mercoledì 16 febbraio 2011

HISTORICA : Coriolano

HISTORICA : Coriolano


Sembra la storia di un “voltagabbana” di quelli che ce ne sono sempre stati e sempre ce ne saranno. Un “voltagabbana” dell’antichità che ti fa pensare che la storia si ripete, che è forse sempre la stessa in un infinito eterno fluire sempre simile a se stesso anche se apparentemente diverso. Probabilmente la “storia di ripete” anche se per uscire fuori dal luogo comune si potrebbe dire che sì si ripete ma che ogni volta propone gran finali che comunque aggiungono qualcosa alla versione precedente. E quindi per accumulazioni successive la storia fa progressi. Ma è un discorso difficile e lungo da fare.

Sto qui semplicemente parlando di Coriolano. Questo generale romano che passò dalla parte degli Unni e che con l’esercito di quel popolo arrivò vincitore fino alle porte di Roma . Fu dissuaso dal sacco della città dalla moglie e dalla figlia che uscirono dalle mura e gli andarono incontro per scongiurarlo di non invadere la città.

Ne parlano Livio e Tacito , due storici di Roma . Ma la notorietà alla storia di Coruiolano fu data da Shakespeare che scrisse una tragedia in cinque atti databile al 1607-1608


La tragedia è ambientata a Roma, poco dopo la cacciata dei re etruschi della dinastia dei Tarquini. La città è in preda ad una sommossa dopo che le scorte di grano sono state negate al popolo. I rivoltosi sono particolarmente arrabbiati con Caio Marzio, un valoroso generale che incolpano della sparizione delle scorte alimentari. Incontrano dapprima un patrizio di nome Menenio Agrippa, quindi Caio Marzio stesso. Menenio tenta di placare i rivoltosi,mentre Coriolano si mostra sprezzante e dice che i plebei non meritano il grano perché non hanno servito l'esercito. Due tribuni della plebe, Bruto e Sicinio, denunciano personalmente Caio Marzio che lascia Roma quando giunge la notizia che l'esercito dei Volsci è pronto a dare battaglia.

Il capo dell'esercito dei Volsci, Tullo Aufidio, si è varie volte scontrato con Caio Marzio e lo considera un nemico giurato. L'esercito romano è guidato da Cominio, mentre Caio Marzio è il suo secondo. Mentre Cominio conduce i suoi soldati contro l'esercito di Aufidio, Caio Marzio guida una sortita contro la città volscia di Corioli. L'assedio di Corioli è inizialmente infruttuoso, ma Marzio riesce poi ad aprire con la forza le porte della città e a conquistarla per Roma. Anche se esausto per la battaglia, Marzio raggiunge velocemente Cominio e si batte conto le rimanenti forze dei Volsci. Lui e Aufidio si sfidano ad un duello che termina solo quando i soldati di Aufidio lo trascinano via dalla battaglia.

In segno di riconoscimento per il suo incredibile valore Comino concede a Marzio il soprannome onorifico di "Coriolano". Quando tornano a Roma Volumnia, la madre di Coriolano, incoraggia il figlio a candidarsi alla carica di console. Coriolano esita ma alla fine cede ai desideri della madre. Grazie al sostegno del Senato vince senza difficoltà e sulle prime sembra avere la meglio anche sugli oppositori della fazione popolare. Tuttavia Bruto e Sicinio tramano per distruggerlo e aizzano un'altra rivolta contro la sua elezione a console.

Di fronte di tutto ciò Coriolano si infuria e critica duramente il concetto di governo del popolo. Paragona il permettere ai plebei di esercitare il potere sui patrizi al concedere "ai corvi di prendere a beccate le aquile". Per queste parole i due tribuni lo condannano come traditore e ordinano che sia mandato in esilio.

Dopo essere stato esiliato da Roma Coriolano si reca da Aufidio nella capitale dei Volsci e gli propone di guidare il suo esercito alla vittoria contro Roma. Aufidio e i nobili volsci abbracciano Coriolano e gli concedono di condurre un nuovo assalto contro la città.


Roma, in preda al panico, cerca disperatamente di convincere Coriolano di abbandonare i suoi propositi di vendetta, ma né Cominio né Menenio riescono nell'intento. A questo punto viene mandata ad incontrare il figlio Volumnia, insieme alla moglie e al figlio di Coriolano: la donna riesce a dissuadere il figlio dal distruggere Roma. Invece di muovere battaglia conclude un trattato di pace tra i Volsci e i Romani. Quando però Coriolano torna nella capitale dei Volsci, dei congiurati guidati da Aufidio lo uccidono per il suo tradimento.

ll Coriolano non ha avuto fortuna sulla scena, forse anche per il fatto che le passioni che danno vita al dramma non emergono dal quotidiano, o comunque non sono universalmente estensibili, ma sono piuttosto connesse alla particolare condizione di uomo politico del protagonista. La sorte del dramma fu talmente infelice che neppure i rifacimenti secenteschi ebbero successo.


Beethoven nei primi mesi del 1807 scrisse una ouverture dal titolo Coriolano che Arrigo Quattrocchi così descrive «Dell'intera tragedia Beethoven puntò su un'unica scena, certamente la più decisiva. Egli vi concentrò la vera sostanza sentimentale, puramente umana di quel soggetto. Questa è la scena tra Coriolano, sua madre e sua moglie nel campo avanti alle porte della città. Tutta la forza d'odio che spingeva l'eroe alla distruzione della patria e le mille spade e frecce del suo risentimento, egli le afferra con mano potente e terribile, ne forma una punta sola e se ne trafigge il cuore. Sotto il colpo mortale che si e infiltro, il colosso cade e ai piedi della donna che implora la pace ed esala, morendo, l'ultimo respiro».( …) “La pagina beethoveniana (dura complessivamente circa sette minuti) si impone per la stringata e intensa carica drammatica, sin dal Do iniziale in fortissimo, sfociante nel vigoroso accordo di tutta l'orchestra. Segue la frase ascendente degli archi, ritmicamente inquieta e spezzata in una continua alternanza fra gruppi di due crome staccate e due legate. Questo episodio caratterizzato da accenti sincopati di incisiva espressività conduce ad una melodia in Mi bemolle maggiore, affettuosamente distesa e sentimentale, a mò di implorazione della madre e della moglie sull'animo orgoglioso dell'eroe. Il discorso si sviluppa con varietà di figurazioni ritmiche e la frase melodica si affaccia nella coda, prima del ritorno al tema iniziale. L'atmosfera tesa e sanguigna si dissolve in un impercettibile pianissimo, con cui si conclude la possente Ouverture, che ha sempre incontrato il favore del pubblico e gode di una vasta letteratura interpretativa da parte di musicologi di diversa estrazione culturale.”

Sembra però che questo generale Coriolano non sia mai esistito. E’ stato inventato dagli storici di Roma che nel riferire le sconfitte subite dalle legioni romane ad opera degli Unni trovarono una giustificazione interessante : i romani furono sconfitti dagli Unni perché a capo del loro esercito c’era appunto un generale romano.


Eremo Via vado di sole , L’Aquila,
mercoledì 16 febbraio 2011

1 commento:

  1. Che c'entrano gli Unni che a quell'epoca vivevano ancora nelle steppe asiatiche? Boh!

    RispondiElimina