martedì 12 ottobre 2010

SILLABARI : Lifting



SILLABARI : Lifting

“C’è chi usa complesse operazioni di pronti-contro-termine per dimezzare i debiti a breve scadenza prima di chiudere i conti trimestrali. Chi invece, pur aumentando i crediti in sofferenza, tampona le ferite riducendo gli accantonamenti. Per non parlare di chi i crediti dubbi li mette letteralmente sotto il tappeto . Benvenuti nel mondo dove la realtà supera la fantasia : quello dei bilanci delle banche. Negli anni in cui l’economia rallenta verso il fantasma di una seconda recessione , e in cui Basilea 3 chiede un maggiore rigore , i trucchetti per mantenere a galla lo stato patrimoniale e conto economico si moltiplicano”

Di come gli istituti sistemino i conti ogni trimestre, pur rispettando la legge , parla Morya Longo in un articolo pubblicato da Il sole 24 ore del 10 ottobre 2010. In sostanza si tratta di un lifting in cui lo stratagemma consiste nell’usare appunto speciali contratti pronti contro termine con i quali i 18 big mondiali tagliano i debiti a breve del 42% prima di chiudere il bilancio :

Un po’ tutte le banche del mondo, dove e quando la legge lo consente, danno una stiracchiatine al proprio bilancio.

Il Sole 24 ore ha fatto un viaggio in questo arcipelago accompagnato da diversi esperti . tre analisti, tre banchieri e due operatori di mercato.

Ecco che cosa scrive : Iniziamo il viaggio dalla ben nota Lehman Brothers , dove prima del crack andavano di moda i , <> con accento rigorosamente americano. Non si tratta di una stazione radiofonica , ma di un trucco – scoperto dalle autorità dopo il crack – che permetteva alla banca d’affari di nascondere dal bilancio alcuni attivi ogni tre mesi. Il gioco era semplice : pochi giorni prima della chiusura di ogni trimestre , Lehman stipulava alcuni contratti di pronti contro termine (repo in inglese ) con alcuni fondi o vari investitotri. In sostanza cedeva loro dei titoli in grandi quantità e riceveva in cambio contanti , con l’impegno già scritto di fare lo scambio opposto dopo pochi giorni. Poi scavalcata la chiusura del trimestre , l’operazione si chiudeva. In questo modo Lehman , quando scattava la fotografia del bilancio trimestrale , appariva con meno attivi in portafoglio e con più liquidità : cioè si mostrava ben più snella di come in realtà fosse. Ma pochi mesi fa il Wall Street Journal ha scoperto che giochino simili li fanno tutte le banche : prendendo i dati dei 18 maggiori istituti mondiali (da Bank of America a Citigroup, fino alla tedesca Deutesche Banjk) il quotidiano Usa ha calcolato che sul mercato dei pronti contro termine ogni trimestre queste banche riducono i debiti a breve mediamente del 42% rispetto ai picchi massimi del mese. Insomma : tanti istituti si presentano all’appuntamento della chiusura del trimestre con un aspetto più snello. Qualche analista lo chiama effetto autovelox, si frena prima della fotografia e si riparte subito dopo. “
Le diciotto banche dunque che hanno adottato questo comportamento in realtà non rivelano particolari scorrettezze a differenza della Lehman . A loro è stato chiesto maggiore trasparenza in quanto comunque la loro attività è stata ritenuta lecita. Infatto il portavoce della Bank of America su questo argomento ha dichi9arato :” Noi operiamo sul mercato dei repo con alti volumi per cui è normale che gli attivi sul nostro bilancio cambino continuamente. Noi diamo con trasparenza al mercato il dato di fine trimestre , ma anche la media dell’intero trimestre.”

Continua lo studio del Sole 24 ore : “ Il capitolo più dolente per le banche - anche italiane è però quello dei crediti deteriorati : quelli catalogati ad incaglio o a sofferenza. Quelli, cioè, che difficilmente saranno rimborsati. Calcola Price Waterhouse Coopers, che i crediti in sofferenza in Germania siano cresciuti del 50% tra il 2008 e il 2009, in Gran Bretagna del 44,8% e in Italia del 40,1%. In Europa le sofferenze sono passate dai 419 miliardi di euro nel 2008 ai 619 del 2009 : la crescita media è del 47,7%. Un problema per le banche che devono coprire quei crediti con specifici accantonamenti e che quindi registrano perdite secche in conto economico. Che fare dunque ? Ovvio : un po’ di sano e lecito lifting”.

E in Italia allora? L’Italia è da sempre il paese del piccolo se non del micro. Lo è quando si parla delle imprese che costituiscono il tessuto produttivo e a maggior ragione qundo si considera le banche che le finanziano. Analisi Mercati finanziari ha calcolato alcuni dati.

“Nel 2007 ,le prime cinque banche ( UniCredit, Intesa, Montepaschi,Ubi, Banco Popolare) mettevano da parte a copertura dei debiti mediamente il 66% del valore dei crediti in sofferenza. . Nel primo semestre 2009 ,per contro , questa cifra era scesa leggermente sotto il 60%. In tre anni ,insomma, in proporzione hanno accantonato il 6% in meno. Proviamo fare un calcolo spannometrico: se le cinque banche avessero mantenuto quest’anno lo stesso tasso di copertura per i crediti in sofferenza del 2007, avrebbero dovuto accantonare qualcosa come un miliardo di euro in più. Dunque avrebbero avuto un miliardo di utili in meno. Per non parlare degli incagli. E’ vero che questo calcolo ha tanti margini di errore. Innanzitutto perché è normale che in momenti in cui si ipotizza una ripresa dell’economia , si riducano gli accantonamenti. Inoltre perché nessuno può sapere quali garanzie abbiano i crediti. Ma questo non cancella i dubbi : Come mai il calo degli accantonamenti è così netto? E come mai ci sono così ampie differenze tra una banca e l’altra?”.

Il terreno della piena legalità offre molte possibilità dunque di fare lifting. Tra questi esiste un codicillo chiamato “ Fair value option.”. Infatti una banca bastonata sul mercato obbligazionario dagli investitori può realizzare abbondanti guadagni proprio dalle “bastonature “ Il meccanismo “fai value option” permette alla banca di valutare i propri debiti al prezzo di mercato. Così se gli investitori vendono le azioni questa banca e il valore dei debiti scende, la banca realizza ricavi e di conseguenza utili. In Italia è stata usata solo da Banco Popolare che nel 2009 ha guadagnato così 258 milioni di euro mentre all’estero ha consentito forti guadagni. Per esempio Ubs ha registrato ricavi per 505 milioni di franchi , grazie alla svalutazione dei suoi debiti . Per assurdo una banca sull’orlo del crack grazie a questo meccanismo potrebbe fare utili a palate. Senza che alcuno possa accusarla di illeciti perché è la legge che lo consente.

Sfiora l’illecito forse il tentativo fatto da qualche banca su un altro terreno più oscuro: ovvero ripulire letteralmente il bilancio dai crediti in sofferenza usando la tecnica della cartolarizzazione. “La legge, continua il report del Sole 24 ore, prevede che un’azienda possa deconsolidare ( ovvero eliminare dal bilancio ) questi crediti deteriorati solo se riesce a cedere la così detta “tranche equità”, la fetta di obbligazioni che assorbe il primo 10% di perdita dei crediti stessi . Insomma: se riesce a passare il cerino a qualcun altro. Prima della crisi era facile trovare qualcuno disposto a comprarlo, ma ora non è più così semplice. Eppure in Europa qualche operazione viene realizzata. Il sospetto di molti esperti è che alcuni istituti finanzino più o meno occulatamente gli investitori che comprano il loro cerino : in questo modo le banche ripulirebbero il loro bilancio dai crediti dubbi , incasserebbero comunque la perdita, ma non lo farebbero vedere a nessuno.”

“C’è chi usa complesse operazioni di pronti-contro-termine per dimezzare i debiti a breve scadenza prima di chiudere i conti trimestrali. Chi invece, pur aumentando i crediti in sofferenza, tampona le ferite riducendo gli accantonamenti. Per non parlare di chi i crediti dubbi li mette letteralmente sotto il tappeto . Benvenuti nel mondo dove la realtà supera la fantasia : quello dei bilanci delle banche. Negli anni in cui l’economia rallenta verso il fantasma di una seconda recessione , e in cui Basilea 3 chiede un maggiore rigore , i trucchetti per mantenere a galla lo stato patrimoniale e conto economico si moltiplicano”

Di come gli istituti sistemino i conti ogni trimestre, pur rispettando la legge , parla Morya Longo in un articolo pubblicato da Il sole 24 ore del 10 ottobre 2010. In sostanza si tratta di un lifting in cui lo stratagemma consiste nell’usare appunto speciali contratti pronti contro termine con i quali i 18 big mondiali tagliano i debiti a breve del 42% prima di chiudere il bilancio :

Un po’ tutte le banche del mondo, dove e quando la legge lo consente, danno una stiracchiatine al proprio bilancio.

Il Sole 24 ore ha fatto un viaggio in questo arcipelago accompagnato da diversi esperti . tre analisti, tre banchieri e due operatori di mercato.

Ecco che cosa scrive : Iniziamo il viaggio dalla ben nota Lehman Brothers , dove prima del crack andavano di moda i , <> con accento rigorosamente americano. Non si tratta di una stazione radiofonica , ma di un trucco – scoperto dalle autorità dopo il crack – che permetteva alla banca d’affari di nascondere dal bilancio alcuni attivi ogni tre mesi. Il gioco era semplice : pochi giorni prima della chiusura di ogni trimestre , Lehman stipulava alcuni contratti di pronti contro termine (repo in inglese ) con alcuni fondi o vari investitotri. In sostanza cedeva loro dei titoli in grandi quantità e riceveva in cambio contanti , con l’impegno già scritto di fare lo scambio opposto dopo pochi giorni. Poi scavalcata la chiusura del trimestre , l’operazione si chiudeva. In questo modo Lehman , quando scattava la fotografia del bilancio trimestrale , appariva con meno attivi in portafoglio e con più liquidità : cioè si mostrava ben più snella di come in realtà fosse. Ma pochi mesi fa il Wall Street Journal ha scoperto che giochino simili li fanno tutte lebanche : prendendo i dati dei 18 maggiori istituti mondiali (da Bank of America a Citigroup, fino alla tedesca Deutesche Banjk) il quotidiano Usa ha calcolato che sul mercato dei pronti contro termine ogni trimestre queste banche riducono i debiti a breve mediamente del 42% rispetto ai picchi massimi del mese. Insomma : tanti istituti si presentano all’appuntamento della chiusura del trimestre con un aspetto più snello. Qualche analista lo chiama effetto autovelox, si frena prima della fotografia e si riparte subito dopo. “

Le diciotto banche dunque che hanno adottato questo comportamento in realtà non rivelano particolari scorrettezze a differenza della Lehman . A loro è stato chiesto maggiore trasparenza in quanto comunque la loro attività è stata ritenuta lecita. Infatto il portavoce della Bank of America su questo argomento ha dichi9arato :” Noi operiamo sul mercato dei repo con alti volumi per cui è normale che gli attivi sul nostro bilancio cambino continuamente. Noi diamo con trasparenza al mercato il dato di fine trimestre , ma anche la media dell’intero trimestre.”

Continua lo studio del Sole 24 ore : “ Il capitolo più dolente per le banche - anche italiane è però quello dei crediti deteriorati : quelli catalogati ad incaglio o a sofferenza. Quelli, cioè, che difficilmente saranno rimborsati. Calcola Price Waterhouse Coopers, che i crediti in sofferenza in Germania siano cresciuti del 50% tra il 2008 e il 2009, in Gran Bretagna del 44,8% e in Italia del 40,1%. In Europa le sofferenze sono passate dai 419 miliardi di euro nel 2008 ai 619 del 2009 : la crescita media è del 47,7%. Un problema per le banche che devono coprire quei crediti con specifici accantonamenti e che quindi registrano perdite secche in conto economico. Che fare dunque ? Ovvio : un po’ di sano e lecito lifting”.E in Italia allora? L’Italia è da sempre il paese del piccolo se non del micro. Lo è quando si parla delle imprese che costituiscono il tessuto produttivo e a maggior ragione qundo si considera le banche che le finanziano. Analisi Mercati finanziari ha calcolato alcuni dati . “Nel 2007 ,le prime cinque banche ( UniCredit, Intesa, Montepaschi,Ubi, Banco Popolare) mettevano da parte a copertura dei debiti mediamente il 66% del valore dei crediti in sofferenza. . Nel primo semestre 2009 ,per contro , questa cifra era scesa leggermente sotto il 60%. In tre anni ,insomma, in proporzione hanno accantonato il 6% in meno. Proviamo fare un calcolo spannometrico: se le cinque banche avessero mantenuto quest’anno lo stesso tasso di copertura per i crediti in sofferenza del 2007, avrebbero dovuto accantonare qualcosa come un miliardo di euro in più. Dunque avrebbero avuto un miliardo di utili in meno. Per non parlare degli incagli. E’ vero che questo calcolo ha tanti margini di errore. Innanzitutto perché è normale che in momenti in cui si ipotizza una ripresa dell’economia , si riducano gli accantonamenti. Inoltre perché nessuno può sapere quali garanzie abbiano i crediti. Ma questo non cancella i dubbi : Come mai il calo degli accantonamenti è così netto? E come mai ci sono così ampie differenze tra una banca e l’altra?”.
Il terreno della piena legalità offre molte possibilità dunque di fare lifting. Tra questi esiste un codicillo chiamato “ Fair value option.”. Infatti una banca bastonata sul mercato obbligazionario dagli investitori può realizzare abbondanti guadagni proprio dalle “bastonature “ Il meccanismo “fai value option” permette alla banca di valutare i propri debiti al prezzo di mercato. Così se gli investitori vendono le azioni questa banca e il valore dei debiti scende, la banca realizza ricavi e di conseguenza utili. In Italia è stata usata solo da Banco Popolare che nel 2009 ha guadagnato così 258 milioni di euro mentre all’estero ha consentito forti guadagni. Per esempio Ubs ha registrato ricavi per 505 milioni di franchi , grazie alla svalutazione dei suoi debiti . Per assurdo una banca sull’orlo del crack grazie a questo meccanismo potrebbe fare utili a palate. Senza che alcuno possa accusarla di illeciti perché è la legge che lo consente.

Sfiora l’illecito forse il tentativo fatto da qualche banca su un altro terreno più oscuro: ovvero ripulire letteralmente il bilancio dai crediti in sofferenza usando la tecnica della cartolarizzazione. “La legge, continua il report del Sole 24 ore, prevede che un’azienda possa deconsolidare ( ovvero eliminare dal bilancio ) questi crediti deteriorati solo se riesce a cedere la così detta “tranche equità”, la fetta di obbligazioni che assorbe il primo 10% di perdita dei crediti stessi . Insomma: se riesce a passare il cerino a qualcun altro. Prima della crisi era facile trovare qualcuno disposto a comprarlo, ma ora non è più così semplice. Eppure in Europa qualche operazione viene realizzata. Il sospetto di molti esperti è che alcuni istituti finanzino più o meno occulatamente gli investitori che comprano il loro cerino : in questo modo le banche ripulirebbero il loro bilancio dai crediti dubbi , incasserebbero comunque la perdita, ma non lo farebbero vedere a nessuno.”


Eremo Via vado di sole, L'Aquila, martedì 12 ottobre 2010



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