe, non s’illuda qualcuno che con “Il canto del cigno” io intenda chiudere la mia attività teatrale, come – per motivi commerciali – annunciavano una volta gli altri giunti alla mia veneranda età. Questo, almeno per il momento, non rientra nelle mie intenzioni. Mi preme piuttosto dire che “Il canto del cigno” è la prima esperienza imprenditoriale del Politeama catanzarese, e la cosa mi fa molto onore oltre ad accrescere le ansie delle mie già troppe responsabilità.


E a Fernando Felli il 10 aprile 2008 rispondeva così in un intervista su Il Giornale di Rietigiovedì 10 aprile 2008

Con il personaggio “Chicchignola” si meritò a pieno titolo di essere definito il degno successore di Ettore Petrolini, le pesa questa eredità? Molto, nel senso che è una grossa responsabilità. Viviamo in un secolo in cui con molta facilità si parla di tutto, io ho ancora il senso delle idee, del mio lavoro e soprattutto grande rispetto per la personalità di Ettore Petrolini che è stata straordinaria, non solo per Roma e per l’Italia, ma per il mondo. E’ un personaggio che più passa il tempo e più si scopre la sua grandezza perché ha anticipato di decine di anni una sensibilità artistica che ancora oggi possiamo capire ed apprezzare. Quando è uscito fuori nessuno lo aveva capito, è stato preso per un buffone qualunque, mentre anticipava, diciamo così, una rivoluzione totale dell’interpretazione diun attore, oltre al fatto che era anche lui un autore straordinario. Basta pensare alla sua produzione, storie che si scriveva da solo. Chicchignola è una delle commedie più belle che io abbia fatto, anche come scrittura scenica. Quindi mi pesa molto questa eredità. Oggi confondono un interprete con un imitatore, che invece è un’altra cosa. Non ho mai pensato di imitare Petrolini, se è uscito fuori è perché lui metteva tutto se stesso dalle cose che faceva e quindi è uscito fuori lui. Io ho fatto soltanto il Petrolini teatrale, nel senso che non ho fatto mai le macchiette, mi sono sempre difeso da questa cosa, perché non posso rifare Petrolini non lo so imitare, non so imitare nessuno, non mi va di imitare nessuno, devo essere io. Però ho recitato delle poesie di Trilussa, perché la poesia è di tutti.


Qual è il suo più bel ricordo artistico?

Sicuramente Petrolini. Quando la moglie venne al Teatro Quirino, in camerino mi disse: “Lei mi ha ridato il mio uomo”, non ho imitato lui, non le ho ridato l’artista, ma l’uomo. Questo è uno dei più grandi complimenti che ho ricevuto nella mia vita. In me ha rivisto il suo uomo, questo è importante, ho saputo entrare dentro di lui, perché in quel personaggio avevo messo se stesso.


Che ricordo conserva di Eduardo De Filippo e che uomo era?

Eduardo De Filippo quando vide Chicchignola si innamorò di me. Fu veramente un innamoramento e da quell’uomo diciamo burbero che poteva sembrare, con me invece si è aperto. Mi invitava a casa sua, abitava solo con una gatta che era gelosa di me e quando io mi trattenevo a lungo, questa cominciava a buttare in aria tutte le carte di cui lui era geloso. Poi si cenava insieme, mangiavamo una fetta di prosciutto magro per uno e un panino. Ecco questa era la nostra cena e si parlava di teatro e di tante altre belle cose. Era un artista straordinario ed anche un uomo con una grande sensibilità. Dietro quella apparenza burbera che aveva, invece era un uomo di una dolcezza infinita.


Mario Scaccia, 91 anni, è morto oggi 26 gennaio 2011.Successore di Ettore Petrolini, il grande attore romano che anticipò di vent’anni il modo di recitare e di far ridere. Figlio di un pittore, si iscrisse nel 1945 all’Accademia di Arte Drammatica di Roma. Tanto era l’impazienza di recitare che non terminò il corso. Il suo esordio fu nel 1947 con Nino Besozzi. Nel 1961 diede vita alla “Compagnia dei Quattro” con Franco Enriquez, Glauco Mauri e Valeria Moriconi. Attore capace, istrionico dotato di una comicità diretta, ha interpretato sempre grandi personaggi e di carattere. Ha recitato in varie commedie di Shakespeare e di Macchiavelli. Diede vita ad un personaggio originale ed imprevedibili, il Chicchignola, portato sulla scena per la prima volta da Ettore Petrolini. Anche nel cinema Scaccia ha dimostrato le sue notevoli qualità di attore dalla maschera mobile e straordinariamente espressiva. Grande amico di Eduardo De Filippo.


Fino ad un mese fa era in palcoscenico .Il suo repertorio è quanto mai ampio: ha recitato tutti i classici, Moliere, Goldoni, Lonesco, Pirandello, Courteline, Feydeau, O'Neill, Stoppard, Arthur Miller. Tra i personaggi che gli furono più cari Polonio in Amleto, Shylock nel Mercante di Venezia, Fra Timoteo nella Mandragola, e il Chicchignola di Petrolini, suoi grandi cavalli di battaglia. Su Polonio, vale la pena di ricordare un aneddoto: negli anni '60 interpretò questo ruolo in un Amleto di grandissimo successo anche

internazionale, che ebbe per protagonista Giorgio Albertazzi e per regista Franco Zeffirelli. Fu in quell'ambito che un critico rimproverò bonariamente all'attore di recitare la parte di Polonio "come se fosse lui il protagonista" del capolavoro di Shakespeare. E Scaccia replicò con un telegramma tagliente e spiritoso: "Non sapevo che fosse Amleto il protagonista. Firmato Polonio".


Al cinema ha interpretato numerosi film di Alessandro Blasetti, a partire dai primi anni '50, ma ha anche recitato con Luigi Zampa, DIno Risi, Pasquale Festa Campanile, Alberto Lattuada, Elio Petri, Mauro Bolognini, Steno, Lina Wertmuller. L'ultima interpretazione sul grande schermo è stata Gabriel, nel 2001, con la regia di Maurizio Angeloni.

Molti l'hanno definito come l'erede di Petrolini, ma in effetti Scaccia è stato molto di più, un uomo di teatro e di spettacolo nel senso più completo del termine, rimasto sul palcoscenico fino alla fine. Come tutti i grandi attori, in effetti aveva annunciato il ritiro moltissime volte. In un'intervista del 2007 dichiarò sconsolato: "Il teatro non c'è più perché non c'è più il pubblico". Ma poi aggiunse: "Purtroppo io vivo di teatro". Si è allontanato in effetti dall'ultimo spettacolo in scena, un mese fa, solo per andare in ospedale. Pensare che aveva annunciato un parziale ritiro dalle scene ("Reciterò solo nella mia città, a Roma", aveva detto) già quando aveva compiuto 78 anni, lamentando quanto le tournée fossero faticose per lui: "Per i vecchi non c'è posto", si era lamentato. Ma poi era in scena regolarmente, e non solo a nella capitale.

Una carriera davvero lunghissima: "Sono salito sulla scena per la prima volta a 3-4 anni. - aveva confessato in un'intervista a Repubblica - Mia zia, filodrammatica, aveva bisogno di una bambina, e io avevo i capelli lunghi". Una carriera anche piena di soddisfazioni e di successi, eppure, raccontava sempre l'attore, "per il teatro mi sono venduto la casa più volte". Nonostante il cinema e anche la televisione: Scaccia fu anche una protagonista della grande stagione degli sceneggiati della Rai. Ma negli ultimi anni della sua vita parlava assai male del piccolo schermo: "Non guardo mai la televisione. Non c'è mai niente di interessante". Del resto anche il giudizio sul teatro negli ultimi anni era sconsolato: "E' uscito dalla porta di servizio e non si sa che fine abbia fatto. Quello che lo sostituisce non è teatro".

I suoi 90 anni vennero festeggiati con una festa memorabile al Teatro Valle, a Roma: anche in quell'occasione Scaccia annunciò l'ennesimo addio al palcoscenico, sostenendo che non avrebbe potuto "recitare con il bastone". Alla sua città fu sempre molto vicino: le sue maschere romane sono state definite "una grande metafora sui mali dell'uomo, sulle sue debolezze, contraddizioni e confusioni". Di Roma accettava tutto, anche gli aspetti negativi. All'intervistatore che, qualche anno fa, gli ricordava la sporcizia per le strade della capitale, replicava: "Ma deve essere sporca. Roma non è mai stata dei romani: anche ai tempi di Marziale era la capitale del mondo ed era sporca".

Fonte : http://www.marioscaccia.it/Pubblicazioni.htm Repubblica it 26.01.2011 Il Giornale di Rieti


Eremo Via Vado di sole , L’Aquila, mercoledì 26 gennaio 2011

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