sabato 9 ottobre 2010

COTTO E CRUDO : Finzioni gastronomiche


COTTO E CRUDO : Finzioni gastronomiche


A Cetara, in provincia di Salerno al posto delle alici la pasta si condisce con il grasso colato dalla marinatura nel sale delle alici. E’ un esempio di finzione gastronomica. E’ la cucina dei poveri che usa solo lische nella zuppa di pesce o la maionese senza uova e gli ortaggi al posto della carne. Nel tempo queste invenzioni, questo modo di sbarcare il lunario hanno formato un substrato culturale di una cucina dagli ingredienti mancanti che però ha sfamato intere generazioni in tutte le regioni del nostro paese. Così accade che la polenta diventa la compagna ideale di ogni companatico specialmente quando quest’ultimo è virtuale. Così a Vicenza per esempio le fette di polenta possono avere diversi gusti , basta strofinarle, si “ strofinarle” ai salumi o ai pesci conservati. Nella campagna modenese la cucina dei poveri è ricca degli scarti di lavorazione dei maiali ( anche perché del maiale non si butta nulla) e delle galline. Zampe, orecchie, ossa, frattaglie danno il “ sapore” della carne a zuppe, sughi .Nel napoletano i maccheroni sono al finto ragù. Di questo parla un libro delle edizioni L’Ancora del Mediterraneo di Antonio Tubelli intitolato La cucina napoletana. Licia Granello presenta così la parte del libro che si riferisce alla cucina dei poveri : “ La cucina degli ingredienti che non ci sono. Piatti al limite dell’immaginario , figli di povertà e fantasia esercitati all’estremo . Nomi che fanno sorridere : acqua cotta, finta pizzaiola maionese senza uova, uccellini e vongole irrimedialmente fuggiti dalle rispettive ricette. E poi bocconcini di pane insaporiti con fondi di cottura che sembrano polpette e zuppe di pesce che del pesce hanno solo le lische, carrube travestite da cioccolato e minestre vedove della carne con cui erano maritate , senza contare il cappone natalizio sostituito da ritagli di pesce e verdure. “La parola d’ordine dell’indigenza dunque si fa minestra e si è fatta minestra per molti secoli in un Italia di classi sociali povere e affamate. E bollire gli stessi sassi della battigia ha un senso se in certe condizioni si vuole estrarre il salmastro che è un ricordo “ solo un ricordo del mare” che nobilita una pasta in bianco .

Le commedie di Eduardo De Filippo ci hanno abituato anche a condizioni di vita in cui non c’è nemmeno disponibilità di acqua da far bollire, figuriamoci la pasta. E’ un mondo di miseria e nobiltà . Certo a volte il sotterfugio può dipendere solo dalla indisponiblità stagionale di alcuni ingredienti. Come la leggenda racconta che fu a suo tempo per la frutta martorana ,la pasta di mandorle colorata e modellata dalle suore del convento della Martorana di Palermo offerta come omaggio agli alti prelati in visita ,in assenza di frutta fresca.

L’uovo nella maionese è sostituito da qualche grammo di lecitina di soia mentre l’amido di riso rende superflua la funzione mantecatrice del burro nel risotto , esaltando il sapore primario del riso perché sottrae grassi e calorie, in questo ed altri casi la necessità deriva dal fatto che ci si può trovare di fronte a obesi, diabetici, celiaci.

Sono comunque i “trompe-l’’oeil della fame” come li definisce Marino Nila che scrive : “ E’ la gastronomia del non essere , quella capace di cavar sangue dalle rape. O addirittura di mettere in pentola uno scarpone al posto di un cappone , come fa il surreale Chaplin de La febbre dell’oro alle prese con una fame disperata. Trovando perfino un incredibile scampolo di felicità oltre il confine della commestibilità . Una grande metafora del bisogno estremo che si rovescia in iperbole gourmande. Del resto è proprio dalla penuria che nascono molti capolavori della cucina povera , da una necessità costretta dagli eventi a farsi virtù. Ricorrendo quasi sempre all’arte della sostituzione obbligata. (…) Se la finzione diventa l’ingrediente principale allora la cucina si trasforma in un illusionistico teatro del gusto dove un ingrediente fa la parte di un altro. E spesso non lo fa rimpiangere. “

Così in un tempo in cui si va alla ricerca di mangiare meno calorie queste finzioni diventano un patrimonio eccellente di gusto e di salvaguardia della salute. Quindi ricerchiamo i pesci di montagna in Liguria che vestono i panni delle alici, o la delicatissima finta trippa che altro non è che frittata a striscioline ripassata nel pomodoro e spruzzata di parmigiano. E ancora fare a meo delle uova come nella quaresimale frittata di scammaro partenopeo fatta di sola pasta rosolata in padella con olive e capperi.

Ecco allora degli esempi di ricette :

Spaghetti alle vongole fuijute A Napoli al posto dei molluschi fuggiti, il sugo bianco – olio e aglio - si inebria di salmastro grazie ai piccoli sassi del bagnasciuga aggiunti in padella .

Minestra vedova:In Emilia Romagna e in Toscana la zuppa maritata con la carne , si trasforma in un brodo vegetale ripopolato di pezzi di pomodori e odori. Per supplire al gusto di manzo e maiale , l’osso del prosciutto.

Polenta a scopetòn : Nella versione povera di un classico della tradizione veneta ,polenta e aringa, il pesce arrostito viene appeso sopra il tavolo . Le fette di polenta grigliate a loro volta e strofinate sul pesce ne rubano profumi e umori.

Agnolot curdunà : poiché’ tutta la carne è usata per il ripieno i piccoli agnolotti piemontesi si servono senza condimento su uno strofinaccio ruvido ( cordonato) steso in mezzo al tavolo

Cappon magro Composto da gallette di pane ammollato all’aceto e disposte a strati insieme a pesce povero , uova, olive, acciughe ed erbe dell’orto legate ad un pesto di basilico .

Finta genovese : Il sugo bianco più popolare della cucina napoletana -mutuato pare dai portuali genovesi – consiste in una lentissima cottura di cipolle e carne. E della carne a volte se ne può fare anche a meno .

Eremo Via vado di sole, L’Aquila, sabato 9 ottobre 2010



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