martedì 26 ottobre 2010

MIRABILIA URBIS . L'Aquila : la fontana delle 99 cannelle


MIRABILIA URBIS . L’Aquila : la fontana delle 99 cannelle


Il FAI ,Fondo Ambiente Italiano , nel suo programma di restauro di monumenti e di valorizzazione di ambienti ha proposto per l’anno 2010 due suggestivi paesaggi : Il bosco di S. Francesco in Umbria e la fontana delle 99 cannelle a L’Aquila. In quest’ultimo caso l’attenzione su questo monumento vuole essere proprio un auspicio e un augurio perché l’intero centro storico di L’Aquila possa tornare alla sua vita originaria con un’accorta opera di restauro e ridefinizione degli ambienti

Afferma infatti il Fai che il restauro serve a ricordare che il terremoto ha distrutto anche uno dei più importanti centri storico-artistici italiani e che è necessario lavorare anche su questo fronte. "Non siamo qui oggi per inaugurare solo il cantiere di restauro di un monumento -ha chiarito Marco Magnifico, vice presidente del Fai- bensi' di uno dei piu' importanti 'luoghi dell'anima' degli aquilani. La perdita degli affetti familiari produce un grande senso di spaesamento nelle persone, ma quando l'identita' culturale di ciascuna di esse e' corroborata dalle testimonianze storico-artistiche, ovvero i monumenti, allora tutti si sentono piu' forti.''.

Mi è sembrato utile allora condividere la pagina che qui trascrivo e che è stratta dal mio “Il chiostro e le mura” volume dedicato alla storia di L’Aquila pubblicato qualche anno fa con l’editrice Qualevita di Torre dei Nolfi vicino Sulmona.

Ecco che cosa scrivevo a proposito della fontana delle 99 cannelle e dell’acqua che sembra essere stata appunto uno dei principali elementi come la pietra, il legno di cui è composdta la nascente città.

“L’acqua, le fonti nella fantasia della gente della città è il mito della fondazione ,ricostruito dalla storiografia cittadina in testi cinquecenteschi di Pandolfo Collenuccio e Giuseppe Caccio che maturano le esperienze dei cronisti tre-quattrocennteschi. “

Nel ‘Compendio’, che è degli anni 1527-1539, Collenuccio dice che la città fu fondata dopo la distruzione di Amiterno e vi si cominciò a tenere il mercato “ per essere luogo commodo per fertilità dei pascoli e comodità dell’acque per le molte fonti “

Lo stesso toponimo Acculè, ad Aquas , indica dov’è l’origine della città: presso l’odierna Rivera, vicino al fiume. Le acque della Rivera, del fiume Aterno, serviranno alla città per i mulini , per la lavorazione della lana, per le conce.

Ed è grande festa ai tempi di Guelfo di Lucca per la costruzione dell’acquedotto : tutti vanno a lavorare a Valle Pretara, Colle Pretara, Santa Barbara per la realizzazione di un’imponente opera.

Ed è Buccio di Ranallo che ci fa sentire questo elemento della città con la sua descrizione palpante, carica e allo stesso tempo scorrevole e godibile:

Tanta era la gente che in quillo loco stavano

dell’omini e de femmine che roba ci portavano ,

de prete e calce e rena a quelli che cavavano

e delli manuali a quilli che muravano.

Non se potria contare per null’anima vivente,

non se vendia in L’Aquila nulla cosa niente;

tutta già ne li colli a vennere la gente;

stavano come l’oste che stesse ascisamente.

Loco erano panicocole e multi tavernari,

pizzicarole assai, saturi e calzulari;

tromme ed altri soni co’ multi giullari,

de ciò che tu volivi se avivi denar.

Tanto d’adoperaro ch’ecco l’acqua menaro,

de cannoli de lino che da piedi li ferraro

e con le funti fatte de lino comenzaro

a modo de tinaccio e multi anni duraro.

L’acqua è accostata al nome di Guelfo da Lucca, Capitano di giustizia e Governatore “ dotore in legge e cavaliere “. “ In verità Guelfo voleva far bene alla città dell’Aquila e ne è prova che vedendo come non bastasse per tutta la popolazione l’acqua della Rivera, e che era lontana e troppo al basso , pensò di recare questo beneficio agli aquilani. Si diede allora a visitare i dintorni e trovò molta buona acqua nelle terre di Santanza ad un miglio a settentrione dell’Aquila. Allora convocò il Consiglio e fu deliberata la conduttura di quelle acque. Ad ingegnere per dirigere i lavori fu scelto frate Giovanni dell’ordine di S. Francesco” [….] “ I lavoratori che eseguirono l’opera erano a migliaia , e sotto tende abitavano con le loro famiglie nel luogo stesso del lavoro e lo stesso Guelfo volle là la sua tende per sorvegliare il lavoro “

L’acqua fu dunque una delle prime realtà della città nascente. Fu distribuita in tutte le piazze dove i cittadini andavano ad attingerla a quelle fontane che dapprima furono tini di legno e più tardi , verso il 1360, vasche di pietra.

Le reformazioni del 1504 definiscono l’acqua “ il primo gioiello della città”

Una città di fonti e di acqua dunque che diventa oggetto di culto e simbolo rituale di rinnovamento

[ Come dunque sta per accadere secondo il progetto di restauro da parte del Fai della Fontana delle 99 cannelle ]

Già la fontana . Quella fontana rappresentò e rappresenta il rinnovamento della città su un patto di solidarietà .. Ideata e costruita da Tancredi da Pentima nel 1272 per ricordare l’unione dei 99 castelli con il tipico rivestimento bianco e rosso, i colori araldici della città, compendia nel suo immaginario fisionomico , uomo , natura e società.

Il rapporto tra l’immagine e il simbolico materializzato dalla trasparenza e leggerezza dell’acqua , elemento essenziale che immerge nel suo slavato del suo scorrere l’espressione di una rappresentazione del mondo , si esprime qui in una inversione parodistica che fa l’uomo animale e l’animale uomo . Non solo. Che fa il demonio santo e il santo demonio in una convulsione di categorie appunto umane, animalesche, totemiche , diaboliche, magiche, allegoriche.

Simulazione e dissimulazione nelle sembianze di pietra avverano la metafora all’interno della vita , fuori della morte e mettono in discussione i confini tra reale, immaginario e simbolico.

Tutto come ricorso e rincorsa verso l’identità del giuoco di raccontare e raccontarsi, di proiettarsi fuori , nell’universale senza parole, attribuendo al mascherone valori individuali e sociali.

Ma anche valore apotropaico come al mascherone di Via Roma (attuale) ,mascherone in pietra che mostra la lingua che sta ad indicare il pene ,organo capace di scongiurare il “ negativo esistenziale”

Ma i mascheroni delle 99 cannelle stanno lì anche a guardia dell’acqua perché “ è maledetto dagli dei , come dice Esoso, colui che insudicia una fonte.”

A guardia della purezza dell’acqua , della purezza di un elemento che sgorga da una cannella chiaro riferimento ad un fallo stilizzato , chiaro riferimento alla vitalità di un elemento prezioso, essenziale alla vita.

E poi anche un po’ di mistero. Nel contesto della Fontana delle 99 cannelle l’acqua diventa anche un simbolo di mistero per quella sua provenienza segreta che ne costruisce un altro fascino “


Eremo Via vado di sole , L’Aquila ,martedì 26 ottobre 2010



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