mercoledì 4 maggio 2011

DIARIO DI UN TERREMOTO. Diario per certi versi in prosa e per certi versi in poesia 9 e 10 agosto 2009

DIARIO DI UN TERREMOTO. Diario per certi versi in prosa e per certi versi in poesia 9 e 10 agosto 2009

L’Aquila, 9 Agosto 2009

- Ho sognato Gioconda una signora

di Catanzaro – dice Cristian

all’improvviso mentre noi da due ore

guardavamo le foto scattate da Stefania

nel suo soggiorno ospite della signora Gioconda

e per due ore lui aveva dormito sulla sedia

però questa volta in silenzio senza russare

e tutti comunque se n’erano accorti.

Queste le sere a Via Acquasanta

Nel grande gazebo a luci spente per paura

degli insetti

grossi come uccelli,gli insetti dei terremotati

sono enormi somigliano ai pipistrelli

mucche al pascolo, cavalli scalpitanti,

lupi tutti addosso ai terremotati :

- spegnere la luce signori _

dicono le istruzioni per sopravvivere.

Così non si vede. - Tapparsi le orecchie signori –

ripetono le istruzioni. Così non si sente che tanto

è la solita solfa, la solita cantilena

poveri appestati pardon terremotati

(e ci fa pure rima) sciagurati e sventurati

(e la rima continua) tutto va bene

la tivvù ha detto che tutti i problemi sono risolti

e noi a ripetere non ci credete,non ci credete

che qui i problemi

aumentano di giorno in giorno.

Discorsi nell’afa del pomeriggio di fine luglio

mentre la trama dell’agonia della città

cresce tutt’intorno

ed è un grande palcoscenico di finzioni

in una luce pungente,in un’afa insopportabile.

E fuori la porta dell’ufficio comunale

dove a giorni alterni lunedì, mercoledì

e venerdì e solo dalle undici alle tredici

puoi consegnare domande, chiedere informazioni

sapere un giorno si e uno no che fine

farà la tua casa

ho visto il pianto di una donna

dai suoi occhi scendevano lacrime

che imitavano il blu oltremare

per il rimmel che s’era messo e nonostante

ciò il suo sguardo

era limpido come il cielo

d’un mattino d’estate

pieno di dolore, pieno di rimmel

e di dolore.

L’Aquila, 10 Agosto 2009

Gli occhi che hanno visto la rovina

non riescono a risollevare lo sguardo

fino a voi

inchinatevi per favore inchinatevi un momento

monti di pietra

la città di pezza a valle piange la sua sciagura

anche se non è piegato il suo cuore sotto

la sventura.

io la guardavo sorridere nei giardini delle case

nei gerani dei balconi,

nel profumo dei suoi vicoli, nel tepore

dei suoi tetti al sole d’aprile,

io la guardavo sorridere perché mi

parlava di te

e mi donava a volte un rimpianto

a volte il volo d’un uccello, la sua

gioia

nel balzo di un gatto e a volte capitava

di scorgere in tutto questo la vita

come in quei cavalli di pezza lasciati

malconci da un bimbo

che annusano l’odore della steppa e dormono

alla luce delle lampadine elettriche.

Io talvolta mi chiedo davanti a questa

rovina

abbandonata anche dalle ombre

mi chiedo vedendo penzolare un lenzuolo

steso al balcone

è forse una bandiera di resa ?

che bandiera è e penso ad una terra

senza bandiere ad un mare alto alto

e calmo calmo

ma sono pensieri che non riesco a mettere

in fila

che se ne vanno per conto proprio .

Io a volte mi domando perché siamo

rimasti

in questa città anche se come ubriachi

torniamo a pensare al domani

a quale sorte sarà oscura o lieta

perché non ricordo di quello che è stato

noi speriamo, senza vendere la memoria,

di tornare ad addormentarci agli ultimi

piani

nei letti di ferro con i sogni i sogni

d’amore per questa città.


Tenda n. 2 Campo complesso "L. Ferrari "
Via Acquasanta L'Aquila

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