martedì 9 novembre 2010

SETTIMO GIORNO : Al risveglio mi sazierò della tua immagine


SETTIMO GIORNO : Al risveglio mi sazierò della tua immagine

Il giovane Mozart, l’enfant prodige della musica, che con la musica del suo Elisir e dei suoi Requiem ha toccato il cuore della vita e della morte scriveva al padre: “ Vivo con il pensiero costante della morte ma non mi fa spavento perché essa è la porta della vera vita “.

La vera vita è dunque oltre la vita ?. Nelle Sacre Scritture la rivelazione su questo tema decisivo per la vita del cristiano avviene progressivamente. E se Paolo dice che è vana la vita terrena vissuta senza avere come punto diriferimento la vita oltre la morte che ne è il completamento e la proie4zione in un’altra dimensione non è certamente così alla lettura di primi cinque libri delle scritture. In questi libri per così dire arcaici l’idea dell’oltretomba è particolare e viene intesa come la continuazione di quella terrena ma a un grado inferiore. Alcuni salmi composti in quel periodo interrogano il Signore affermando appunto che i morti non lodano il Signore . Inoltre quel pensiero riteneva che la ricompensa per la vita retta fosse data già sulla terra attraverso il benessere anche materiale.

E’ con la stesura del libro della Sapienza , che è il risultato dell’ammirabile sintesi tra il pensiero greco e quello giudaico , che l’mmortalità dell’anima assume grande rilievo e significato. La sopravvivenza dell’anima dopo la morte , rappresenta un punto decisivo per una nuova concezione della vita perché la orienta verso qualcosa di più grande , di più complesso e allo stesso tempo di più completo.

Ma nel cammino della rivelazione non è ancora abbastanza. Sarà il libro dei Maccabei , una delle letture che vengono proclamate nella XXXII domenica del tempo ordinario a spostare completamente la riflessione su una diversa visione della vita dopo la morte , sulla dimensione della resurrezione . Infatti “ E’ preferibile morire per mano degli uomini , quando da Dio si ha la speranza di essere da lui di nuovo resuscitati. ..”

Speranza che diventa una certezza quando nella visione neotestamentaria il racconto della resurrezione di Cristo avvolge ogni momento della riflessione a fa dire a Paolo : Vana sarebbe la fede senza la certezza che Cristo9 ha vinto la morte ed è resuscitato dai morti “.

I sette fratelli Maccabei ( II sec. A. C. ) per non rinunziare alla fede del vero Dio affrontano serenamente a tortura e la morte con ferma speranza che essa non è la fine , la loro fine perché hanno la certezza di resuscitare a nuova vita.

Sempre nel progetto della rivelazione sulla vita oltre la morte soprattutto con la visione neotestamentaria è Giobbe che rappresenta il punto di rottura. L’uomo giusto che fino ad allora trovava compenso anche materiale durante la stessa vita terrena per le sue azioni rette incontra delle traversie ,proprio in questo senso. .

Si capiscono allora bene le parole di Gesù Cristo nel vangelo di Luca ( 20, 27-38) quando richiamandosi ai libri del Pentateuco risponde ai sadducei che appunto interpretavano la questione della vita oltre la morte fermi alla visione arcaica di quei libri sull’argomento : “ Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè , a proposito del roveto quando dice : Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. Dio non è dei morti , ma dei viventi, perchè tutti vivono per lui. “

Ecco quindi una prima risposta che Gesù completa così : I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della resurrezione dai morti non prendono né moglie né marito; infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e poiché sono figli della resurrezione sono figli di Dio.”

Certo Cristo non vuole dire che sono aboliti gli affetti che nella vita terrena ci hanno fatto gioire o soffrire ma vuole riconfermare l’idea del come misteriosamente questa nuova dimensione sarà il completamento di quella terrena che tutti sperimentiamo e sulla quale possiamo fare testimonianza a differenza di quella oltre terrena per la quale possiamo fare solo professione di fede.


D’altra parte questa fede non deve limitarsi soltanto alla immortalità dell’anima perché sarebbe in questo senso una fede monca. Essa si completa solo con la parte definitiva di questo credere . Ovvero quello che afferma proprio la professione di fede del cristiano : “Aspetto la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà”

La vita del mondo che verrà dunque in cui i morti risorgeranno è una fede che bisogna impegnarsi a trasmettere specialmente ai giovani.

Ecco perché le esequie cristiane onorano il corpo senza più vita e perché la cultura cristiana ha creato mausolei, urne , adornamenti.

Trasmettere questa fede significa non rendere la morte una favola. Ai bambini dei miei tempi veniva raccontato che erano stati portati dalla cicogna o erano stati trovati sotto un cavolo. I bambini di oggi non credono più a questa favola e anzi in modo spregiudicato hanno appreso la realtà del sesso. Sono invece ancora avvezzi ad una favola in cui viene raccontato loro che il nonno o altra persona cara che muore è partita per un viaggio senza ritorno. La morte viene rimossa. Provo a pensare che cosa può sentire un bambino a quel racconto. Io avrei pensato di essere stato tradito da un nonno o da un’altra persona a cui volevo bene e che mi aveva abbandonato senza darmi lui o lei una spiegazione.

D’altra parte e per finire sono utili per riflettere su questo tema della morte i saggi di


Eremo Via vado di sole , L’Aquila, martedì 8 novembre 2010



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