domenica 6 febbraio 2011

SETTIMO GIORNO : Non può restare nascosta una città sopra il monte


SETTIMO GIORNO : Non può restare nascosta una città sopra il monte

La quinta domenica del tempo ordinario ( anno A ) ci invita a riflettere su un’unica realtà che ci viene proposta da punti di vista differenti quello del Vangelo di Matteo ( 5,13-16) e quello di Isaia ( 58,7-10).Ossia il senso e il valore della testimonianza a Cristo che è la luce che vince le tenebre per diventare noi stessi sale della terra e luce del mondo.

Il brano di Matteo ci presenta una ricca trama simbolica sottesa alle parole di Gesù sul sale e sulla luce, che l’evangelista colloca tra le Beatitudini e le antitesi del discorso della Montagna. Gesù dice ai discepoli che sono saledella terra e luce del mondo. Siamo ancora all'inizio della predicazione evangelica, e senza dubbio i discepoli non possono vantare una esemplare condotta da "uomini delle beatitudini". E tuttavia Gesù insiste: "Se il sale perde il sapore, con che cosa lo si potrà rendere salato?".E’ questo il primo punto di vista : una domanda di responsabilità. Gesù sembra dire: "Non ho altro che voi per l'annuncio del Vangelo".


Gesù, chiede di più: chiede di essere "luce e sale della terra"; ossia gente che sa dare chiarezza nella vita, quella che è dono di Dio e questa Luce è sempre Lui che ce la dona con la Sua Parola e sapore della vita, che è la carità.

"Gesù disse ai suoi discepoli: Voi siete il sale della terra: ma se il sale perdesse il sapore, come lo potrà rendere salato? A null'altro serve che a essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata su un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli" (Mt. 5,13-16).

Sale della terra dunque si, perché nella cultura ebraica il sale equivaleva alla Torah ovvero alla legge per cui il sale diventa l’elemento essenziale per conservare la vita, per farla sviluppare per aiutarci a vivere . Il sale dunque che è la legge e in definitiva la verità.

La verità di un uomo , dell’uomo che continua a chiedersi :” ora che sarà di noi ?”. Nietzsche nella sua Gaia scienza ad un tratto si chiede dove sia Dio e nell’ affermare che Dio è morto si domanda “ e ora che ne sarà di noi? “ Che ne sarà dunque di noi se non saremo capaci di dare testimonianza. “Voi siete luce, il sale

E per questo non ci indica solo che cosa dobbiamo fare: prima di tutto ci rivela chi siamo. Il discepolo "è" sale e luce, indipendentemente dal suo sforzo e dalla sua volontà: vale a dire, porta in sé un dono che è estremamente positivo, bello, buono. L'immagine del sale è nell'ambito simbolico del gusto, dell'invisibile, dell'interiorità. L'immagine della luce è nell'ambito del visibile, del bello, dell'esteriorità. Sale e luce non devono fare nessuno sforzo per dare gusto e illuminare, è sufficiente che siano se stessi, e che sia rimosso ogni ostacolo.

Ripete Gesù "Risplenda la vostra luce davanti agli uomini": l'immagine finale ci mostra la testimonianza che ha in mente Gesù. Non manifestazioni chiassose, non la conquista della società, ma qualcosa di semplice e quotidiano, come una lampada che risplende, alimentata dall'interno. Essere se stessi, e lasciarlo trasparire. Non esibire, semplicemente non nascondere. Al termine del brano, c'è un colpo di coda inatteso: "vedano le vostre opere buone, e rendano gloria al Padre". E' la misura dell'autenticità del nostro agire. Non siamo chiamati a fare propaganda, ma a lasciar agire in noi l'amore del Padre, lasciare che sia reso visibile davanti agli uomini, perché essi rendano gloria a lui, non a noi.

Colpisce sempre il fatto che Gesù dica la stessa cosa di se stesso e di noi: "Io sono la luce del mondo", "voi siete la luce del mondo".

Il mondo ha sempre bisogno di luce, il mondo sperimenta continuamente le tenebre, perché il mondo e l'umanità sono nella fragilità, nel peccato, nella fatica.

Ma "la Luce risplende tra le tenebre": è Gesù stesso. "La luce vera, che illumina ogni uomo, veniva nel mondo, ma le tenebre non l'hanno accolta". Ma la Luce vince: "A quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio", figli della luce, essi stessi "luce del mondo".

La missione e l'opera di Gesù diventano la missione e l'opera dei cristiani.

Due testi possono aiutarci a cogliere meglio il rapporto dinamico, che ci richiama Gesù nel Vangelo di oggi, tra il dono e l'impegno, tra il nostro essere e il nostro dover essere. Il primo testo è di san Paolo: "Siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce... Cercate ciò che è gradito al Signore" (Ef 5, 8-9). L'altro testo è di san Giovanni Crisostomo: "Niente è più freddo del cristiano che non si cura della salvezza degli altri.... Se il lievito mescolato alla farina non porterà tutto a fermentazione, è davvero lievito? E che dire di un profumo che non investe quanti si accostano? Lo si chiamerà ancora profumo? E non dire :"non posso trascinare gli altri", perché, se sarai cristiano, questo non potrà non accadere... .E' più facile che il sole non scaldi e non brilli che un cristiano non risplenda... non può la luce di un cristiano restare nascosta; non può restare nascosta una fiaccola così splendente".

Tra due anni ricorrerà ancora una volta il centenario dell’Editto di Costantino che nel 313 d.C.. appena dopo tre secoli di vita del cristianesimo permetteva l’esercizio di questa religione sul territorio dell’Impero romano. E’ utile domandarsi come il cristianesimo sia riuscito in così breve tempo a divenire messaggio universale per tutte le genti Sicuramente per la sua verità. Una verità che fa liberi e che insieme alla giustizia e alla carità istituisce un mondo nuovo . Un mondo comunitario che tiene conto dell’individuo e delle sue necessità creando quindi le premesse per il rispetto e la salvaguardia appunto della persona, dell’uomo . Forse a differenza del collettivismo che pure persegue il bene comune ma che fallacemente non tiene conto del singolo individuo .

Carlo de Foucauld ha espresso tutta la sua esistenza in un motto: Gridare il vangelo con tutta la vita! Paolo VI ripeteva spesso: il nostro mondo ha più bisogno di testimoni che di maestri! La qualità della vita dice il valore e l'utilità della fede. Non sono i discorsi, ma le scelte d'ogni momento che sanno contagiare i vicini della bellezza del vangelo.

La persona dunque e le sue esigenze. E’ il secondo punto di vista sulla testimonianza del cristiano che ci viene presentata attraverso le parole di Isaia.


II brano di Isaia (58,7-10) è un breve trattato di etica morale sulla vita in comune che il profeta concentra così: Così dice il Signore:«Non consiste forse [il digiuno che voglio] nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti? Allora la tua luce sorgerà come l’aurora, la tua ferita si rimarginerà presto.

Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà.Allora invocherai e il Signore ti risponderà, implorerai aiuto ed egli dirà: “Eccomi!”.Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce,la tua tenebra sarà come il meriggio».


Quel Signore che dunque ci vuole dire che lui non sa che farsene delle nostre preghiere e delle nostre messe domenicali, che è pronto a volgere lo sguardo altrove se non siamo capaci di spezzare il pane insieme con i nostri simili , di guardare al nostro superfluo in modo diverso nuovo per farlo diventare dono .

Eremo Via vado di sole, L’Aquila, domenica 6 febbraio 2011

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