lunedì 23 maggio 2011

STORIE E VOCI DAL SILENZIO : Giovanni Falcone

STORIE E VOCI DAL SILENZIO : Giovanni Falcone

La scuola Giovanni Falcone nel quartiere Zen di Palermo è stata oggetto, negli ultimi tempi, di ripetuti atti vandalici.

Lo voglio ricordare oggi 23 maggio 2011 perché è una data storica nella vicende della lotta alla mafia. Diciannove anni fa alle ore 19,57 a Capaci, le auto su cui viaggiava il magistrato Giovanni Falcone e la scorta saltarono in aria per una bomba messa sul percorso e azionata a distanza al loro passaggio il 23 maggio 1992, sull'autostrada A29, nei pressi dello svincolo di Capaci e a pochi chilometri da Palermo, persero la vita il magistrato antimafia Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro.


Nel tragico attentato sono rimasti illesi altri quattro componenti del gruppo al seguito del magistrato: l'autista giudiziario Giuseppe Costanza (seduto nei sedili posteriori dell'auto blindata guidata da Falcone) e gli agenti Paolo Capuzzo, Gaspare Cervello e Angelo Corbo

Gli esecutori materiali del delitto furono almeno cinque uomini (tra cui Pietro Rampulla che confezionò e posizionò l'esplosivo[3] e Giovanni Brusca, che fu la persona che fisicamente azionò il telecomando al momento del passaggio dell'auto blindata del magistrato, che tornava da Roma).

I mafiosi avevano riempito di tritolo una galleria scavata sotto l'autostrada (per assicurarsi la buona riuscita del delitto, ne misero circa 500 kg, come punto di riferimento gli attentatori presero un frigorifero bianco posto ai lati della strada) nel tratto che collega l'aeroporto di Punta Raisi (oggi "Aeroporto Falcone-Borsellino") al capoluogo siciliano.[5] A tutt'oggi sono conosciuti soltanto i nomi degli esecutori materiali della strage, poiché le indagini mirate a scoprire i mandanti ed eventuali intrecci di natura politica non hanno prodotto risultati significativi.[6][7]

La strage di Capaci ha segnato una delle pagine più tragiche della lotta alla mafia ed è strettamente connessa al successivo attentato di cui rimase vittima il giudice Paolo Borsellino, amico e collega di Falcone.


Impossibile però parlare di Giovanni falcone , senza immediatamente ricordare Paolo Borsellino. Nella nostra mente si è insediato un automatismo che sarà difficile rimuovere. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino erano uniti in vita, legati da un “mestiere” che per loro era missione: liberare la società civile dall'oppressione di una “mala pianta”- la mafia - che nasce, vive e prospera nello stesso umore nutritivo prodotto dalla Sicilia. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino,scrive Francesco La Licata sono ora inscindibili nella nostra memoria. Come accade per quanti diventano simbolo contro la loro stessa volontà, eroi soltanto per aver voluto esercitare il diritto di affermare le proprie idee, per aver rifiutato la via facile dell'accomodamento e del quieto vivere. La loro fine, orribile e tragica, li ha fusi insieme. Così che oggi, quasi naturalmente, il viaggiatore che si avvicini alla Sicilia sentirà i loro nomi prima ancora di mettere piede nell'Isola. Al momento dell'atterraggio sarà la voce del comandante ad informare che “tra pochi minuti atterreremo all'aeroporto Falcone - Borsellino”. I siciliani, i siciliani onesti amano quei magistrati caduti a meno di due mesi l'uno dall'altro. I mafiosi li rispettano, come li temevano quando erano vivi. (...)


Ma come scrive lo stesso Borsellino

«La lotta alla mafia (primo problema da risolvere nella nostra terra,bellissima e disgraziata) non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale, anche religioso, che coinvolgesse tutti, che tutti abituasse a sentire la bellezza del fresco profumo di libertà che si contrappone al puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e quindi della complicità»

E’ Don Luigi Ciotti che con queste parole dà un senso alla morte di Falcone e Borsellino :

«Sono morti per tutti noi. Abbiamo un grande debito verso di loro e dobbiamo pagarlo gioiosamente, continuando la loro opera, facendo il nostro dovere, collaborando con la giustizia, testimoniando i valori in cui crediamo, in cui dobbiamo credere. Accettando in pieno questa

gravosa e bellissima eredità di spirito».

Così Paolo Borsellino ricordava Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, gli uomini della scorta Antonio Montinari, Vito Schifani, Rocco Di Cillo, vittime della strage mafiosa di Capaci.

Meno di due mesi dopo, il 19 luglio 1992, Borsellino venne ucciso nell'attentato di via D'Amelio insieme agli agenti Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina.

«Continuare la loro opera, fare il nostro dovere»…E nell'affettuosa vicinanza ai familiari di tutte le vittime di mafia, invita i gruppi e le associazioni a rilanciare un impegno antimafia capace d'incidere a livello sociale, culturale, educativo, politico.

In nome di quella "bellissima e gravosa eredità di spirito" che continua a smuovere le coscienze, "morso del più" che produce cambiamento e fa sperare davvero in un futuro nel segno della giustizia.


Eremo Via vado di sole, L'Aquila,
lunedì 23 maggio 2011


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