martedì 17 maggio 2011

LETTERE DALL’EREMO :EUGENIO OCCORSIO :Figlio mio, non dimenticare ma abbandona odio e vendetta

LETTERE DALL’EREMO :EUGENIO OCCORSIO :Figlio mio, non dimenticare ma abbandona odio e vendetta


L'assassinio del giudice Vittorio Occorsio fu eseguito dal terrorista nero Pierluigi Concutelli, catturato due mesi dopo grazie al lavoro investigativo degli agenti della Digos ( allora si chiamava così quel reparto di polizia che si occupava della criminalità politica) guidato dal questore Umberto Improta. Un poliziotto vecchio stampo, duro come un mastino.

Concutelli, condannato a tre ergastoli, ottiene prima la semilibertà e poi la sospensione della pena per “gravi motivi di salute”: nel 2009, infatti, è stato colpito da un’ischemia cerebrale che da allora gli impedisce di parlare e alimentarsi autonomamente. Sconcerto e dubbi da parte di molti. A cominciare dal nipote del giudice Occorsio che portail lo stesso nome del nonno, Vittorio, che non si trova d’accordo con la scelta dei giudici. E con lui, oggettivamente molti altri.

Iinterviene il padre Eugenio Occorsio che ha dichiarato a Repubblica quello che segue ma che in realtà è rivolto soprattutto al figlio Vittorio :


"QUANDO arrivano notizie come quella della liberazione di Concutelli, nella mente si scatena un turbine di emozioni spesso difficilmente controllabili e che solo l'esperienza degli anni permette di affrontare. Una su tutte: il dolore, che si rìpropone lancinante e intollerabile in una reazione altrettanto irrazionale come il comportamento che l'ha generata. Così succede che mio figlio, Vittorio come il nonno, 23 anni, sì abbandoni sulla scia dello sconcerto ad espressioni improvvide. e ìnsensate,_come addirittura l'invocazione della pena di morte per Concutelli.

Invece proprio qui deve emergere la differenza fra chi è membro di una società civile, ed è orgoglioso di esserlo, e chi invece ha scelto di starne ai margini come i terroristi. E siccome Vittorio junìor è un ragazzo sensato e che riflette sulle cose, ho ricominciato subito a spiegarglielo, perché nella nostra famiglia non devono esistere animosità e spirito di violenza. Occhio per occhio non è una regola, è l'opposto delle regole. Bisogna sempre impostare la risposta ai crimini anche più odiosi e assurdi entro i limiti della Costituzione, delle leggi, delle norme, che se fatte rispettare sono più che sufficienti a comminare punizioni giuste e mai eccessive, nulla che sappia di vendetta. Il tutto in un cammino di civiltà che non deve conoscere deviazioni.


Nel nostro caso, non siamo stati abbandonati dallo Stato, non gli si poteva chiedere di più. Dal primo momento, da quella sciagurata mattina in cui ho sentito gli spari e sono sceso precipitosamente dalle scale per vedere mio padre morirmi sotto gli occhi, la magistratura e le forze di polizia hanno preso in mano la situazione con decisione, e con puntiglio e coraggio sono arrivati al colpevole .. Anche l'epilogo, con la liberazione dell' omicida, non è inaccettabile: siamo di fronte ad un uomo, a quanto pare plurinfartuato o qualcosa del genere, che si è fatto più di trent'anni di carcere. Cos'altro doveva accadere? La grandezza dello Stato, la tenuta delle istituzioni democratiche ,si misura anche dalla capacità di non infierire inutilmente sui colpevoli.

Detto questo, un pentìmento più convinto. e articolato sarebbe stato dovuto. Non basta esprimere un generico rimorso se a questo non si accompagna una revisione vera della propria attività «politica», come la chiama lui. Tanti detenuti escono anzitempo dal carcere ma ciascuno ha elaborato un suo percorso di pentimento, di redenzione, di volontà di reinserirsi nella .socìetà

. Proprio perché gli anni sono stati tanti, infiniti saranno statì ì momenti in cui anche a Concutelli sarà venuta in mente la follia dei suoi gesti, l'aberrazìone del suo progetto guerrigliero. Nulla è trapelato, né tarntomeno è emersa la collaborazione nel ricostruire più in profondità il contesto diabolico in cui il delitto di mio padre è maturato, i sordidi legami intrecciati su cui stava indagando e che gli sono costati la vita. E questo acuisce il dolore, e giustifica anche qualche volta la rabbia come quella di Vittorio."


Eremo Via vado di sole , L'Aquila,
martedì 17 maggio 2011

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