domenica 1 maggio 2011

SETTIMO GIORNO : Tommaso, perché mi hai veduto ,tu hai creduto

SETTIMO GIORNO : Tommaso, perché mi hai veduto ,tu hai creduto


Con la celebrazione di questa prima domenica dopo la Pasqua si chiude l'"ottava di Pasqua", otto giorni che sono un giorno solo, otto giorni nei quali abbiamo ascoltato i vangeli delle "apparizioni" che ci parlano di una "umanità ferita", dove il dolore non è l'ultima parola, una umanità che, proprio perché ferita, è cercata dal Signore ed è sanata dalla sua presenza.


Umanità ferita quella di Maria di Magdala, quella dei due discepoli di Emmaus, quella dei discepoli chiusi nel cenacolo, quella dei discepoli che da pescatori di uomini tornano ad essere pescatori di pesci… oggi, in particolare l'umanità ferita di Tommaso, cambiato da un incontro, quello con Gesù, terminato in un modo tanto drammatico da rischiare di chiuderlo per sempre all'esperienza del credere.

E la liturgia odierna medita la grandezza della comunione fraterna quale momento indispensabile per riconoscere Cristo risorto, presente in mezzo a noi.


Ma la domenica dell’ottava di Pasqua è anche la domenica “in albis” ed è la domenica che ci aiuta ad approfondire , attraverso l’ascolto della parola, la nostra fede. Una fede che non deve essere gridata e nemmeno parlata bensì vissuta e quindi concretizzata nei gesti , nei comportamenti, nei pensieri, nei rapporti della nostra vita di tutti i giorni.

Domenica in albis perché fa riferimento all’esperienza dei catecumeni che una volta ricevuto il battesimo nella notte di Pasqua continuavano ad indossare la veste bianca per la settimana seguente e la deponevano appunto nella prima domenica dopo Pasqua .

E’ anche la domenica in cui ci viene presentata la fede non con le azioni e le iniziative della primitiva comunità di cristiani ma, come raccontano gli Atti degli Apostoli ( 2,42-47) come vita comunitaria e quotidiana nella semplicità dello stare assieme e l’avere tutto in comune ,perseverando insieme nel cammino della santità,spezzando il pane, prendendo il cibo insieme con santità e letizia.

Una fede che secondo San Paolo non ha bisogno di vedere : “ Voi lo amate ,pur senza averlo visto e ora , senza vederlo ,credete in lui. “

La nostra fede che si basa appunto su questa affermazione di Paolo in realtà si basa su quello che gli apostoli hanno visto e hanno testimoniato nel vangelo.

Gli apostoli dunque non hanno creduto perché hanno veduto la tomba vuota quando si sono recati al sepolcro dove, tre giorni prima era stato deposto il corpo del crocefisso : Gesù Cristo di Nazareth.

Hanno creduto e ce lo hanno detto poi in tutti i modi perché Cristo risorto dai morti è stato con loro , ha mangiato in loro compagnia, si è fatto toccare materialmente da loro.


Nella gioia di vederlo vivo i discepoli ricevono da Gesù il compito non di giudicare, ma di salvare, di rimettere i peccati. La missione di quelli di Cristo è rendere presente Cristo, presenza dell'amore del Padre. Dopo Pasqua, l'amore del Padre è dato nella forma e nella forza dello Spirito, il soffio di Dio. Questo è il dono del risorto che "soffiò e disse loro: Ricevete lo Spirito Santo". Lo spirito somiglia al soffio di Dio nelle narici di Adamo che divenne vivente. Pasqua è la vita che vince sulla morte e porta la vita ai figli di Dio.


Il brano del Vangelo secondo Giovanni (20,19-31) dice molte cose . In realtà è però l’ultimo capitolo del racconto di Giovanni anche se poi si può leggere un ventunesimo capitolo d i quel racconto che è stato chiaramente giustapposto.

E’ l’ultimo capitolo perché chiaramente, in riferimenti alla vicenda terrena del Cristo messo a morte crocefisso , morto e resuscitato, affronta il momento cruciale di tutta la storia. Se Cristo non fosse risorto e soprattutto non avesse con molti segni affermato questa resurrezione probabilmente vana sarebbe anche la nostra fede di oggi. Ma Cristo è risorto, ha vinto la morte e quindi Giovanni può dire : “ …Gesù in presenza dei discepoli fece molti altri segni … questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo , il figlio di Dio e perché credendo abbiate la vita in suo nome”.

Ma di che tipo di fede qui si parla? Si tratta di una fede comunitaria, di una fede che vive e si alimenta attraverso il vivere con gli altri e che si esplica appunto nel rapporto con gli altri.

L'errore di Tommaso non è stato il suo dubitare, ma il fatto di voler fare a meno di stare con i suoi fratelli, di separarsi da loro già la sera stessa di Pasqua, di volersi costruire una fede a sua misura. Tommaso salverà la sua fede "otto giorni dopo", cioè la domenica, cioè il Giorno del Signore, il giorno in cui accetterà di tornare a riunirsi con la comunità per essere, con i suoi fratelli, "un cuor solo e un'anima sola", pur senza togliere tutta la fatica del credere.

Ed esprime questa fatica di credere con un capolavoro di fede quando afferma dopo aver toccato la ferita del costato di Cristo : “ Mio Signore e mio Dio “

Un capolavoro di fede che del vedere nel vedere fa un punto fondamentale .


Dice Aristotele all’inizio della sua La metafisica "Tutti gli uomini per natura tendono al sapere. Lo dimostra il loro amore per i sensi, amati per se stessi, indipendentemente dall'utilità. E tra tutti preferiscono la vista, non solo in riferimento all'azione, ma anche senza intenzione pratica. Il motivo è che, mostrando la molteplicità delle differenze, la vista fa acquisire più degli altri sensi le conoscenze".

E proprio pensando a questo vedere che le lettura di questa domenica indicano il cammino della nostra fede

"Il Signore (invisibile) ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati" (prima lettura).

"Voi amate Gesù Cristo, pur senza averlo visto, e ora, senza vederlo, credete in lui" (seconda lettura).

"Perché mi hai veduto, tu hai creduto, Tommaso; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!" (Vangelo).

Le tre letture delineano un itinerario spirituale basato sull'invisibile. Propongono una visione non più umana, ma soprannaturale. É una nuova vedere, basato su un sesto senso (in noi poco sviluppato…): la fede.


Una fede che si vive all’interno della Chiesa, quel corpo mistico di Cristo , quella dimora per tutte le genti. La fede, quantunque la predisposizione individuale sia una base concreta non è un esercizio individuale e solitario dell’essere al mondo ma è un riconoscersi nel Padre attraverso il volto degli altri. E gli altri sono il volto di Dio . Perché tutti siamo fatti a sua immagine e somiglianza.

E pproprio pensando agli altri va ricordato oggi primo maggio del 2011 la beatificazione di papa Giovanni Paolo II . Con il gesto di oggi la Chiesa sembra voler additare ai fedeli non il pontificato di Giovanni Paolo II che come tutte le cose umane è soggetto a giudizi positivi e negativi ma vuole indicare l’uomo , il servo di Dio . Un uomo che nella sua vita da una parte ha vissuto e sofferto il regime comunista e dall’altra l’ingiustizie perpretate sui popoli del terzo mondo . Che per questo ha cercato una via di uscita rifiutandosi di contaminare il verbo cristiano con quello marxista ( della teologia della liberazione ) . Una via d’uscita che ha indicato in quella sua enciclica sulla misericordia che letta a posteriori rappresenta un punto di riferimento essenziale sulla lotta alle ingiustizia.

Forse non è un caso che la beatificazione di Giovanni Paolo II avviene nel giorno in cui , in tutto il mondo si celebra la festa del lavoro e dei lavoratori Se il pontificato di questo papa sembra aver segnato “una discontinuità variamente interpretata e discussa con aspetti contraddittori ,legati ad una altrettanto rilevante continuità: la denuncia delle ingiustizie e delle diseguaglianze che è stata una costante e che gli ha procurato popolarità tra i poveri dell’America Latina, dell’Africa, dell’Oceania, dell’Est europeo , questa coincidenza ci induce a riflettere : Prendiamo in prestito da Eugenio Scalfari le parole : “ L’ingiustizia è il verso solo peccato del mondo e tutti ne siamo, in qualche modo coinvolti sia come vittime che come peccatori. La lotta contro quel peccato evoca due principali valori : la libertà e l’eguaglianza,in assenza dei quali l’ingiustizia regna sovrana .Karol Wojtyla va ricordato per questo suo insegnamento che al di là di ogni steccato rappresenta la sostanza nobile dell’umanità”

Dunque una domenica questa dell’ottava dopo Pasqua che ha ancora un altro risvolto proprio pensando a quella misericordia che Papa Wojtyla riteneva via d’uscita . Questa domenica è indicata anche della Divina Misericordia .


La misericordia e la pace di Cristo Risorto che ci è annunciata dalla Parola di Dio e testimoniata da quanti sono instancabili costruttori di pace e di grazia, come il Beato Giovanni Paolo II.

Il saluto di Cristo risorto è sempre "Pace a voi". E' la pace di Cristo morto e risorto, la pace della pasqua, la pace della riconciliazione degli uomini con Dio e degli uomini tra di loro, è la pace di cui ha sempre bisogno il mondo, di cui ha estremo bisogno in questi tempi, in questi giorni. Proclamò Giovanni Paolo II, in un suoi messaggio di Pasqua: "Pace a voi! Questo è il primo saluto del Risorto ai discepoli; saluto che quest'oggi ripete al mondo intero. O Buona Novella tanto attesa e desiderata! O annuncio consolante per chi è oppresso sotto il peso del peccato e delle sue molteplici strutture! Per tutti, specialmente per i piccoli e i poveri, proclamiamo oggi la speranza della pace, della pace vera, fondata sui solidi pilastri dell'amore e della giustizia, della verità e della libertà".


Eremo Via vado di sole, L'Aquila,
domenica 1 maggio 2011

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