giovedì 19 maggio 2011

STORIE E VOCI DAL SILENZIO : Film Nist

STORIE E VOCI DAL SILENZIO : Film Nist


Si chiama ora “ Questo non è un film” Inizialmente il titolo era “ Questo non è cinema “. Girato con i-pad è arrivato al festival di Cannes su una pennetta usb. Si tratta di un film neorealistico che avrebbe entusiasmato ed emozionato Rossellini , maestro italiano del neorealismo. E’ in realtà la dimostrazione di come si possa eludere la censura e anche agli arresti domiciliari produrre qualcosa di interessante.

Infatti l'autore iraniano è agli arresti domiciliari con l'accusa di propaganda eversiva contro il regime

Il film di Panahi a Cannes, Aghebati: ''E' il segno che la censura si può vincere'

Il regista teatrale: ''La pellicola è stata girata senza permessi ed è arrivata in Europa su una penna Usb''. 'Film Nist' (Questo non è un film) sarà presentato al Festival il 20 maggio.


''La proiezione dei film dei registi Jafar Panahi e Mohammad Rasoulof al Festival di Cannes è il segno che i limiti imposti dalla censura possono essere superati''. E' il commento del regista teatrale Mohammed Aghebati, direttore di produzione del centro Iran Shar di Teheran. 'Film Nist' (Questo non è un film), la pellicola di Panahi che sarà presentata a Cannes il 20 maggio, racconta una giornata del regista, che si trova agli arresti domiciliari con l'accusa di propaganda eversiva contro il regime. ''Le copie del film sono arrivate in Europa su una penna Usb - spiega Aghebati in un'intervista ad AKI-ADNKRONOS INTERNATIONAL - il film è stato girato senza permessi e non verrà trasmesso in Iran''.

Il provvedimento giudiziario contro Panahi, regista de 'Il cerchio' e de 'Il palloncino bianco', è stato mosso in seguito alle prime riprese di un lungometraggio sull'Iran dopo la contestata rielezione di Ahmadinejad nel 2009. Panahi è stato rilasciato e poi condannato a sei anni di reclusione, con il divieto di espatrio e di girare film per venti anni.

Nel 2010, il regista iraniano non aveva potuto prendere parte al festival di Cannes, dove avrebbe dovuto far parte della giuria. ''Come avviene sempre nelle fasi di crisi del sistema politico, in Iran il mondo della cultura è in fermento'', dichiara il regista Aghebati. Una delle denunce di Jafar Panahi riguarda la fuga dei giovani artisti iraniani all'estero e l'oppressione del regime sul mondo della cultura.

''Ci sono i segni di nuove concessioni alla società civile da parte del regime dopo le manifestazioni di febbraio - continua Aghebati - In questi giorni si incontrano per strada molte donne con hijab non conformi ai dettami. Non solo, i teatri di Teheran richiamano tantissimi spettatori e si moltiplicano gli spettacoli con significato politico''.

Come nei film di Panahi, il teatro iraniano tenta di spiegare la crisi del sistema rivoluzionario con sottile complessità. Proprio nel centro Iran Shahr, è in scena in questi giorni un monologo di Banestii Badii, che rappresenta una bambina costretta a nascondersi sotto un tavolo coperto da un velo perché le è stato proibito di partecipare a una festa.

Quando riconquista la libertà, immagina di aver ucciso tutti gli invitati. Nel teatro della Città in Viale Valy Asr, la regista Kataioun Feis Morandi rappresenta invece in 'Punto di svolta', con attenzione al tema delle relazioni tra Islam e minoranze, la vita di una famiglia cristiano-armena negli anni della guerra Iran-Iraq.


"Questo non è un film" è stato girato tra le mura della casa di Jafar Panahi a Teheran. Panahi lo ha realizzato con la collaborazione di Mojtaba Mirtahmasb, uno dei più bravi documentaristi iraniani. Il film, dal primo ciak al montaggio, è stato realizzato in 10 giorni ed è costato, sottotitoli in inglese compresi, solo 3200 euro.

Il coraggio dei due registi che hanno lavorato a questo progetto non ha però, prezzo. Panahi infatti non può esercitare la sua professione, e Mirtahmasb che ora si trova a Cannes, potrebbe rischiare una sorte simile al suo rientro in Iran. Il film è uscito dall'Iran su una chiavetta Usb. "Con le tecnologie moderne- ha detto Mirtahmasb- il muro della censura non riesce più a fermare chi veramente ha qualcosa da dire e il coraggio di dirlo".

Infrangendo il divieto che ingiustamente il Tribunale della Rivoluzione di Teheran gli ha imposto, e assumendosi grandi rischi, Jafar Panahi ha voluto sfidare il regime degli ayatollah. Il film è però anche una sfida lanciata all'Occidente, che davanti a tale coraggio non può rimanere in silenzio. L'Europa si deve impegnare ancora di più a favore di Jafar Panahi, perché solo le pressioni internazionali sul governo di Mahmoud Ahmadinejad potranno costringere il Tribunale di riesame a non confermare la sentenza di 6 anni di reclusione e 20 di silenzio inflitto al regista iraniano.


Eremo Via vado di sole , L’Aquila,
giovedì 19 maggio 2011


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