venerdì 29 ottobre 2010

COTTO E CRUDO . Valle Peligna : quando il paesaggio diventa vino Montepulciano


COTTO E CRUDO . Valle Peligna: quando il paesaggio diventa vino Montepulciano


“Bacchus amat colles”, dicevano i Romani. E certamente Bacco dovette avere una particolare predilezione per i colli della Valle Peligna se da secoli questi luoghi offrono generosamente gustose uve, base di vini unici e prestigiosi.

Scrive infatti Massimo Di Cintio su Abruzzo e Appennino :”E’ ormai noto agli esperti come la Valle Peligna offra un profilo pedologico (composizione del terreno) e climatico molto particolare per la produzione di vino. E’ qui che nel 1792 lo storico napoletano Michele Torcia per la prima volta scrisse di un vino chiamato Montepulciano, ma d’altronde Ovidio aveva già descritto della sua terra come “terra ferax Cereris, multoque feracior uvae”, ossia fertile di grano edancor più fertile di uve. Numerosi studiosi (tra i quali il professor Franco Cercone e il dottor Giuseppe Cavaliere dell’Arssa) si sono adoperati per recuperare ipotesi sulla vera origine di questo vitigno e di come sia nato o portato in Abruzzo, diventando nel tempo sempre più oggetto di attenzione oltre che il protagonista dell’importante sviluppo che ha avuto l’agricoltura regionale. E’ plausibile che a questo vitigno fu dato il generico nome di Montepulciano – dall’omonimo paese toscano, anche se in Toscana non esisteva alcun vitigno così chiamato – se si accetta la ricostruzione storica che sia arrivato con la famiglia dei Medici che istituirono la Baronia di Carapelle e il Marchesato di Capestrano tra il 1579 e il 1743. A metà del ‘700 anni si ebbe un enorme sviluppo della coltura della vite nella valle Peligna e nell’alta val Pescara (in particolar modo nei territori di Pietranico e di Torre de’ Passeri), documentata come merito di alcune importanti famiglie della zona, come i Mazzara e i Tabassi, e dalle numerose testimonianze di commercializzazione che veniva inviata fuori regione attraverso la ferrovia. Tanto sviluppata che fino alla seconda guerra mondiale si contavano oltre 4 mila ettari di vigneto, poi drasticamente diminuiti a causa del fenomenodell’emigrazione.

Oggi in valle si coltivano circa 400 dei 500 ettari coltivati in provincia dell’Aquila, per una quantità che si aggira intorno a 10 mila ettolitri di vino doc, il 90% dei quali Montepulciano d’Abruzzo per circa 2 milioni di bottiglie prodotte annualmente, il 2% dell’intera produzione regionale, in mano a pochi ma storici produttori che hanno mantenuto alta la bandiera peligna, continuando a produrre qualità che il mercato non hai smesso di riconoscere, soprattutto se guardiamo al Montepulciano d’Abruzzo e al Cerasuolo, ricchi e profumati e soprattutto eleganti con bone potenzialità di invecchiamento. E allora non è un caso che negli ultimi anni il territorio aquilano, maggiormente la zona più a nord, è al centro di una rinnovata attenzione sia dal punto di vista di nuovi investimenti da parte di alcuni produttori importanti finalmente convinti nelle potenzialità della zona: accanto ai nomi storici come Pietrantonj di Vittorito e Enzo Pasquale Praesidium di Prezza (senza dimenticare la Cooperativa Valpeligna) da un lato, e come Cataldi Madonna e Gentile dall’altro, ecco che si allungano Valle Reale, Masciarelli, Marramiero e Domenico Pasetti. Ed ecco che finalmente diventa realtà la creazione, com’è avvenuto nel teramano e nel pescarese, di due sottozone specifiche del Montepulciano d’Abruzzo che prenderanno il nome delle due Igt (indicazione geografica tipica) attualmente esistenti, a sud Valle Peligna e a nord Alto Tirino, sostituite dall’unica Igt provinciale “Terre Aquilane”.

Dal punto di vista tecnico gli impianti a tendone o pergola abruzzese non si sono mai sviluppati in Valle Peligna, per via del particolare microclima, legato all’altitudine e alle forti influenza delle vicine montagne. I vigneti sono stati da sempre allevati a controspalliera (filari), la potatura caratteristica della zona è a rinnovo annuale del capo a frutto che viene capovolto, la curva forma un archetto, tale forma è presente solo in questa zona dell’Abruzzo ed è fortemente caratteristica.


I vitigni attualmente coltivati sono la Passerina, la Cococciola, il Trebbiano Toscano, la Malvasia Toscana e di Candia, ma soprattutto il Trebbiano d’Abruzzo e il Montepulciano d’Abruzzo.

Orgoglio della Valle Peligna, vocata da secoli alla produzione di vini, sono le due DOC (Denominazione di Origine Controllata) Montepulciano d’Abruzzo e Trebbiano d’Abruzzo e l’IGT (Indicazione Geografica Tipica) Valle Peligna.

A proposito poi di Trebbiano c’è da dire che è molto diffuso in Abruzzo, di probabile origine etrusca, presenta una foglia medio-grande, pentalobata con pagina superiore glabra, di colore verde, opaca. Il suo grappolo è grande e allungato, semicompatto e alato.

L’acino è di grandezza media, discoide, di forma abbastanza regolare con buccia di media consistenza, di colore giallo verde o giallo rosato, a seconda dei cloni, più o meno pruinosa. Di vigoria notevole, è un vitigno dalla produttività molto abbondante e costante. L’uva matura nella prima e seconda decade del mese di ottobre.


La zona di produzione del Trebbiano d’Abruzzo DOC prevede territori collinari o di altopiano la cui altitudine non sia superiore ai 500 metri sul livello del mare ed eccezionalmente ai 600 metri per quelli esposti a mezzogiorno, nonché quelli degradanti verso il mare, con esclusione dei fondovalle umidi.

I vitigni ammessi sono il Trebbiano d’Abruzzo (Bombino bianco) e/o il Trebbiano Toscano (minimo per l’85%) e altri vitigni a bacca bianca non aromatici autorizzati e/o raccomandati. La resa massima di uva per ettaro non deve superare i 140 quintali e la gradazione alcolica minima deve essere dell’11%.

Le caratteristiche organolettiche del Trebbiano d’Abruzzo sono: colore giallo paglierino; odore gradevole, delicatamente profumato; sapore asciutto e vellutato. . (da Enografia Nazionale AIS)


Eremo Via Vado di sole , L’Aquila, lunedì 18 ottobre 2010



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