mercoledì 27 ottobre 2010

CANZONIERE : Lamento del carbonaio

CANZONIERE : Lamento del carbonaro

Vita tremenda e vita disperata,

chi ‘un l’ha provato ‘un po’ ‘mmaginare,

credo all’inferno un’anima dannata

che così tanto possi tribolare

quant’è lo spasimo e ‘l dolore

quella del carbonaro, il tagliatore.

Parti da casa ha poco lieto il core,

si riunisce assoma a diversi compagni,

lascia la moglie immersa in un dolore

e i figli scalzi e ignudi come ragni,

dicendogli: Se giova el mio sudore

ho la speranza farli bon guadagni,

soccorso vi darò come vedrete,

vi comprerò le scarpe e mangerete.

Le speranzi son boni, capirete

Perché ‘l padron ci fa bon promessione,

si va in Corsica, in Sardegna, fino a Riete ,

si va a seconda le combinazione ;

credessimo trovare maggior fortuna

s’andrebbe nel mondo della luna.

In secca in una foresta e alta e dura

Gli par d’aver trovato un gran tesoro ,

è lì che tutti assieme ci si adduna

possibilmente nel centro del lavoro;

è lì di una parte alcuna

forman la cella per il suo demoro,

la fabbrica non legna ,terra, zolle e sassi;

pare proprio ricovero dei tassi.

Otto mesi bisogna coricarsi

Nutrendosi di un cibo più meschino,

pure di cacio ‘un se doventa grassi,

per risparmiar se ne mangia pochino;

otto mesi si dorme sotto le oscure zolle

col capo in terra come le cipolle.

Vi posso dire, sopra quel terreno

ci siamo tanti assoma a lavorare,

ci volesse due lire e non di meno ,

uno e ottanta ce lo fan bastare.

Ci danno la farina a caro prezzo,

cinquanta lire ‘la fanno i’ quintale;

puzza di riscaldato e sa di lezzo,

sarebbe roba da darsi al maiale.

Bisogna tace e non c’è via di mezzo,

tanto se si reclama è sempre uguale ;

se da qualcun siamo ascoltati

si passa da ‘gnoranti e da sfacciati.

‘Un se lo rammentan più quegli esaltati

che si magiava il pane a pari uguale

ora che a mangià uil pan si son trovati

son quelli che si fan tanto male:

tra il capo macchia, ministri fattori e dispensieri

son quelli che ci mettono i pensieri.

Ora ch’a’ conti ci siamo arrivati,

là giò ‘l ministro li ha sistemati .

Ci consegnano biglietti sigillati,

par che d’aprigli a lor molto gli prema,

quando che li hanno letti, esaminati

quello che gli par troppo ce lo scema .

Tutt’ a utile suo la somma tira ,

lo schiude ‘l conto ‘l povero sospira.

Quello che gli risponde a piena ira:

“Mi scusi, signor padrone, ma qui ha sbagliato”

Più s’arrabbia, più s’infama e più d’adira

Dicendo : “ E’ troppo quello che ti ha dato ;

se stavi più accorto e lavoravi

di certo che di più tu guadagnavi.” Pensate un po’: essere stati otto mesi stiavi ,

sentite un po’ come taglian la giubba,

in centonovantanove, tutti ladri

fanno a gara tra loro a chi più rubba.

Ritorno a casa stracanato e scotto

senza quattrini e con la febbre addosso.

(A partire dalla metà del secolo scorso gruppi di montagnani toscani si aggregavano in compagnie di lavoro e si recavano ogni anno dovunque si potesse lavorare (Maremma, Sardegna, Corsica, Elba) vivendo mesi e mesi lontano da casa , in condizioni durissime. Questo lamento è stato registrato da Caterina Bueno a Tirli (Grosseto) nel 1965, informatore Domenico Bartolotti. La Bueno lo esegue in LP La veglia e nel LP Eran tre falciatori . Questa nota è tratta dalla copertina di quest’ultimo LP )

Eremo Via vado di sole, L’Aquila merdoledì 27 ottonre 2010



Nessun commento:

Posta un commento