giovedì 7 ottobre 2010

BIBLIOFOLLIA : Contratto di edizione

BIBLIOFOLLIA : Contratto di edizione


Un antico esempio del contratto di edizione , di cui oggi tanto si discute e forse il più antico esempio conosciuto , è quello che il prof. Pietro Calamandrei ha trovato tra le carte di Benvenuto Cellini e che egli ha dato alla luce in una memoria inserita nel volume miscellaneo di Studi di Diritto Commerciale pubblicati nel 1930 per le onoranze a Cesare Vivante .Si tratta di due contratti notarili , stipulati a Firenze alle date rispettive del 15 settembre 1567 e 7 febbraio 1568,coi quali il Cellini affida ai tipografi fiorentini Marco Peri e Valente Panizzi la stampa dei suoi “Trattati” sull’oreficeria e sulla scultura e in cambio fa loro un prestito senza interessi di 30 fiorini d’oro. I tipografi intanto si impegnavano a continuare la stampa dopo il primo foglio , in quanto il Cellini versasse regolarmente alla scadenza la prima rata e quelle successive del prestito; e viceversa il Cellini si impegnava a pagar le rate , in quanto il lavoro tipografico procedesse speditamente. Le reciproche prestazioni si controllavano e si garantivano a vicenda. Unico compenso per la stampa era,per i tipografi, la concessione del mutuo; e poiché questo era senza interesse , il compenso veniva in sostanza a corrispondere all’interesse per un anno su trenta fiorini.La convenzione a prima vista , più che un vero e proprio contratto di edizione nel senso moderno, si presenta dunque come una locazione di opera :”locatio” viene infatti definita dal notaro, nell’annotazione marginale del protocollo. Tuttociò per trenta copie da consegnarsi all’autore. Ma non par verosimile che i tipografi si siano limitati a tirare del colume quei soli esemplari. Vi fu dunque, implicita nel contratto, l’autorizzazione data agli editori di mettere in commercio il volume per proprio conto: di che può essere indirettamente indizio la frase “ date t concedit ad imprimendum “; la quale fa intendere che la stampa del volume non era soltanto un servizio fatto dai tipografi all’autore ma altresì la “ concessione” di una utilità fatta dall’autore agli editori , la trasmissione ad essi di una facoltà di pubblicazione che essi potevano d’ora innanzi esercitare e sfruttare a proprio vantaggio. In questa frase par dunque di vedere adombrata proprio quella trasmissione del diritto di pubblicazione,fatta dall’autore all’editore , che è poi tipica ed essenziale del contratto di edizione giunto al suo pieno sviluppo.


E’ certo che gli eruditi che lavoravano nei secoli scorsi per gli editori non facevano affari troppo grassi. Max Rooses nel Catalogne du Musée Plantin-Moretus ne dà un esempio caratteristico. Uno dei più illustri collaboratori di Plantin fu Teodoro Poelman , nato a Cranenburg nel 1511. Egli era un filologo profondamente erudito e annotò e pubblicò tutta una serie di classici latini editi e stampati da Platin , il quale non dava al povero Poelman che tre o quattro fiorini per ogni opera commentata , a titolo di gratificazione e sotto il nome di dono. Si capisce che il dotto uomo non poteva vivere con i doni del Platin , per cui al suo lavoro di erudito egli aggiungeva il mestiere di gualchieraio. Verso la fine della sua vita ottenne un modesto impiego nell’ufficio delle tasse della città. Ebbe un figlio, Giovanni, che passò in Spagna e fu per molti anni il rappresentante della tipografia Plantiniana a Salamanca.


Eremo Via vado di sole, L’Aquila , giovedì 7 settembre 2010



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