sabato 2 ottobre 2010

SILLABARI : Vulcano (I°)

SILLABARI : Vulcano (I°)

A leggere la stampa quotidiana di metà aprile, i racconti sul piccolo vulcano d’Islanda dal nome impronunciabile oscillano tra due visioni.

Da una parte il resoconto cronachistico dei commentatori. Raccontano storie di persone in forte disagio per essere rimaste bloccate in aeroporti e stazioni . L’affanno dei governi per preparare piani alternativi di trasporto a quello aereo . Piccole odissee quotidiane e grandi speculazioni ladresche. L’alternanza tra chiusura si e chiusura no degli spazi aerei. Troppa prudenza o qualche temerarietà. I giornali riferiscono anche quella sottile fascinazione che il vulcano ha operato nei confronti di uomini e donne, intellettuali e non ,stimolando non solo un immaginario la cui officina risale ai primordi dell’uomo ma anche la ricerca di una nuova filosofia di vita. La “lezione delle ceneri” come richiamo all’umiltà per un uomo che da “ apprendista Dio” vorrebbe ipotecare il futuro con i guasti del presente.Ma le eruzioni vulcaniche non sonop come i terremoti , gli esperti con qualche approssimazione le possono prevedere.

Dopo il vulcano islandese dal nome impronunciabile ma che voglio trascrivere Eyjafjallajokull ci sono ancora undici montagne di fuoco che tengono in allerta i geologi. La lista stilata dall’Università del North Carolina calcola i rischi in base alla popolazione e mette dunque sotto osservazione i seguenti vulcani : Fuji (Giappone) ,Katia (Islanda) Chaiten,Krakatau, Derapi, Vesuvio , Pinatubo, Mount Rainier , Nevada del Ruiz,Popocatepl, Nyirangongo (Congo ). In realtà ci sono però molti altri vulcani in eruzione come il Villarica in Cile ( ultima eruzione 22 novembre 2009) Mayon nelle Filippine ( 15 settembre 2009) e molti altri . Tra questi gli italiani Etna ( ultima eruzione 2008), Vesuvio, Stromboli .

D’altra parte un rapporto dell’Agenzia spaziale europea nel 2007 ha calcolato che 500 milioni di persone vivono nel mondo a ridosso di un vulcano attivo.Millecinquecento vulcani attivi nel mondo da cui sono nati paradisi come le Hawai Una cinquantina sono in eruzione ma solo undici sono considerati potenzialmente disastrosi.

Il 90% dei millecinquecento vulcani attivi è concentrato nei 40 mila chilometri dell’anello di fuoco del Pacifico.

Dunque l’uomo convive da sempre con il fenomeno delle eruzioni. Da sempre i vulcani fanno il loro mestiere. Tutto a posto si dirà . No , perché , dobbiamo fare un riflessione più attenta: perché è la cenere del vulcano che misura la nostra fragilità in questo momento e ci induce quindi a riflettere su tutti gli allarmi e le angoscie che attirano la nostra attenzione. Allarmi e angoscie veri o immaginari.


E la domanda è : l’eruzione di un vulcano è lo stesso pericolo di quando abbiamo avuto paura del baco elettronico che all’alba del nuovo millennio doveva sconquassare tutto. E’ lo stesso pericolo di quando abbiamo avuto paura ,l’11 settembre 2001 , che veramente la catastrofe delle torri gemelle incendiasse il mondo in una corsa irreparabile alla distruzione. E’ lo stesso pericolo di quando abbiamo paura per la fine del mondo pronosticata per il prossimo 2012, o per la prossima tempesta solare o per il prossimo impatto di una meteora contro la terra.
La storia, la storia dell’uomo è questo : una farfalla in Giappone sbatte le ali e provoca un terremoto in California.

In realtà l’eruzione di un vulcano e la sua cenere dovrebbe essere l’ultima cosa che ci dovrebbe far paura. E’ un semplice fenomeno naturale. Il vulcano ha fatto il suo mestiere e lo fa da secoli, da millenni. Non è però la caduta di un aereo che ha azzerato il governo polacco ; non è una bomba tra la gente opera del terrorismo. Gli spasmi giganteschi dei titani sepolti nelle viscere della montagna hanno plasmato e dovrebbero continuare a plasmare il carattere degli uomini. Infatti l’aggettivo vulcanico è un complimento , è l’aggettivo del genio, la forma più apprezzata del talento .

Tocqueville attribuiva al vulcano il paesaggio agrario della Sicilia orientale e lo contrapponeva a quello della Sicilia occidentale: la coltura irrigua contro la coltura secca.

Vulcano è il dio dei fabbri, dei minatori, di tutti quelli che estraggono ricchezza e aggiungono valore alle cose. Ha le “ mani d’oro” e con il suo ferro battuto crea opere d’arte di inestimabile valore come ci racconta Omero.

Vulcano è il protettore dei creatori di ricchezza attraverso il lavoro delle mani. E quindi non è solo distruttore ma anche costruttore . Alimentando le terme solforose delle Eolie crea turismo e industria del benessere fisico. Trasforma il nero che spaventa in nero che affascina : l’architettura che costruisce con la pietra lavica tanto in Sicilia quanto in Giappone.

Vulcano che costruisce. Il terremoto vulcanico del 1693 in Sicilia fu la catastrofe di un mondo vecchio senza la quale l’inizio e la fondazione delle stupende, meravigliose città barocche non sarebbe mai avvenuto.

Il cratere di un vulcano e per Pasolini l’ingresso dell’inferno . Marinetti dopo l’eruzione dell’Etna del 1923 vi andava in pellegrinaggio e ne fece oggetto di una rappresentazione teatrale.


E allora perché spaventarsi della cenere, quella cenere che misura la nostra fragilità e non ci fa volare ma nel senso vero della parola . Si può fare a meno dell’aereo come mezzo di trasporto. Non dobbiamo tornare alla carrozza ma come dice Ulrick Bech non è accaduto nulla di diverso da un piccolo momento di riflessione. La cenere ci ha detto che forse ogni tanto ci si può e ci si deve fermare, accettando questo stop e valorizzandolo .

Lo stop al volo ha però messo in evidenza. .

UNO . Senza areo sembriamo personaggi di Samuel Beckett : “frammenti di corpi , esistenze smarrite il cui mondo e la cui vita si sono sfasciati. Tutti vogliono andare al più presto, per inscenare affari e impegni, per sbadigliare alle conferenze o sopportare feste di famiglia,per trascorrere uno scampolo di vacanza per pochi giorni o per avere un amore a distanza ecc.”

DUE . Di colpo il rischio è diventato onnipresente e ha detto che qualcosa di brutto può accadere in qualsiasi momento . Che tutti “ tutti noi condividiamo una qualche condizione contingente che determina la nostra condizione fondamentale qui ed ora.”

TRE . Siamo una comunità di destini dispersi sul pianeta. L’eruzione di un vulcano è una cosa naturale che sentiamo pericolosa ma i pericoli per i quali ci preoccupiamo costantemente e di cui abbiamo paura e angoscia come la febbre suina, l’aviaria, la nube atomica di Chernobyl, la crisi finanziaria non sono naturali ma sono il frutto del comportamento degli uomini.

Non vogliamo celebrare i viaggi in carrozza con cocchio a quattro cavalli e nuove stazioni di posta ma una domanda possiamo e dobbiamo farcela: ma dunque dove stiamo andando ?


Eremo Via vado di sole, L’Aquila,sabato 2 ottobre 2010




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