sabato 12 febbraio 2011

MEDITERRANEO : Egitto. Da regime a regime ( I )

MEDITERRANEO : Egitto. Da regime a regime ( I )

Scrive Gianni Riotta : “ Naguib Mahfouz , il romanziere egiziano premio Nobel , che passava i giorni nei caffè del vecchio Cairo, amava ripetere agli amici : “ Potete giudicare un uomo intelligente dalle sue risposte, ma lo giudicherete saggio solo dalle sue domande” Era quasi cieco alla fine della sua vita ma nessuno conosceva quelle strade , quella gente e quella capitale come lui. Oggi, anzi ieri dunque è stata data una risposta . E’ stata data una risposta a diciotto giorni di protesta popolare che hanno portato alle dimissioni di Mubarak che da trent’anni deteneva il potere autocratico in Egitto. La Storia, probabilmente solo la Storia dirà se questa risposta sia stata saggia. Anche perché la tenacia e il sacrificio di giovani armati di Facebook , google e twitter sembrano aver fatto crollare un palazzo che sembrava inespugnabile.

Il palazzo è vuoto e il corteo di giovani ripiega verso quella piazza Tahrir che già dal nome significa libertà e che è diventata appunto il simbolo di una libertà conquistata pacificamente.

Veramente la resa silenziosa di Mubarak scoppia con tutto il suo fragore all’ombra di un comitato di generali preseduto dal ministro della difesa TTantawi e che è composto da generali senza tessera : : Reda Mahmoud Hafez Mohamed comandante dell’aviazione, Sami Hafez Enan ,il capo di Stato Maggiore guida gli oltre 460 mila uomini in divisa; il vice ammiraglio Mohab Mamish comanda la Marina.


Un comitato il cui capo appunto il ministro della difesa Tamtawi si è sentito, secondo Wikileakes ,per ben cinque volte durante i diciotto giorni della protesta con il capo del Pentagono americano Robert Gates,principale sponsor dell’esercito egiziano che riceve 1,3 miliardi di dollari in aiuti dagli Stati uniti e che per questo ha in mano il 40% dell’economia egiziana.

Un comitato di generali senza tessera. Senza tessera di quel partito del Presidente il Ndp il cui segretario generale Hossam Badrawy si è dimesso appunto ieri . Con queste dimissioni appunto il Partito Nazionale democratico sembra sparire dal paese che ha dominato per oltre trent’anni. Un partito fondato nel 1978 da Answar Sadat diventato strumento di controllo elettorale che ha permesso a Hosni Mubarak e ai suoi fedeli di restare al potere per tutti questi anni. Anni in cui sono restate sempre in vigore quelle leggi speciali che hanno permesso appunto a Mubarak di prendere il potere .


Nel 1970 alla morte di Gamal Abdel Nasser, padre del panarabismo milioni di egiziani seguirono il funerale piangendo, ieri milioni di egiziani hanno salutato con canti e balli quella specie di morte di Mubarak confinato a anche se in una regione della propria terra.

In entrambi i casi l’esercito ha svolto un ruolo importante.

Uno dei più ascoltati analisti egiziani Emad Gad del Centro Al –Ahram per gli studi politici e strategici, sostiene che il periodo di transizione alla democrazia in Egitto potrebbe durare uno o due anni , e le elezioni promesse a settembre potrebbero slittare. A suo modo di vedere non è uno scenario ma è la soluzione migliore . “ In due anni l’Egitto sarà un vero paese mediterraneo , diverso da com’era prima del 25 gennaio. In due anni sarà più simile all’Italia e alla Grecia che alla Libia o alla Siria. Infatti non possiamo varere libere elezioni domani perché l’unica compagine forte è la Fratellanza mussulmana.

La democrazia non si basa solo su libere elezioni. Servono l’uguaglianza, il pluralismo , la trasparenza , la rappresentanza popolare. Abbiamo bisogno di due o tre anni per creare un sistema politico civile. In questo momento non c’è Costituzione, non c’è governo civile , abbiamo solo caricature di partiti politici. E ancora . Va sottolineato che la questione più importante oggi in Egitto è la sicurezza. La polizia è stata sciolta, sono stati rilasciati i detenuti Abbiamo fiducia che i militari assicurino tale sicurezza.”

Ricordiamo brevemente come si è arrivati alla storica data del 11 febbraio. Il 25 gennaio è la “giornata della rabbia” che segna l’inizio della rivolta in Egitto. I manifestanti si scontrano nei giorni successivi con la polizia e con bande che sostengono Mubarak. In totale secondo stime Onu almeno trecento morti.


Il 7 febbraio uno degli organizzatori delle proteste Wael Ghonim, manager di Google, viene liberato dopo 12 giorni di carcare . “ Non sono un eroe, dice alla folla, sono solo bravo con la tastiera. I veri eroi sono quelli in strada “ Il 10 febbraio Mubarak dichiara di passare i poteri al suo vice ma di voler rimanere al Cairo. La folla gli mostra le scarpe, una delle peggiori offese che si possa fare ad una persona asecondo la tradizione araba. L’11 dunque la svolta. E Wael ghonim il blogger diventato l’icona di Piazza Tahrir affida a Twiitter questo messaggio : “ Ce l’abbiamo fatta , grazie ai giovani egiziani che sono morti per la libertà”

L’obiettivo raggiunto non deve quindi essere dirottato e i militari egiziani sembrano non aver voglia per il momento di farlo. Non sono gli stessi che abbatterono nel 52 re Farouk . Probabilmente l’America deve insistere per una transizione genuina ; per scongiurare il pericolo che l’Egitto non cada da un regime ad un altro anche per dimostrare che mollando il suo alleato Mubarak l’America non ha commesso un errore. Perché l’idea è sempre la stessa sia per l’America ma soprattutto per l’Europa. Una Europa che ha avuto un ruolo risibile in queste vicende e in quelle della Tunisia. Alle sue porte stanno accadendo avvenimenti simili alla caduta del muro di Berlino e l’Europa pensa ancora che l il governo dei poli arabi oscilli tra regimi dittatoriali e regimi islamici : le uniche due ozioni possibili e che quindi sono preferibili i regimi dittatoriali a quelli islamici.


Certo quando la storia si muove è sempre difficile prevedere dove andrà. Potrebbe essere utile vedere le carte dei Fratelli mussulmani che giurano di rifarsi al modello della Turchia islamica e democratica e dunque degli stessi militari egiziani.

Certo l’Egitto non tornerà indietro. Scrive Bernardo Valli “ Su questo antico paese pesava il mito della passività, come fosse prigioniero di un’atavica soggezione nei confronti del potere. Era pronto a ribellarsi solo per la fame;o, a esaltarsi ai richiami dei capi carismatici o della religione ; o a forzare e inasprire i naturali miti sentimenti in occasione delle guerre con il vicino Israele. Adesso il paese esprime un’opinione pubblica. Parla liberamente. Ed è animato da una società civile , nonostante nella valle del Nilo vivano masse con reddito da sussistenza; e prive quasi di scolarizzazione. Non è più l’Egitto politicamente muto descritto dai luoghi comuni degli osservatori intellettualmente pigri.


La rivolta è avvenuta e continua senza impronte islamiche , E’ essenzialmente laica e con larga base sociale , comprendenti classi popolari e ceto medio , in particolare i professionisti . Uno spaccato sociale, non più diviso almeno finora tra seguaci della religione, bisognosi o rassegnati alla sua onnipotenza , e strenui avversari di ogni intromissione della teocrazia nella politica. “

Durante i diciotto giorni di rivolta il dialogo tra i militari e l’opposizione è stato ambiguo fino appunto all’11 febbraio . Ma non basta l’accantonamento di Mubarak. I militari devono chiarire lo scenario che hanno in mente. Percè appunto l’Egitto non diventi un nuovo Pakistan.


Già il politologo Gilles Kepel nei giorni scorsi esprimeva perplessità circa il ruolo dei militari che potrebbero rendere incompiuta la rivoluzione pacifica egiziana.

Infatti nella regione potrebbero cambiare i rapporti geopolitica. Infatti l’Egitto vuole tornare sulla scena politica del Medio oriente da cui è assente da decenni. La sua assenza ha permesso a paesi come la Turchia e l’Iran di prendere il sopravvento . L’egitto è schiavo di massicci finanziamenti americani ; senza questi aiuti perderebbe la sua forza repressiva e gli oltre ottanta milioni di egiziani digiunerebbero sia a pranzo che a cena. Un esercito dunque combattuto tra l’ascolto della spinta americana e una specie di rivincita sullo scacchiere Medio Orientale. Che deve tenere conto anche di un?europo come si diceva che diplomaticamente è incapace di mostrarsi come una potenza unificata e Gerusalemme che esprime timori circa la perdita della sua tranquillità sulla frontiera con l’ Egitto. Con la possibilità che queste periferie del mondo non guardino più né all’America né all’Europa ma appunto verso l’oriente ossia verso l’India e la Cina.

E’ utile dunque leggere la riflessione fatta da Fared Zakaria sul Corriere della sera sabato 12 febbraio dal titolo “ I militari salgono al potere in Egitto . Ilo vero rischio è un nuovo Pakistan”

[ vedi: MEDITERRANEO : Egitto. Da un regime all’altro ( II )]

Foto tratte da giornalettismo.it ,GQ.com ed altre fonti


Eremo Via vado di sole, L’Aquila,
sabato 12 febbraio 2011

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